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May 18, 2020
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Followives: storie di donne che espatriano per amore e… si realizzano lo stesso 

Il fenomeno emigrazione delle "Followives", ossia donne che seguono i loro uomini intorno al mondo: incontro in California con l'autrice Irene Perali

Isabella Weiss di ValbrancabyIsabella Weiss di Valbranca
Followives: storie di donne che espatriano per amore e… si realizzano lo stesso 

Irene Perali

Time: 6 mins read

Cinque followives sono le protagoniste del libro di Irene Perali, giovane ingegnere elettronico che nel 2015 da Milano sbarca nella Silicon Valley, fresca di dottorato al Politecnico e con in tasca un contratto di lavoro con la Apple. 

Come é iniziata l’idea del libro?

“Era un tema che già mi interessava da tempo, ma é nato tutto un po’ per caso. Nonostante io sia un ingegnere ho sempre amato scrivere. Mi sono anche iscritta ad un corso di Creative Writing e un giorno ho deciso di cogliere la sfida del NaNoWriMo cioè il National Novel Writing Month. In un mese avrei dovuto scrivere 50.000 parole, ce l’ho fatta e il libro è nato da quelle parole e da quella sfida”. 

Irene, tu però non sei una “followife”, sei venuta qui da sola e ti sei sposata solo in seguito. Come hai fatto a farti assumere dalla Apple appena concluso un dottorato a Milano? 

“Sono stata fortunata, ho mandato la richiesta direttamente alla compagnia dal suo sito web e mi hanno risposto! La cosa più strana è che il mio ex fidanzato si era già trasferito in California (a San Diego) qualche tempo prima,  ma io avevo deciso di non seguirlo e ci siamo lasciati. Poi invece ho sentito anche io il desiderio di una esperienza lavorativa all’estero e quindi ho mandato il mio CV alla Apple”.

Come ti sei trovata una volta arrivata in California? 

“All’inizio bene, gli americani sono abituati ad avere a che fare con gli stranieri, mi hanno aiutato tanto, ero molto entusiasta. Poi devo dire che è finita la luna di miele perché mi sono resa conto che non ero qui in vacanza ma a tempo indeterminato. Così  ho iniziato a sentire nostalgia per la famiglia in Italia, insicurezze legate al fatto di fare una famiglia e crescere i figli qui, senza nonni e senza affetti familiari”. 

Quindi hai incontrato tuo marito qui in California?

“Si, lavoravamo alla Apple, entrambi ingegneri. All’inizio eravamo amici, poi solo dopo un po’ di mesi  ci siamo innamorati e sposati”. 

Irene Perali col marito a San Francisco

Parlaci delle protagoniste del tuo libro, le “followives”… 

“Arrivata qui mi ero messa in testa di non finire in giri solo italiani, ma di avere amicizie americane. Però dopo un po’, come tanti altri, ho ceduto alla nostalgia e al desiderio di parlare la mia lingua e ora le mie migliori amiche qui sono italiane. I personaggi del mio libro però sono fittizi, non sono reali, forse solo uno è un po’ autobiografico.

Ovviamente le storie di tante donne che sono arrivate in California al seguito dei loro mariti mi hanno colpito e ispirato. 

Le protagoniste sono giovani donne che avevano appena iniziato a lavorare in Italia o avevano appena finito i loro studi di specializzazione. Una è una consulente aziendale, un’altra una istruttrice di ginnastica, poi ci sono un ingegnere meccanico, una dottoranda in ingegneria e una nutrizionista.

Queste ragazze si sono trovate a dover prendere una decisione molto difficile e importante, che cambierà il corso della loro esistenza: seguire il fidanzato o il marito che ha trovato un lavoro più remunerativo e prestigioso all’estero”. 

Quali sono le caratteristiche delle donne italiane che hanno deciso di emigrare all’estero?

“Ad esempio qui nella Bay Area ho incontrato donne molto più consapevoli delle loro relazioni, più forti, che sanno ciò che vogliono. Quando si segue qualcuno in ‘capo al mondo” di certo ci si aspetta di più dalla propria relazione e si acquista una certa indipendenza anche dalla famiglia di origine. Nonostante la mia famiglia mi abbia sempre lasciata libera di scegliere la mia strada, ricercavo la loro approvazione in ogni mia scelta, limitandomi talvolta. Ora mi sento padrona delle mie decisioni. Credo che soprattutto nei centri più piccoli si tenda a comportarsi per assecondare le aspettative altrui ed è più difficile prendere dei rischi e seguire le proprie ambizioni. La lontananza è difficile, è struggente, ma non sempre una cosa del tutto negativa”. 

Quante difficoltà incontrano le tue “followives” in America? 

“La ricerca del lavoro non è semplice. Hanno parecchie difficoltà con i visti. Se non hanno specializzazioni, phd e master, devono competere con gli americani e anche se parlano bene inglese non si sentono sicure in certi ambienti professionali. 

Certamente essere un ingegnere aiuta molto qui nella Silicon Valley, ma per le altre professioni ci sono più problemi. Poi c’è anche il fattore solitudine, spesso queste donne non riescono a stringere forti amicizie e, soprattutto, sentono la mancanza di una vita mondana. Infatti molte persone arrivando  in California si immaginano chissà quale vita notturna ci sia, ma al di fuori delle grandi città non c’è davvero nulla, si va a dormire presto, le persone preferiscono rimanere a casa e  dopo le 21 ci sono solo pochi ristoranti aperti e spesso nessun locale”. 

Queste donne però, nonostante le difficoltà iniziali, si riscoprono e si reinventano… 

“Sì, anche se non sono tutte felici e realizzate allo stesso modo, troveranno altre strade da percorrere. Ad esempio la nutrizionista, non essendo autorizzata a lavorare per via del suo visto, si reinventerà in un altro modo-che scoprirete se leggerete il libro!

L’istruttrice di ginnastica, carica di speranze sapendo l’importanza dello sport negli Stati Uniti, dovrà invece affrontare le difficoltà di un impiego per cui è iper-qualificata. Tutte vivranno avventure particolari, che porteranno le loro vite a intrecciarsi e a svilupparsi con imprevedibili colpi di scena”.

Irene Perali col suo libro

Ti aspetti che in futuro le cose potrebbero cambiare? Ci potranno essere anche tanti “followhusbands”? 

“I ‘followhusbands’ ci sono già e sono in aumento, ma c’è ancora la mentalità che il lavoro dell’uomo sia più importante e che per un uomo lavorare e raggiungere obiettivi professionali ambiziosi sia più “naturale”. Purtroppo anche fra i ventenni. E’ ancora più accettato socialmente che sia la donna a dover rinunciare alla carriera. Certo spero che in futuro ci potrà essere un numero uguale di uomini e donne al seguito dei rispettivi consorti o fidanzati/e. Nel mio settore, il Tech, vorrei vedere più ruoli di leadership ricoperti da donne. Ma non è un cambiamento che succede dall’oggi al domani. Bisogna iniziare dalle  scuole superiori a instradare più ragazze ad intraprendere carriere nell’ambito tecnologico”.

Pensi che il Tech attiri più gli uomini? 

“Era così quando io ho iniziato l’università-più di dieci anni fa ormai-ora non ho i numeri alla mano. Credo che fosse dovuto a una percezione errata del ruolo dell’ingegnere. C’è poca informazione al riguardo. Si pensa che l’ ingegneria elettronica sia per “smanettoni”, non si sa cosa sia davvero. E’ pura matematica e le donne sono brave in matematica. Non bisogna mai farsi scoraggiare o credere che sia una professione per uomini, non si tratta di saper “smontare” un computer”. 

Ti senti sicura qui in questo particolare momento della storia, nel mezzo di una pandemia e cosi lontana dall’Italia?

“Diciamo di sì, per il mio lavoro non sono preoccupata, è un settore molto richiesto quello dell’ingegnere elettronico. Dal punto di vista sanitario ho una buona assicurazione e se dovessi perdere il lavoro avrei sempre quella di mio marito. Però ho visto tante persone perdere il lavoro, anche prima della pandemia. Qui si licenzia con più facilità rispetto all’Italia, ma il panorama lavorativo è più dinamico ed è altrettanto semplice ricollocarsi in un’altra posizione”.

Che consiglio daresti ad una ragazza che vuole provare a lavorare negli USA?

“Consiglio di specializzarsi in qualcosa che renda il loro profilo attraente per i recruiter oltreoceano. Come la mia esperienza personale dimostra, non è impossibile farsi assumere da una grande azienda, ma il famoso “sogno americano” non è più come una volta: perché un’azienda ti sponsorizzi un visto devi dimostrare di avere del valore aggiunto. Altre strade possono essere quelle di trascorrere dei periodi nelle università americane durante gli studi o cercare aziende americane con sedi in Italia, nella speranza di ottenere un trasferimento”.

Ah, ma il tuo ex fidanzato “abbandonato” poi? Che fine ha fatto?

“Sta benissimo, si è sposato anche lui ed è felice, vive sempre a San Diego”.

Followives, in vendita su Amazon in formato paperback e kindle – in inglese (presto sarà disponibile anche la versione in italiano).

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Isabella Weiss di Valbranca

Isabella Weiss di Valbranca

Isabella Weiss di Valbranca è nata a Roma, ha studiato, vissuto e lavorato in Italia, Singapore e Stati Uniti. Laureata in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista, ha collaborato per varie testate e per Rai International. Ha conseguito il Master in Ingegneria dell'impresa all'Università Tor Vergata di Roma con 110 e lode. Attualmente residente a San Francisco, è molto attiva nella comunità italo americana e ha fatto parte del board della Leonardo Da Vinci Society.

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