Mentre nel Mar Nero gli USA e la Russia fanno le “prove” per una guerra fine del mondo, con l’intercettazione da parte dei caccia di Mosca di un drone americano, continua la ricerca dei responsabili dell’attentato ai gasdotti del Nord Stream dello scorso settembre. La verità su chi ha commesso questo potenziale “atto di guerra”, potrebbe portare oltre ogni limite la tensione tra le grandi potenze nucleari e anche all’interno dell’Unione Europea. Sarà per questo che da settimane si assiste a tentativi di allontanare la resa dei conti con la verità, ingarbugliando le possibili piste che portano ai colpevoli dell’attentato.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tonerà ad occuparsi presto della questione. La missione della Federazione Russa all’ONU ha martedì consegnato al Consiglio la corrispondenza scambiata con le autorità di Germania, Danimarca e Svezia sullo stato dell’inchiesta sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, come ha reso noto il vice rappresentante della Russia all’Onu, l’ambasciatore Dimitri Polianski. Questi scambi servirebbero a dimostrare, secondo Polianski, che questi tre paesi continuano a non riferire lo stato di avanzamento delle rispettive indagini al riguardo dell’attentato, al contrario di quanto avevano promesso di fare. “Stiamo distribuendo i documenti ufficiali al Consiglio di sicurezza dell’Onu e all’Assemblea generale nell’ambito delle misure messe in atto per l’apertura di una inchiesta dell’Onu”, ha detto il diplomatico russo. Con tale carteggio, secondo i russi le Nazioni Unite potranno così ”rendersi conto che le spiegazioni fornite da questi tre Paesi sull’iter delle rispettive inchieste a livello nazionale non sono vere”. Mosca insiste nel dire che le indagini condotte in Germania, Danimarca e Svezia non sono sufficienti. La Russia per questo chiede una indagine condotta dall’ONU e per questo dovrebbe presentare una risoluzione al voto del Consiglio entro pochi giorni.

Intanto un oggetto simile a un’antenna di un ordigno esplosivo sarebbe stato trovato durante un’ispezione delle acque vicino al luogo in cui avvenne l’esplosione del gasdotto Nord Stream nella zona economica esclusiva della Danimarca. A dare “la notizia” è direttamente il presidente russo Vladimir Putin; la Danimarca, si lamenta il leader del Cremlino, non avrebbe ancora risposto alla richiesta della Russia di effettuare un’adeguata verifica. “Qualche tempo fa, poiché l’esplosione è avvenuta nella zona economica esclusiva danese, Gazprom ha ottenuto dalle autorità danesi il permesso di ispezionare la scena dell’esplosione” ha raccontato Putin durante una intervista televisiva, per poi continuare: “Ma Gazprom non si è limitata ad esplorare proprio il luogo dell’esplosione: la nave noleggiata da Gazprom si è spinta oltre lungo il gasdotto e, a una distanza di circa 30 km dal luogo dell’esplosione, ha rilevato un piccolo palo proprio in uno dei punti più vulnerabili dell’oleodotto, le giunzioni dei tubi”. Quindi, ha proseguito il leader russo, “gli specialisti ritengono che possa trattarsi di un’antenna per la ricezione di un segnale per la detonazione di un ordigno esplosivo che potrebbe essere collocato in questo sistema di condutture”.
Putin a questo punto ha detto che la Russia vorrebbe ottenere dalle autorità danesi il permesso di condurre gli studi necessari “in modo indipendente o insieme a loro, ma meglio ancora, formando una squadra internazionale di esperti che possano lavorare a questa profondità'” e “se necessario, neutralizzare questo ordigno esplosivo, se ce n’è uno. Ma in risposta alla nostra richiesta rivolta alle autorità danesi”, ha continuato Putin, “abbiamo ricevuto la risposta che dovevano pensare da soli a questo problema e che ci avrebbero dato una risposta quando lo avrebbero ritenuto possibile”. “A quanto pare sono stati piazzati diversi ordigni esplosivi, qualcosa è esploso e qualcosa no. Non si sa per quali ragioni”, ha proseguito Putin.

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Nella stessa intervista, il leader del Cremlino attacca il cosiddetto “scoop” del New York Times, che pochi giorni fa aveva pubblicato un articolo in cui sosteneva che alcune “fonti” d’intelligence avevano indicato il coinvolgimento di attivisti ucraini nell’esplosione del Nord Stream. Per Putin “è una totale assurdità. Un’esplosione di questo tipo, di tale potenza, a una tale profondità può essere effettuata solo da specialisti e supportata dall’intero potere di uno Stato, che dispone di determinate tecnologie”. Per poi aggiungere: “Il fatto che si tratti di un atto terroristico non è più un segreto per nessuno, penso che tutti lo abbiano già riconosciuto”, ha detto Putin nell’intervista al canale televisivo Rossiya 1. “L’atto terroristico è stato commesso a livello statale, non è opera di dilettanti”, ha insistito il capo del Cremlino respingendo le ipotesi emerse in Usa e Germania secondo cui dietro le esplosioni lungo il gasdotto ci sarebbe la mano di attivisti ucraini. Per Putin sarebbero gli Stati Uniti “interessati a fermare le forniture di risorse energetiche russe al mercato europeo e a consegnare volumi del proprio gas naturale, in particolare liquefatto, anche se è molto più costoso – del 25-30% – di quello russo”.
Che ne pensa Putin dell’inchiesta del giornalista premio pulitzer Seymor Hersh, di cui il New York Times non ha mai riferito per settimane se non per “sminuirla” poi con il suo successivo presunto scoop? Che Mosca giudichi molto seriamente l’inchiesta del giornalista americano, si è notato alla riunione del Consiglio di Sicurezza di tre settimane fa di cui vi abbiamo riferito. Ma a quanto pare la Germania insiste sulla pista ucraina indicata anche dal New York Times, questo nonostante le smentite da parte del governo di Kiev e per le difficoltà che avrebbero avuto gli ucraini per una operazione così complessa; per molti esperti, infatti, solo quattro entità statali sarebbero state in grado di portarla a termine: USA, Russia, UK e Francia.
Dopo aver letto l’inchiesta di Hersh intitolata “How America Took Out The Nord Stream Pipeline”, tra le “piste” del mistero all’attentato, finora quella di Hersh sembra la più verosimile. A parte il fatto che lo stesso presidente Joe Biden sembra “rivelare” le sue intenzioni durante quella famosa conferenza stampa con il cancelliere tedesco accanto (vedi video sopra), ma anche per i precedenti che hanno visto gli Stati Uniti fare di tutto per sabotare ogni dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia, questo fin dai tempi dell’Unione Sovietica.
Interessante notare come l’attuale Segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, 35 anni fa, da neo laureato dalla Columbia University, pubblicò un libro intitolato Ally Versus Ally: America, Europe, and the Siberian Pipeline Crisis. Già, un saggio in cui il futuro capo della diplomazia della più grande potenza del mondo sosteneva come gli USA e gli alleati europei fossero ormai ai ferri corti per l’ energia proveniente dall’URSS.
Che cosa successe al gasdotto siberiano che avrebbe dovuto rifornire proprio la Germania? Esplose nel 1982. Il Presidente allora era Ronald Reagan che, al contrario di Biden, non rivelò mai certe potenziali intenzioni “terroristiche” che avrebbero fatto rischiare la Terza guerra mondiale.