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May 21, 2021
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Biden l’inclusivo, cerca l’accordo con i repubblicani per il piano di aiuti economici

Ma il partito repubblicano è spaccato tra i parlamentari che si rifiutano di accettare le bugie di Trump e coloro che gli condonano qualunque menzogna

Massimo JausbyMassimo Jaus
Biden sarà il nuovo presidente, ma gli USA restano spaccati e Trump non li aiuta

President Joe Biden (Illustration by Antonella Martino)

Time: 5 mins read

Alla Casa Bianca è ripreso il negoziato con la delegazione dei senatori repubblicani per il piano Build Back Better che comporta una spesa tra i 6 e i 7 mila miliardi di dollari. La prima parte di questo piano, l’American Rescue Plan ha comportato una spesa di mille e 900 miliardi in aiuti agli Stati, ai disoccupati, alla lotta al coronavirus e al piano nazionale per i vaccini. Restano ora sul tavolo del presidente gli altri due piani preparati da Biden per risollevare il Paese dalla grave crisi sanitaria, economica ed occupazionale prodotta dalla pandemia: l’American Jobs Plan, per finanziare la ripresa produttiva creando posti di lavoro con particolare enfasi alla creazione di energia pulita e per il ammodernamento delle infrastrutture. Un piano da circa 2 mila e 300 miliardi di dollari. Infine il terzo progetto è quello dell’American Family Plan che con altri 2 mila e 500 miliardi vuole investire nella riforma della scuola e delle tematiche che riguardano l’assistenza all’infanzia, asili nido e programmi sociali.

E sono questi due ultimi programmi, l’American Jobs e il Family Plan quelli per i quali si sta negoziando perché il presidente Biden cerca di ottenere l’appoggio bipartsan per questo colossale piano di spesa. Non ci è riuscito con l’America Rescue Plan e molto probabilmente non ci riuscirà neanche con gli altri due. Per l’American Rescue Plan i repubblicani compatti votarono per il no e con loro si aggiunsero anche due democratici: Jared Gold e Kurt Schrader.

La sen. Shelly Moore Capito (Wikimedia/Gage Skidmore)

Biden non si è dato per vinto e ci riprova ora con l’American Jobs. Per questo motivo sono in corso le trattative con il Gop. Ma sono trattative di facciata, perché dal punto di vista pratico il negoziato è inesistente. La delegazione repubblicana, capeggiata dalla senatrice Shelly Moore Capito, nelle settimane scorse aveva presentato una controproposta di 568 miliardi contro i mille e 700 richiesti dalla Casa Bianca. La senatrice continua a parlare di trattative in corso, di contatti frequenti con la Casa Bianca, di sedute con gli esperti dei due partiti, ma resta ferma sull’eliminazione di tutti i finanziamenti per le “strutture sociali”, quindi niente aiuti alle scuole, alle famiglie, agli asili nido e di nessun aumento delle tasse per i guadagni in conto capitale e per chi ha un imponibile di più di 540 mila dollari l’anno. Per Biden accettare questi tagli è impossibile perché l’ala più progressista del partito democratico non acconsentirebbe mai. Queste trattative devono essere interpretate come manovre preelettorali pensando alle elezioni di Mid-Term del prossimo anno. Biden punta sulla strategia dell’inclusione, della mano tesa con i repubblicani, del presidente che cerca il dialogo. I repubblicani puntano a cercare di dividere i democratici conservatori dai democratici più liberali.

Oggi la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha detto che l’American Jobs Plan potrebbe essere ridotto a mille e 700 miliardi, eliminando 600 miliardi dai piani originali e che per i progetti rimossi si farà in seguito una legge speciale per finanziarli. I piani eliminati dai repubblicani sarebbero quelli per finanziare gli aiuti medici e di supporto per gli anziani. “Questi negoziati – ha detto Jen Psaki – rappresentano l’arte della ricerca per trovare interessi comuni”.

Al Congresso il leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, cerca di far rientrare nei ranghi i 35 congressman che hanno votato in favore della creazione della Commissione d’inchiesta per l’assalto al Campidoglio dopo che l’ex presidente li ha definiti “depravati inaffidabili”. Ovviamente la più presa di mira dei 35 parlamentari del Gop è Liz Cheney, degradata nei giorni scorsi dal suo ruolo dirigenziale del partito repubblicano perché si rifiuta di accettare le bugie dell’ex presidente. Contro di lei la campagna del partito per cercare di non farla rieleggere nel suo Stato, il Wyoming, si è improvvisamente fermata dopo che il candidato scelto da Trump per sostituirla, il senatore statale Anthony Bouchard, ha confessato di aver messo incinta una ragazza di 14 anni quando lui era maggiorenne. La sposò l’anno successivo e i due divorziarono dopo tre anni. In seguito l’ex moglie si tolse la vita quando aveva 20 anni. Dopo che il Casper Star Tribune ha pubblicato con ampio risalto la notizia, prima Bouchard ha cercato di negarla, poi di minimizzarla. Il nome di Bouchard era stato fatto da Matt Gaetz, il senatore sotto inchiesta da parte dell’Fbi per una relazione con una ragazza minorenne, che era andato in Wyoming per trovare un candidato che potesse eliminare Liz Cheney alle primarie repubblicane.

Il partito repubblicano è in crisi. Da una parte i parlamentari che si rifiutano di accettare le bugie dell’ex presidente, dall’altra, la grande maggioranza, quelli che accettano passivamente le fandonie di Trump. Con il passare dei giorni questa nutrita compagine si va assottigliando.

Letitia James, Attorney General dello Stato di New York

La notizia data dall’Attorney General di New York Letitia James che le indagini su  Donald Trump sono entrate nella sfera del diritto penale ha forzato i repubblicani a confrontarsi con la realtà vera e non su quella alternativa imposta dall’ex presidente. Per ora il volto dei parlamentari del Gop è impassibile ma sono evidenti le prime crepe nel muro difensivo inizialmente in modo timido con il loro voto al secondo impeachment, quello che vedeva Donald Trump responsabile dell’assalto al Campidoglio. Allora furono solo 10 i congressmen repubblicani che votarono per la condanna, e 7 furono i senatori. Per 3 voti al Senato Donald Trump si salvò.  Nel voto presentato nei giorni scorsi per creare la commissione d’inchiesta sull’assalto al Congresso la Camera ha approvato il decreto e questa volta sono stati 35 congressmen repubblicani che hanno votato con i democratici: tre volte e mezza in più di quelli che votarono a Gennaio. Un aumento del 350%.

“Vogliono ridurmi al silenzio e cancellare i milioni di voti che ho ricevuto, perché non vogliono che io mi candidi nuovamente” ha detto Trump dal suo club di golf in New Jersey, scegliendo questa volta la difesa politica e non più, almeno per ora,  della “caccia alle streghe” da parte degli inquirenti.

Le indagini sulla gestione della sua società, la Trump Organization, ogni giorno si arricchiscono di nuovi particolari. Ieri sera ai microfoni di Cnn Jennifer Weisselberg, ex moglie del figlio del CFO della Trump Organization, Allen Weisselberg, che nelle settimane scorse ha consegnato agli inquirenti casse di documenti nascoste dall’ex suocero nella cantina di casa sua, ha detto che è sicura che l’ex suocero patteggerà la pena con gli inquirenti a condizione che riveli tutte le magagne della società. 

L’allora presidente Donald Trump con l’Attorney General William Barr (Official White House Photo by Tia Dufour)

Sempre ieri sera è uscita fuori la notizia che il Dipartimento della Giustizia, durante l’amministrazione Trump, ha messo telefoni e computer sotto sorveglianza della corrispondente della rete televisiva CNN dal Pentagono, Barbara Starr, monitorando email e telefonate.  Non sono stati detti i motivi per questa decisione che deve essere approvata direttamente dal ministro della Giustizia, che allora era William Barr. Nelle settimane scorse la stessa cosa fu scoperta per tre giornalisti del Washington Post. Un portavoce del Dipartimento della Giustizia, Anthony Cooley, ha detto che il monitoraggio avvenne dal 2017 e che l’approvazione per queste vicende è stata fatta a gennaio di quest’anno.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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