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July 1, 2013
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Il gioco più disonesto del mondo

Toni De SantolibyToni De Santoli
Un momento della finale Brasile-Spagna per la Confederation Cup 2013, vinta dai barasiliani per 3-0

Un momento della finale Brasile-Spagna per la Confederation Cup 2013, vinta dai barasiliani per 3-0

Time: 3 mins read

 

E’ un narcotizzante. E’ un veleno. In parecchia gente suscita gli istinti peggiori. Si chiama Calcio. E’ il gioco del Calcio.

A poche ore dalla fine della Confederations’ Cup svoltasi in Brasile e mentre manca appena un anno al Campionato Mondiale che avrà anch’esso luogo in Brasile, è appunto di lui che vogliamo occuparci stavolta. Ci va di discutere del “gioco” che in cent’anni ha provocato suicidi, omicidi, bagni di sangue, forme varie di isteria collettiva; che con sconcertante zelo ha proceduto all’”assassinio” della personalità di numerosi esseri umani (allenatori, giocatori, presidenti di club), ha accreditato di ‘grande intelligenza’ giocatori d’intelligenza invece media, o addirittura inferiore alla media.

Almeno in Italia (sono quarantuno le società ora sotto indagine da parte della Guardia di Finanza per reati fiscali e amministrativi), questo è il “gioco” che corrompe: partite di pallone nel nostro Paese ne sono state sempre comprate e vendute. Le “combine” avvenivano anche 70 anni fa, celebre il caso del terzino Luigi Allemandi, Nazionale d’Italia, Campione del Mondo 1934, trovato colpevole in maglia juventina di aver favorito la vittoria del Torino in un match di Serie “A”, stagione 1926-27. Fu squalificato a vita, insieme a dirigenti del “Toro”. La leggenda narra che sua madre, umiliata, mortificata, chiese un incontro con Mussolini, chiese soccorso a Mussolini. La leggenda narra che il Duce ricevette a Palazzo Venezia la mamma del giocatore e che, dinanzi a quella povera donna piegata in due, distrutta dalla disperazione, si mosse a compassione e fece quindi annullare la squalifica a vita del già famoso terzino. Si dice, sì, che sia leggenda, ma nella vicenda un fondo di verità forse ci dev’essere.

Almeno in Italia, tutto si giustifica in nome del “gioco più bello del mondo”. Un esempio, ne basta uno solo: ai Mondiali del 1986, tenutisi in Messico, Diego Armando Maradona, asso argentino, segnò deliberatamente un goal di pugno nell’incontro con l’Inghilterra, goal che venne convalidato e che sancì la sconfitta della Nazionale inglese. In Italia, sia giornalisti che cittadini comuni videro nella premeditata, gravissima scorrettezza del “Pibe” ‘il segno della genialità”. A questo, “anche” a questo ci ha portati, ci porta il Calcio. Il Calcio che piace perché elementare, certo, è un gioco molto elementare. Il Calcio che sul piano morale, educativo, etico, non ha mai insegnato, né insegna, nulla a nessuno. Anzi, invita appunto all’inganno, all’imbroglio, al sotterfugio. Favorisce la sopraffazione. Manipola le persone. Alimenta volgarità, sconcezze, come lo sputo (anche qui di esempi basta questo) dell’Azzurro Francesco Totti all’avversario danese nel 2004. Si nutre di soperchierie, prevaricazioni. Menzogne. Tendenziosità. Incita, e anche in questo ci riesce bene, al culto della personalità: il caso Maradona è il caso più significativo. Il suo “credo” è frodare. Vincere “con ogni mezzo”. E’ solo il fine che conta. L’avversario? Uno al quale vanno spezzate le ossa. Uno da porre in ridicolo. Da annientare nello spirito e nel corpo.

In Italia nei prossimi 12 mesi non si parlerà che dei Mondiali 2014. Se ne straparlerà in tv, in ufficio, allo stadio, al bar. Tutto il resto verrà dimenticato, o comunque trascurato.

Il gioco del pallone… Andrebbe messo fuori legge! Se ne crei perciò la clandestinità. Benissimo. Ce li toglieremmo finalmente di torno tutti quei personaggi invadenti, egocentrici, rumorosi, campioni di doppiezza e di retorica da bar.

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Toni De Santoli

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