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November 13, 2013
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La crociera della Cavour

Valerio BoscobyValerio Bosco
Time: 4 mins read

Un’interrogazione parlamentare promossa da Sinistra Ecologia e Libertà (SEL) per chiedere chiarimenti doverosi al Ministro della Difesa Mario Mauro sulla fiera viaggiante. Un “gioello” della nostra marina militare, la portaerei Cavour, impegnata a solcare i mari del mondo per esporre prodotti dell’eccellenza italiana. “Ma non a vendere armi”, come riferito in un’imbarazzante intervista a La Repubblica dall’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina.

“Sistema Paese in movimento”, il nome sexy dato ad una missione destinata a toccare i porti di 13 Paesi Africani: Gibuti, Kenya, Madagascar, Mozambico, Sud Africa, Angola, Congo, Nigeria, Dakar e Algeri. Ma anche alcune baie del golfo Persico, tra cui Jedda (Arabia Saudita), Abu Dhabi e Dubai (Emirati Arabi), Mina Sulman (Barhein) e Kuwait City (Kuwait).

La Cavour, costata allo Stato italiano circa 1miliardo e 200milioni di euro è riciclato a fini commerciali come spazio espositivo itinerante. Un tour commerciale finanziato da un network di imprese italiane composto da Beretta, gruppo Ferrertti, Federlegno, Elettronica, Pirelli, l’onnipresente Finmeccanica. Un indicatore preoccupante della sua smarrita utilità. Un mercatino post-moderno allo Totò e Peppino popolato dai seguenti articoli: elicotteri della Augustawestland, sistemi missilistici, dispositivi radar e di combattimento, siluri leggeri. A noi sembrano armi. A De Giorgi no.

Le questione in ballo sono comunque diverse. E di varia natura. Certo, può sembrare poco realistico e un po’ populista impedire alla nostra più grande azienda di tecnologia e applicazioni militari, che dà tra l’altro lavoro a 70mila dipendenti, di sponosorizzare o vendere i propri prodotti. Ma farlo realizzando questa partnership opaca tra settore pubblico e privato significa anche appaltare ad imprese “interessate” la definizione di una quota importante della nostra politica estera. Che dovrebbe essere definita, nelle sue coordinate essenziali, nel rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo e nel contributo dato dalle altre forze politiche e sociali operanti nelle istituzioni rappresentative del Paese.

Il fatto che la nostra seconda portaerei, oltre al cui costo orginario sembrano associate spese quotidiane di 200mila euro, venga utilizzato come mercato navigante appare uno spreco inaudito. Oltre a pubblicizzare prodotti dalla dubbia destinazione, la Cavour dovrebbe evidentemente navigare con la scritta “Vendesi”. Davvero poco edificante per un’istituzione della nostra Marina mettersi al servizio di un’operazione che sembra aver poco a che fare con il presidio dei mari, la sicurezza della penisola o il sostegno ad operazioni umanitarie nel Mediterraneo. Magari ci sbagliamo ed aspettiamo allora che informazioni più chiare vengano condivise.

Non c’è peraltro solo il rischio di venire meno agli obblighi internazionali assunti dall’Italia in materia di vendita di armi a Paesi in cui vi sono documentate violazioni dei diritti umani. Molte delle nazioni sopra-indicate rientrano in questa categoria. Arabia Saudita e Barhein sono stati solo sfiorati dalla Primavera araba grazie all’apparato repressivo su cui fanno affidamento le rispettive case regnanti. Qualcuno dovrebbe capire che non è forse un buon momento per far attraccare la Cavour nel porto di Maputo, in Mozambico. E vendere armi. La pace tra i gruppi antagonisti RENAMO e FRELIMO in Mozambico fu siglata nel 1992 a Roma. Grazie agli sforzi della diplomazia ufficiale italiana ed a quella informale della Comunità di Sant’Egidio. Quella pace è oggi in crisi. Gli scontri armati sono ricominciati e le previsioni di un ulteriore avvitamento delle tensioni non sono incoraggianti. Gettare cerini in una polveriera che pure avevamo contribuito a spegnare non ci sembra proprio una geniale operazione di politica estera.

Certo i passaggi della Cavour a Gibuti, a Mombasa (Kenya) possono servire per sostenere le operazioni militari in corso in Somalia sotto l’egida dell’Unione Africa ed autorizzate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Viene però il dubbio che mentre magari aiutiamo Kenya e Etiopia a migliorare le rispettive dotazioni militari per combattere i fondamentalisti islamici di Al-Shabab, qualcosa giunga anche all’Eritrea, Paese-prigione sottoposto ad embargo militare dall’ONU. Il governo di Asmara, lo ricordiamo, è accusato di fomentare l’instabilità del Corno d’Africa. Imprese non estranee all’operazione “Sistema Paese in Movimento” sono già state accusate di aver violato le risoluzioni del Palazzo di Vetro sull’Eritrea. E di aver venduto prodotti civili agilmente convertibili ad uso militare a rappresenanti del governo eritreo. Grazie a quella che, nella migliore e più rassicurante delle ipotesi, può essere definita scarsa vigilanza da parte delle autorità italiane. La crociera della Cavour nei porti del Golfo Persico è un altra ottima opportunità per il regime dittatoriale di Asmara di inviare i suoi faccendieri e trafficanti per l’acquisto – illegale – di nuove forniture.  Contando magari sulla copertura e sul sostegno di governi amici.

Una breve considerazione finale la merita ancora l’ammiraglio De Giorgi. Con una sorprendente dimenticanza della grammatica fondamentale praticata nelle democrazie parlamentari ha attribuito alla “malafede” l’atto ispettivo dell’interrogazione inoltrata alla Camera dai deputati di SEL. L’interrogazione parlamentare, ancora oggi istituto fondamentale della nostra democrazia rappresentativa, è rivolta ai ministri della Repubblica a fini di controllo e verifica dell’azione dell’esecutivo. Se c’è malafede nel dibattito politico lo dovrebbe dire il Ministro. Documentando la sua posizione.  Non un servitore dello Stato.

 

 

 
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