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October 8, 2020
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Harris preparata ma troppo soft, Pence persino brilla però alla fine vince la mosca

La senatrice pungente ma non troppo, il vice presidente pacato e misurato "normalizza" l’operato di Trump, ma nel dibattito di virale c'è solo l'insetto

Sonia TurrinibySonia Turrini
Time: 4 mins read

Stanotte gli Stati Uniti hanno riscoperto la gioia di annoiarsi davanti alla politica. In attesa di capire se il secondo dibattito presidenziale si terrà, dopo che Trump ha dichiarato di non voler partecipare virtualmente, mercoledì sera in Utah la senatrice californiana Kamala Harris e il vicepresidente uscente Mike Pence si sono confrontati nel loro unico dibattito.

Il ruolo di vice presidente non è molto emozionante, di norma. Il VP di Franklin Roosevelt, John Nance Garner, sosteneva che l’importanza del suo ufficio fosse su per giù paragonabile a quella di “un secchio di saliva tiepida”. O urina tiepida, dipende dalle fonti.

Insomma, l’inquilino meno importante della West Wing ha solo due ruoli costituiti: intervenire in caso di parità in senato, occorrenza abbastanza rara, e rimanere in salute per sostituire il presidente nel caso accadesse il peggio.

Ed è per questo che, quest’anno, prima ancora di accendere le luci sul palco di Salt Lake City, era già tutta un’altra partita. Tralasciando il fatto che Trump al momento sia ancora positivo al COVID e lo spauracchio successivo alla sua ospedalizzazione, i potenziali presidenti sono entrambi ultrasettantenni, e per la prima volta da trent’anni hanno scelto vice ben più giovani di loro. È noto che entrambi gli aspiranti VP abbiano mire presidenziali – la Harris era candidata anche alle ultime primarie democratiche-, e potrebbero sfidarsi come candidati presidente già nel 2024. La notte è stata un ottimo banco di prova per valutare se abbiano la stoffa del commander in chief.

Un momento del dibattito tra Mike Pence e Kamala Harris

Su Kamala Harris le aspettative erano molto alte. È l’unica, tra i quattro sulla scheda elettorale, con un net rating favorevole. È stata procuratore generale della California, ha molta esperienza come avvocato, ed è particolarmente brillante nell’oratoria. Chi lo sa meglio di tutti è proprio Joe Biden, che nel primo dibattito delle primarie democratiche venne strigliato sonoramente dalla sua attuale seconda. Stanotte, la senatrice era evidentemente stata preparata molto bene dalla sua squadra, ed ha condotto una puntuale critica, argomento dopo argomento, dei tanti fallimenti, dal suo punto di vista, della attuale amministrazione.

Però, c’è un però. L’ex consigliere del presidente, Steve Bannon, sostiene che una grande differenza nella comunicazione di repubblicani e democratici è che i primi vanno per colpirti alla testa con una mazza, mentre i secondi agguantano un guanciale per una lotta di cuscini. Ecco, la Kamala di questa notte è abbastanza coerente con questa descrizione. Preparata, abilissima, pungente… Ma, soprattutto sulla pandemia, la sensazione è che avrebbe potuto colpire molto più duro.

Mike Pence entrava nella serata già con un certo svantaggio. Sul palco, con lui e la democratica, c’erano non uno, ma ben due separatori in plexiglass, memento costante che la attuale Casa Bianca è a tutti gli effetti un focolaio. Essendo capo della task force per la gestione della situazione sanitaria, la responsabilità della situazione statunitense ricade anche su di lui. Ha adottato una strategia insolita, considerato che l’accoppiata Trump-Pence ha uno storico svantaggio con le donne che si aggira attorno ai 30 punti, come riportato dal Washington Post. Il vicepresidente ha continuamente parlato oltre i suoi limiti di tempo, ha spesso ignorato i richiami della moderatrice Susan Page, ha interrotto la Harris più di quanto lei abbia fatto con lui. L’impressione, per un’osservatrice femminile, è che purtroppo lui non si sia nemmeno accorto di stare mancando di rispetto alle due donne nella stanza.

Il momento del dibattito in cui una mosca si posa sui capelli di Pence che non si accorge di nulla, è diventato virale su twitter…

Tuttavia, ha avuto diversi momenti brillanti, in particolare quanto ha accusato l’avversaria di sostenere il Green New Deal, progetto di legge molto discusso per l’impatto che avrebbe sull’economia di stati chiave come Pennsylvania e Ohio. Con il suo atteggiamento e comportamento pacato e misurato, in qualche forma è riuscito a normalizzare l’operato del suo capo. Non si è in nessun modo distanziato dalle opinioni politiche di The Donald, ma le ha poste in modo digeribile per chi, da un politico, si aspetta un certo stile di comportamento. Sotto questo punto di vista, si può discutere che Pence abbia giovato alla causa repubblicana più di quanto la Harris a quella democratica.

Mike Pence con la mosca tra i capelli durante il dibattito

È difficile stabilire chi dei due abbia vinto, anche se la maggior parte dei poll danno un lieve vantaggio alla democratica. Se il dibattito presidenziale non ha spostato i sondaggi, è difficile pensare che quello tra i vice possa cambiare lo stato delle elezioni. Il fatto che Kamala Harris non abbia risposto quando le è stato chiesto se una potenziale amministrazione democratica aumenterebbe i seggi della Corte suprema, la mancata risposta di Pence sui problemi di trasparenza di questa amministrazione, la poca chiarezza di Kamala Harris sulla sua posizione sul Green New Deal, il momento veramente bizzarro in cui Pence ha asserito che Trump sia un grande fan della scienza non cambieranno la storia di questo 2020.

Chi ha realmente bucato lo schermo è stata la mosca, rimasta sui capelli di Pence per ben due minuti e diventata ormai virale. Nel senso non medico del termine.

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Sonia Turrini

Sonia Turrini

Sono laureata in psicologia, attualmente impegnata in un PhD in Neuroscienze a Bologna. Sono cresciuta con la cultura americana nell’aria, l’Herald Tribune in salotto, i libri dei grandi presidenti sulle mensole di casa, e Bruce Springsteen nelle orecchie. Non ho memoria di quando ancora non conoscevo Streets of Philadelphia, perché ero troppo piccola per ricordare. E pensavo parlasse di formaggio. Ho visitato gli Stati Uniti la prima volta, ancora ragazzina, nell’estate 2008, e ho passeggiato con la mia spilletta Yes We Can appuntata sullo zaino. Seguo con passione la politica americana da anni, e oggi ne scrivo sperando di portarci il valore aggiunto della mia formazione scientifica: le opinioni sono sempre ben accette, ma solo sulla base di fatti oggettivi, dimostrati e condivisi.

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