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Cancer Moonshot: una rivoluzione a metà

Specializzazioni importanti assenti dal nuovo protocollo sui farmaci contro il cancro

Antonio GiordanobyAntonio Giordano
cancer moonshot
Time: 4 mins read

Più importante è l’obiettivo, tanto maggiori saranno le difficoltà per raggiungerlo. Il Cancer Moonshot non fa eccezione a questa regola. Recentemente, con un articolo pubblicato proprio sulle colonne de La Voce di New York, mi sono occupato di questo nuovo protocollo medico, letteralmente “conquista della luna”, il quale prevede che un gruppo di aziende farmaceutiche uniscano esperienze e know how per testare un cocktail dei propri farmaci contro il cancro. Promotore della metodica è stato il presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama.

Ebbene, ora l’iniziativa di indubbio valore scientifico inizia a sollevare lo scetticismo generale, a causa soprattutto dei limitati fondi e delle difficoltà a far convergere i vari approcci medici. Il pannello del progetto, infatti, è declinato principalmente verso l’immunologia, l’oncologia medica, la chirurgia e la grande scienza. Sicuramente branchie importanti, ma non assolute. Mancano altre specializzazioni della medicina altrettanto fondamentali nella lotta al cancro e nella scoperta di nuovi mix di farmaci per contrastare la malattia, come la patologia, che aiuta a stabilire le diagnosi del cancro, la radiologia che, grazie alle immagini riesce a stabilire lo stadio del cancro e la radioterapia oncologica: sono gli oncologi infatti, a trattare il 50% di tutti i pazienti affetti da questa malattia.

È questo il team di competenze in grado di garantire che la ricerca sull’immunoterapia prenda la strada giusta. Una visione delle difficoltà sottolineata tra l’altro da Matthew Katz, radioterapista americano.

Il Cancer Moonshot rappresenta dunque, un metodo rivoluzionario, ma dove sono i medici e i centri di ricerca specializzati? Mancano, al momento.

Inoltre, anche se la scienza è importante, pazienti e operatori meno scientifici possono dare un valore aggiunto alla ricerca, oltre naturalmente al fondamentale apporto dei biostatistici: non si può infatti misurare il successo di un’intera ricerca scientifica senza di essi. Ma c’è chi va oltre le difficoltà oggettive di mezzi, fondi e risorse. Uno di questi è Clifton Leaf, deputy editor di Fortune. A lui, infatti, si deve il fatto di aver messo in risalto un altro elemento di difficoltà nell’approccio promosso da Obama. Ed è proprio a lui, e al suo vice, che si rivolge Leaf: “Non solo di fondi –  scrive – ma c’è bisogno di strade”. Le “strade” a cui si riferisce Leaf, sono i sentieri comuni per strumenti e sistemi che consentono ai petabyte di dati biologici grezzi di essere classificati e organizzati in modo che possano essere compresi dai ricercatori in tutto il mondo. “Ora abbiamo una Torre di Babele della terminologia nel regno del cancro, in cui varie piattaforme tecnologiche non comunicano tra loro e dove tecniche ‘standard’ non sono standardizzate per tutti”, scrive ancora Leaf. Ed è anche per questo che bisogna migliorare i collegamenti tra malati di cancro e gli studi clinici, gran parte dei quali sarebbero ora tenuti segreti dagli sponsor che ne detengono la proprietà.

E poi le nuove leve, sono loro che devono essere coinvolte attraverso la costruzione di percorsi per i giovani scienziati grazie a cui far proseguire le loro idee di ricerca. Tutto questo lavoro punta alla creazione di connessioni, per rendere più facile la condivisione di dati, di strumenti e di idee.

Un concetto, quello del coinvolgimento dei giovani, a cui ha fatto riferimento, in parte, anche il vice Presidente Joe Biden, intervenuto in chiusura del meeting dell’American Association for Cancer Research (AACR) che ha visto la partecipazione di circa 19.500 membri della comunità di ricercatori in oncologia. Tra le priorità elencate da Biden, infatti, l’importanza di coinvolgere ed incentivare i giovani ricercatori; la partecipazione dei pazienti nei trial clinici e la disponibilità immediata dei dati a tutta la comunità scientifica mediante strategie di “open access”. Il vice presidente ha anche posto l’accento sulla necessità di velocizzare il processo di assegnazione dei fondi, valutando, però, gli assegnatari dei fondi sulla base reale dell’impatto dei loro studi nella pratica clinica.

Ma c’è di più. È chiaro che il vero passo in avanti della ricerca per la cura del cancro o perlomeno della sua gestione medica, sarà di fatto frutto di una molteplicità di fattori tra essi concatenati, non da ultimo la necessità, come già accennato, di poter accedere ai dati dei ricercatori, alle loro scoperte, ai loro risultati in un’ottica di collaborazione reciproca per il bene della comunità e, soprattutto, dei pazienti. Ad oggi, purtroppo, vige ancora, invece, una logica di autoreferenzialità inutile e dannosa. E proprio a tal riguardo, vale la pena ricordare la denuncia di Randy W. Schekman, dell’Università della California, premio Nobel per la medicina nel 2013 che, nel dicembre dello stesso anno, invitò i suoi colleghi a boicottare (come egli stesso annunciò di fare) le riviste scientifiche prestigiose, colpevoli di fare una selezione dei paper totalmente artificiale, limitando il numero di quelli che vengono accettati in base ai propri interessi di marketing: “Una policy che alimenta la domanda – denuncia Schekman – ma che compromette il livello della ricerca”. Grandi nomi come Nature, Cell e Science, ancora secondo Schekman “distorcono il processo scientifico, instaurando una vera e propria tirannia dell’informazione e mirando in primo luogo a curare il loro brand per vendere più abbonamenti”.

In sintesi, dunque, solo attraverso una compartecipazione di idee, ricerche, risultati e una circolazione di essi, coinvolgendo soprattutto i giovani ricercatori, sarà di fatto possibile raggiungere obiettivi di cura importanti per il cancro in linea con le direttive e gli scopi del Cancer Moonshot 2020.

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Antonio Giordano

Antonio Giordano

Sono nato nel '62 a Napoli dove mi sono laureato in Medicina e Chirurgia. Sono direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia dove vivo con la mia famiglia. Dal 2004 sono professore per “chiara fama” all’Università di Siena. Di me dicono che abbia una certa esperienza nella genetica del cancro e nella regolazione del ciclo cellulare. Di sicuro c'è che i miei studi hanno contribuito alla comprensione di alcuni dei meccanismi alla base dello sviluppo del cancro e al disegno di una nuova generazione di farmaci. Ho all'attivo oltre 600 pubblicazioni e più di 30 premi. Sono appassionato della squadra di calcio del Napoli. www.drantoniogiordano.com www.shro.org Antonio Giordano is Professor of Biology at Temple University in Philadelphia where he is also Director of the Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine. He is also ‘Chiara Fama’ Professor of Pathology at the University of Siena, Italy. His research interest includes both molecular and translational mainly focused on cell cycle deregulation in cancer. Dr Giordano identified a tumor suppressor gene, Rb2/p130, that has been found to be active in lung, endometrial, brain, breast, liver and ovarian cancers and also discovered Cyclin A/p60, Cdk9, and Cdk10. Cdk9 is known to play critical roles in HIV transcriptions, inception of tumors, and cell differentiation,[3] They also play a part in muscle differentiation and have been linked to various genetic muscular disorders. He has published over 600 articles and received over 40 awards for his contributions to medical research.  www.drantoniogiordano.com www.shro.org

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