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December 15, 2021
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La Camera approva l’aumento del tetto di spesa federale a 2,5 mila miliardi

Il voto dopo aver deferito alla magistratura Mark Meadows; il senatore democratico Manchin perde le staffe e insulta i giornalisti.

Massimo JausbyMassimo Jaus
Time: 5 mins read

Non proprio aria di Natale al Congresso, almeno al Senato con il senatore Joe Manchin, di solito affabile e ben disposto con la stampa, che a dimostrazione delle sue difficoltà questa volta se l’è presa con i giornalisti dopo l’exposé del Washington Post sui suoi malcelati interessi con l’industria estrattiva del carbone.

La Camera invece ha fatto due ultime votazioni nella notte prima per deferire l’ex capo di gabinetto di Trump alla magistratura ordinaria, poi per approvare l’aumento del tetto del debito. Calato il sipario i parlamentari sono andati in vacanza fino a metà gennaio. Il 3 gennaio faranno il giuramento Shontel Brown, democratica e Mike Carey, repubblicano, due dei tre parlamentari eletti a novembre nelle elezioni speciali per la Camera dei Rappresentanti. Il terzo, della circoscrizione della Florida, non si è ancora sottoposto al giudizio degli elettori perché per un capriccio del governatore De Santis l’elezione tra la democratica Sheila Cherfiklus McCormick, ampiamente favorita, contro il repubblicano Jason Mainer, è stata messa in calendario dal governatore per l’11 gennaio, l’ultimo giorno possibile prima della ripresa dei lavori parlamentari a Washington.

Come nell’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale la Camera ha sbrigato velocemente le ultime pendenze: con un voto nel corso della notte ha approvato l’aumento del limite del debito federale di 2,5 mila miliardi di dollari. Il Senato l’aveva già approvato e ora la legge è sul tavolo di Biden per essere firmata. Oggi era la data fissata dal Dipartimento del Tesoro entro la quale se non fosse stato raggiunto un accordo ci sarebbe stato il rischio di insolvenza per 29 mila miliardi di dollari in buoni del Tesoro, un fatto che avrebbe scatenato una catastrofe economica. Un solo repubblicano, il congressman Adam Kinzinger, ha votato con la maggioranza democratica.

Mark Meadows (Gage Skidmore/Wikimedia Commons)

Poco prima, con 222 voti favorevoli e 208 contrari, era stata approvata la risoluzione che deferiva al ministero della Giustizia Mark Meadows, l’ex capo di gabinetto di Donald Trump, per oltraggio al Congresso, dopo che si è rifiutato di testimoniare davanti la commissione parlamentare che indaga sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio. E’ questa la seconda richiesta di incriminazione fatta dalla Camera per oltraggio al Congresso dopo quella contro l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon. A votare a favore insieme ai democratici sono stati i repubblicani Liz Cheney e Adam Kinzinger, da tempo ai ferri corti con Donald Trump e la leadership del partito. Un’altra dimostrazione di forza della commissione che sta indagando sul tentativo di insurrezione del 6 gennaio. I parlamentari sono determinati a ottenere risposte in tempi brevi, e così facendo riaffermano anche l’autorità del Congresso che Trump ha eroso mentre era in carica.

Lasciando la Casa Bianca per andare in Kentucky nelle zone devastate dai tornado il presidente mentre camminava per salire sull’elicottero, parlando brevemente con i giornalisti, ha detto di non aver letto tutta la documentazione consegnata da Mark Meadows alla Commissione ma di ritenere che la Camera abbia fatto la mossa giusta.

Meadows, un ex deputato della Carolina del Nord, ha lasciato la Camera nel marzo 2020 chiamato da Trump per fare il Chief of Staff della sua amministrazione. Del gruppo conservatore repubblicano del Tea Party prima di lasciare il Congresso, Meadows, ha detto Jamie Raskin durante il dibattito alla Camera, “ha continuamente insistito sul fatto che le persone e i funzionari governativi di alto rango devono rispettare l’autorità del Congresso per svolgere il proprio lavoro”.

I repubblicani hanno definito l’azione contro Meadows una distrazione dal lavoro parlamentare, con un membro che l’ha definita “malvagia” e “non americana”. Trump ha anche difeso Meadows in un’intervista, definendolo “un uomo d’onore”.

I membri del comitato hanno affermato che i messaggini telefonici inviati a Meadows il giorno dell’insurrezione hanno sollevato nuove domande su ciò che stava accadendo alla Casa Bianca e su ciò che Trump stesso stava facendo, mentre l’attacco era in corso. Il comitato aveva pianificato di interrogare Meadows sulle comunicazioni, comprese 6.600 pagine di record prese dalla posta elettronica personale e circa 2.000 messaggi di testo. Il rifiuto di comparire davanti alla Commissione è venuto dopo che i commissari volevano deporlo per avere chiarimenti sia sulla corrispondenza che sulle telefonate. Finora la Commissione d’inchiesta ha intervistato più di 300 testimoni e citato in giudizio più di 40 persone.

Al Senato, invece, ancora si lavora. Il leader della maggioranza democratica, Chuck Schumer preme per avere il voto sui piani della Casa Bianca per il welfare e l’ambiente prima dell’interruzione dei lavori parlamentari per le vacanze di Natale, ma il senatore democratico della West Virginia Joe Manchin, unico della striminzita maggioranza democratica al Senato, con la sua opposizione rischia di dar saltare tutto. Improduttivi finora i suoi colloqui con Biden e con Chuck Schumer. Mercoledì mattina, dopo lo scoop dei giorni scorsi del Washington Post, ha sfogato la sua rabbia con i media prendendo lo spunto dalla pubblicazione di un articolo in cui si affermava che era contrario al piano perché voleva eliminare il credito d’imposta per bambini, un programma popolare, dal disegno di legge del presidente per il clima e la spesa sociale. “Questa è una stronzata. Sei una stronzata”, ha urlato Manchin ad Arthur Delaney, un giornalista dell’ HuffPost Politics, davanti alle telecamere dei maggiori network televisivi, che gli aveva chiesto di confermare le voci che volevano che il credito d’imposta per i bambini fosse diventato l’ostacolo nei colloqui con la Casa Bianca.

Il senatore Joe Manchin attorniato dai giornalisti (da youtube)

“Ho finito, ho finito”, gridava Manchin furioso, ad un gruppo di giornalisti, tra cui Manu Raju della CNN. “Non sono contrario al credito d’imposta per bambini, non sono mai stato contrario al credito d’imposta per bambini”, ha insistito. “Ragazzi, non sto negoziando con nessuno di voi. Potete fare tutte le domande che volete. Lasciatemi andare. Questa è una stronzata. Sei una stronzata”, ha urlato a Delaney nella metropolitana del Campidoglio, borbottando “Dio onnipotente” mentre si allontanava.

Le tensioni sul senatore stanno aumentando poiché la scadenza natalizia per l’approvazione del Build Back Better Act è a poco più di una settimana e i Democratici del Senato non sono neanche lontanamente vicini a concludere un accordo. Diversi senatori democratici avevano affermato di aspettarsi delle direttive dal leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer durante il pranzo dei leader del partito che si sarebbe dovuto tenere oggi, ma all’ultimo minuto la riunione è stata cancellata.

All’eliminazione del credito d’imposta sui figli dal Build Back Better Act si oppone la maggior parte dei senatori democratici frustrati dall’atteggiamento poco chiaro di Manchin che sembra più a caccia di scuse per rinviare il voto che non di suggerimenti per far passare la proposta della Casa Bianca tanto che Dick Durbin, majority whip del Senato e la Vicepresidente della Conferenza Democratica del Senato Elizabeth Warren, vogliono che Schumer programmi un voto su Build Back Better prima di Natale per porre Manchin difronte alle proprioe responsabilità. Ma Schumer non sembra incline a rischiare che il disegno di legge fallisca al Senato a causa del voto di Manchin.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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