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Attentato Nord Stream: al Consiglio di Sicurezza Onu lo “show must go on”

Russia vuole partecipare alle indagini e rilancia i sospetti sugli USA invitando due giornalisti indipendenti americani: Bryce Greene e Jeffrey Brodsky

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Attentato Nord Stream: al Consiglio di Sicurezza Onu lo “show must go on”

Vassily Nebenzia (left), Permanent Representative of the Russian Federation to the United Nations, watches Jeffrey Brodsky, independent journalist, address the Security Council regarding the Nord Stream pipeline explosion during the meeting on threats to international peace and security. (UN Photo/Loey Felipe)

Time: 7 mins read

La Russia non molla sull’esplosione del Nord Stream gas pipeline al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonostante il “muro” costruito dagli USA e i suoi alleati che ha impedito l’approvazione di una risoluzione per instaurare un’apposita inchiesta dell’ONU. Dopo alcune riunioni nelle ultime settimane svolte a porte chiuse, ecco che Mosca è riuscita a riportare “a porte aperte” il Consiglio di Sicurezza a discutere sul perché le indagini finora effettuate da Germania, Svezia e Danimarca sono rimaste avvolte nel mistero e per annunciare che la Russia si riserva il diritto di indagare in modo indipendente per far luce sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 avvenuto nel settembre 2022.

La riunione era stata convocata per la protesta russa che chiedeva perché il Consiglio di Sicurezza non era stato ancora informato sullo stato delle indagini condotte dai tre paesi nord europei. Ma ecco che è alla vigilia della riunione, è arrivata una lettera in cui i governi di Stoccolma, Copenaghen e Berlino spiegavano, senza ancora arrivare alle conclusioni sull’inchiesta, a che punto fossero le indagini.

L’ambasciatore russo, Vassily Nebenzia ha detto  che  “ci riserviamo il diritto di condurre le nostre indagini. Abbiamo preso atto dell’affermazione contenuta nella lettera delle autorità di Germania, Danimarca e Svezia secondo cui l’accesso alla scena del crimine sarebbe aperto. Partiamo dal fatto che in questo caso, i nostri organi investigativi ed esperti possono esaminarlo in modo indipendente e in qualsiasi momento nel quadro del procedimento penale avviato dall’Ufficio del Procuratore Generale della Federazione Russa”. Nebenzia, ha sottolineato il fatto che Germania, Danimarca e Svezia, che finora erano rimaste in silenzio, “come risultato dei nostri sforzi, hanno iniziato a rendersi conto che non solo stanno ignorando le richieste della Federazione Russa, ma anche trascurando l’opinione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tra i cui membri, come le nostre discussioni a porte chiuse hanno chiaramente dimostrato, c’è una crescente incomprensione e insoddisfazione a causa della mancanza di informazioni sui progressi delle indagini”.

Se si pensa che la Germania, la Danimarca e ora anche la Svezia stanno partecipando al vertice NATO in Lituania, in effetti appaiono scontati certi sospetti nei loro confronti da parte di chi accusa gli USA di essere dietro all’attentato.

“La Federazione Russa solleverà la questione del sabotaggio a Nord Stream nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite fino a quando i responsabili non saranno fermati e ritenuti responsabili. Useremo tutti i mezzi a nostra disposizione per raggiungere questo obiettivo” ha detto Nebenzia.

Intanto dalla lettera inviata al Consiglio di sicurezza dalle autorità tedesche che indagavano sull’esplosione nel Mar Baltico, si viene a sapere che avrebbero trovato tracce su uno yacht sospetto che potrebbe essere stato utilizzato per trasportare gli esplosivi utilizzati nell’attentato. Almeno così è stato notificato al Consiglio di sicurezza nella lettera di Germania, Svezia e Danimarca. Non è chiaro chi sia il proprietario della barca: la lettera diceva semplicemente che le agenzie di intelligence tedesche stavano indagando sul “noleggio sospetto di uno yacht a vela” inteso a “nascondere l’identità del vero noleggiatore”. Le indagini sono ancora in corso e non è stato specificato quando si sarebbero concluse.

I russi ci tenevano comunque affinché la riunione a porte aperte diventasse il palcoscenico per un’altra puntata della requisitoria contro gli Stati Uniti. Così se lo scorso febbraio la missione della Federazione Russa all’ONU aveva invitato, per rafforzare quel sospetto, a parlare nella stessa sala un famoso professore della Columbia University e anche un ex agente della CIA, questa volta la diplomazia del Cremlino ha puntato su due giornalisti indipendenti americani. Lo scopo era cercare di convincere più che gli altri ambasciatori, soprattutto quell’opinione pubblica occidentale che poteva assistere in diretta alla riunione via internet (che si trova anche registrata su YouTube), che sapere la verità su un attentato come quello al Nord Stream è materia estremamente importante e rilevante per il Consiglio di Sicurezza.

Così il primo ad andare in scena, è stato Bryce Greene, giovane giornalista – anche graduate student – che lavorando come critico dei media concentrandosi sullo studio della guerra in Ucraina, avrebbe indagato a fondo sull’attacco al Nord Stream. L’intervento di Greene ha ripercorso le tappe principali dell’attentato al Nord Stream nel 2022, che indicavano subito che si trattasse di un sabotaggio e non un incidente. Quindi Greene ha ricordato come per gli esperti e sopratutto la stampa occidentale, “il colpevole era la Russia”. Cioè, secondo costoro, ha detto Greene con tono sarcastico,  “la Russia aveva attaccato se stessa per intimidire l’Occidente”. Greene ha cercato nella sua ricostruzione di rendere chiaro che imputare ai russi di aver fatto saltare il Nord Stream non aveva alcuna logica, mentre un altro potenziale colpevole – gli Stati Uniti – fosse stato all’inizio quasi ignorato come potenziale sospetto.

Greene ha a questo punto legato l’attentato con la strategia degli Stati Uniti  all’interno della NATO, cioè “quella di impedire l’integrazione tra l’Europa occidentale e la Federazione Russa”. Così il giornalista ha ricordato le parole del primo segretario generale della NATO secondo cui il ruolo dell’alleanza era quello di “tenere fuori i russi, dentro gli americani e sottomettere i tedeschi”.

Greene ha notato che tre successive amministrazioni degli Stati Uniti hanno “fatto del loro meglio per fermare l’oleodotto”, ricordando anche uno studio della RAND Corporation del 2019 in cui si guardava ai “modi per estendere eccessivamente e sbilanciare la Russia”. Lo studio includeva anche una raccomandazione su come “ridurre le esportazioni [russe] di gas naturale e ostacolare l’espansione del gasdotto”. Inoltre, Greene ha ricordato che all’inizio dell’amministrazione di Joseph R. Biden, il Segretario di Stato USA Antony Blinken, dichiarò al Congresso di essere “determinato a fare tutto il possibile per impedire il completamento del Nord Stream 2”.

Bryce Greene, independent journalist, addresses the Security Council regarding the Nord Stream pipeline explosion during the meeting on threats to international peace and security. (UN Photo/Loey Felipe)

Ricordando il famoso articolo di Seymour Hersh sugli attacchi all’oleodotto che scoperchiarono i sospetti sugli USA, Greene ha affermato che le smentite della Casa Bianca non portano ad alcuna informazione reale. Inoltre, l’Ucraina aveva ampie ragioni per desiderare la scomparsa dell’oleodotto, e lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy aveva sostenuto azioni più audaci contro la Federazione Russa, oltre agli attacchi all’oleodotto. Inoltre, secondo il racconto del giornalista, Washington avrebbe addestrato gli ucraini in operazioni sottomarine, simili a quella che potevano essere state effettuate contro il Nord Stream 2. Quindi Greene ha sottolineato: “È probabile che gli Stati Uniti sappiano molto di più su quanto accaduto e su chi sia il responsabile”.

L‘intervento di Greene, si è distinto per l’aperta sfiducia nei confronti dei principali giornali americani che non avrebbero compiuto il loro dovere di informare il pubblico correttamente sull’attentato. Citando un articolo del New York Times che affermava che “potrebbe non essere nell’interesse di nessuno rivelare di più”, Greene ha esclamato: “Nessuno è interessato? È grave. La stampa mainstream ha completamente abdicato al suo ruolo”. Dal giovane giornalista accuse anche all’Occidente che “ha lasciato che certe rivelazioni sprofondassero”, mentre si capiva benissimo che “l’attacco ha avuto origine in Occidente, che le esercitazioni delle operazioni baltiche sono state il banco di prova e che gli Stati Uniti sanno più di quanto condividano”. Alla fine, Bryce Greene ha esortato sia il Consiglio di sicurezza che i media occidentali a fare luce sulla situazione e garantire la punizione dei colpevoli.

A wide view of Jeffrey Brodsky (on screen), independent journalist, addressing the Security Council regarding the Nord Stream pipeline explosion during the meeting on threats to international peace and security. (UN Photo/Loey Felipe)

Quando è stato il turno di Jeffrey A. Brodsky, anche lui giornalista indipendente, collegato via video con la sala del Consiglio di Sicurezza, lui ha esordito dicendo di essere l’unico giornalista a essersi recato in tutti e quattro i siti dell’esplosione nel Mar Baltico, per indagare sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2.

Citando la Carta Onu, Brodsky ha detto che due delle funzioni del Consiglio sono “mantenere la pace e la sicurezza internazionale in conformità con i principi e gli scopi delle Nazioni Unite” e “indagare su qualsiasi controversia o situazione che potrebbe portare ad attriti internazionali”.

Quindi ha continuato il suo intervento affermando che portare l’autore del sabotaggio del Nord Stream alla giustizia internazionale e risarcire le parti danneggiate farà avanzare la pace e la sicurezza internazionale, ridurrà le tensioni e aiuterà a prevenire futuri attacchi a infrastrutture internazionali critiche. “Faccio quindi appello al Consiglio di sicurezza affinché svolga le sue funzioni e il suo potere ai sensi della Carta delle Nazioni Unite conducendo un’indagine imparziale sul sabotaggio del Nord Stream”, ha esortato Brodsky, ricordando la sua partecipazione a una spedizione indipendente che ha coinvolto tutti e quattro i siti dell’esplosione a fine maggio.

A handout photo made available by the Swedish Coast Guard and taken from the Swedish Coast Guard aircraft shows The big gas leak from Nord stream 1 in the Swedish economic zone in the Baltic Sea, Sweden, 28 September 2022 (issued 29 September 2022). Swedish coast guard on 29 September confirmed a fourth gas leak on the Nord Stream pipelines. EPA/SWEDISH COAST GUARD / HANDOUT MANDATORY CREDIT: SWEDISH COAST GUARD HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

Al riguardo, ha osservato che né i dati ottenuti dalla spedizione, né il suo lavoro investigativo, sono stati in grado di attribuire in modo definitivo il sabotaggio a uno Stato specifico. Forse solo il Consiglio sarebbe in grado di fare una tale attribuzione, aggiungendo: “Sono fiducioso che molte persone in tutto il mondo apprezzerebbero l’assistenza di questo organismo”. Anche Brodsky ha quindi accusato Germania, Danimarca e Svezia – i tre paesi che stanno indagando sul sabotaggio – di non mostrare alcuna volontà di condividere i loro risultati con il pubblico. “Il sabotaggio del Nord Stream rappresenta uno degli atti di eco-terrorismo e sabotaggio industriale più gravi della storia”, ha sottolineato, e “rappresenta anche uno dei misteri geopolitici più pericolosi del nostro tempo”.

Rilevando che molte persone in tutto il mondo hanno perso la fiducia nelle istituzioni nazionali e internazionali, Brodsky ha affermato che la condanna di questo atto di terrorismo globale – e la rapida istituzione di un’indagine guidata dal Consiglio – potrebbe aiutare a ripristinare parte di quella fiducia perduta. “Il mondo sta guardando – e si aspetta – che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite scopra la verità sul sabotaggio e la condivida pubblicamente”, ha concluso.

Jeffrey Brodsky (on screen), independent journalist, addresses the Security Council regarding the Nord Stream pipeline explosion during the meeting on threats to international peace and security. (UN Photo/Manuel Elías)

Quando sono arrivati gli interventi dei Quindici, gli schieramenti sono rimasti ancorati alle ultime discussioni sul caso. Nessuno, tranne la Russia, ha mostrato aperta ostilità o sfiducia nelle indagini condotte da Svezia, Germania e Danimarca, ma alcuni paesi, oltre alla Cina, hanno fatto emergere una certa insofferenza per le mancate informazioni sulle indagini e la loro lentezza.

Dal canto loro gli Stati Uniti hanno per l’ennesima volta smentito di essere coinvolti nell’attentato e hanno accusato la Russia di volere distrarre i lavori del Consiglio dai suoi crimini avvenuti con l’invasione dell’Ucraina.

Alla fine della riunione, la Russia ha comunque raggiunto il suo obiettivo: rendere evidente che anche i russi, proprietari dei gasdotti, dovrebbero essere coinvolti nelle indagini e intanto continuare a tenere vivo il sospetto che nel Consiglio di Sicurezza ONU alcune potenze non hanno alcuna fretta affinché la verità emerga sull’attentato al Nord Stream.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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