A Napoli saranno inaugurate domenica delle pietre di inciampo alla memoria di Amedeo Procaccia, Iole Benedetti, Aldo Procaccia, Milena Modigliani, Paolo Procaccia, Loris Pacifici, Elda Procaccia, Luciana Pacifici e Sergio Oreste Molco, membri della comunità ebraica partenopea, arrestati e deportati nel campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz. Ma a Napoli la Comunità Ebraica diserterà la cerimonia della pietra di inciampo per ricordare le vittime del nazifascismo. È scoppiato un vero e proprio caso istituzionale.
Ne parliamo con Fabrizio Gallichi, già esponente della Comunità Ebraica di Napoli, che ci fa la sua analisi anche di antisemitismo e memoria.

Entriamo subito nel caso napoletano, cosa è successo?
“L’amministrazione comunale di Napoli ha promosso, cosa meritoria, la posa delle famose pietre di inciampo, proposta dallo scrittore giornalista Nico Pirozzi. Le pietre di inciampo ricordano le vittime del genocidio nazifascista nel luogo della loro ultima residenza, in ricordo di alcuni deportati napoletani. Alla cerimonia parteciperà anche l’assessore alla cultura Eleonora de Majo nota per le sue posizioni pregiudizialmente anti israeliane, ecco perché non parteciperanno gli ebrei napoletani che in una garbata, ma ferma lettera aperta motivano tale assenza”.
Partiamo dalla deportazione di Napoli, cosa accadde?
“Deve dirsi che da Napoli non fu deportato nessuno, prima che ciò avvenisse i napoletani furono protagonisti dell’unica liberazione di una città dai nazisti senza l’aiuto di truppe alleate, una ribellione di popolo che va ricordata con la rivolta del ghetto di Varsavia. Furono deportati quei napoletani o abitanti a Napoli che tentarono la fuga. L’iniziativa delle pietre di inciampo, è dello scrittore giornalista Nico Pirozzi (Traditi: Una storia della Shoa), essa costituisce indispensabile esercizio della memoria. Ciò che gli ebrei napoletani eccepiscono è che a testimoniare tale memoria da parte della amministrazione sia una persona la cui unica notorietà è data dai suoi sentimenti verso Israele. Come ben chiarisce la lettera aperta il superare il limite della legittima critica ad una politica di uno Stato, per chiederne la scomparsa è negare di fatto ad un popolo la propria autonoma e libera espressione nazionale”.
Ma quale è la differenza tra antisemitismo ed antisionismo?
“E’ una differenza inconsistente in quanto ambedue i termini si riferiscono a una compressione dei diritti inalienabili dell’uomo. Negare ad un popolo la propria espressione nazionale non è essere contro uno Stato, ma contro un popolo, questo nel caso degli ebrei si chiama inequivocabilmente antisemitismo, celebrare ebrei vittime di tale pregiudizio con chi in forme diverse lo pratica oggi non è evidentemente possibile o accettabile”.
Vuole aggiungere qualcosa alla lettera aperta della comunità ebraica?
“La critica, che chiamerei condanna, non può essere rivolta esclusivamente all’assessore, ma anche al sindaco Luigi De Magistris che la ha autonomamente scelta ed alla quale ha conferito una delega sensibile prima gestita egregiamente dall’assessore Nino Daniele.
Il Sindaco non è solo responsabile delle nomine che attribuisce, ma anche di ciò che i suoi delegati sono e fanno, ma sarebbe come chiedere ad un alcolista di vigilare affinché i suoi sottoposti non bevano. Il Sindaco, infatti, non ha urlato slogan e minacce, ha messo in atto a nome dell’intera cittadinanza fatti impropri per la sua carica che è amministrativa e non politica e che ricadono nella sfera della politica estera. Va detto in questo che anche altri primi cittadini si sono posti come ministri degli esteri della propria città, tanto per citarne uno il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
Il primo cittadino partenopeo ha, tra le cose più vistose, conferito la cittadinanza onoraria ad Abu Mazen capo della Autorità Palestinese che foraggia il terrorismo, insegna nelle scuole l’odio e la cultura del martirio, che ha dimenticato da oltre un decennio di convocare le elezioni previste ogni quattro o cinque anni”.
De Magistris poco dopo ci riprova con la senatrice Segre…
“Quando ha provato, probabilmente per “lavarsi la faccia”, a conferire la medesima cittadinanza alla senatrice Segre ha ricevuto un sonoro e netto rifiuto. Il Sindaco, per fare un altro esempio, espresse l’appoggio della città a quella che veniva chiamata flottiglia e che aveva come scopo introdursi illegalmente nelle acque territoriali israeliane desiderando portare aiuti a Gaza che affermano essere occupata. Su questo punto va fatto un chiarimento, Gaza è rifornita di ogni cosa attraverso uno dei suoi confini, con Israele e con l’Egitto, sapete attraverso quale confine i cittadini della striscia ricevono merci, aiuti, entrano ed escono per, ad esempio, andare in ospedale? Tutti pensano che ciò avvenga attraverso il confine egiziano, niente di più falso, tale confine è sigillato e tutto passa da quello con lo Stato ebraico. Gaza non ha più abitanti ebrei dal 2005 per decisione autonoma del governo di Israele a dimostrare una volontà di pace cui hanno risposto con il lancio di razzi”.

Che cosa sarà proposto come iniziativa alla posa delle pietre di inciampo?
“Ritornando al Sindaco si può affermare che, mentre l’assessore ha esposto malamente gravi posizioni personali, questi ha coinvolto la città tutta in un rapporto con nemici armati e denigratori dello stato ebraico, la posizione del Sindaco è, dunque, assai più grave.
Accusare di un’azione solo l’assessore e non il suo mandante non è giusto e non rappresenta la situazione nel suo complesso.
Gli ebrei napoletani terranno un evento laddove verranno poste le pietre di inciampo in altra data e senza rappresentanti del comune, si concretizza con la opportuna fermezza la distanza tra odiatori che cercano di mettersi la maschera e quanti intendono ricordare il passato per ciò che è stato e guardare al presente con tutti i pericolosi segnali di un nuovo antisemitismo”.
C’è un nuovo antisemitismo?
“Si è sempre detto che l’antisemitismo cambia continuamente pelle, da religioso divenne scientifico (razziale) ed oggi si è trasformato in politico, questo dato è assai significativo per capirne la coltura nella quale cresce. Del vecchio razzismo sono sempre rimasti batteri nascosti che si esprimevano nel buio della profanazione dei cimiteri, con slogan che producevano isolamento, si tratta di un residuo della storia che si guarda allo specchio e prova a negare la shoa o a ridefinirne le motivazioni, ma restava e resta un odio razziale per fortuna assai irrilevante nei numeri e nella capacità di attecchire.
Vi è un nuovo antisemitismo, come dicevo politico, che trae origine da una cultura che sovrappone ed identifica religione e politica. Basta guardare all’Europa con le aggressioni subite anche dagli ebrei, alla istituzione delle sharia zone, ai messaggi antisemiti dei capi politico religiosi per individuarne il focolare. Sia chiaro, questo non riguarda solo gli ebrei, un rapido sguardo ai conflitti in atto nel mondo ci fornisce l’esatta temperatura di una particolare febbre che è l’antico destino autoaffidatosi dall’islam di dominio e che, con alcune pause, segna la storia del mondo dal VII secolo. Se io dico di avere avuto un mandato da Dio, non ho la possibilità di accettare alcuna mediazione ma posso esclusivamente praticare in maniere fideistica l’ordine che ho ricevuto, da qui l’estrema difficoltà di una civile convivenza.
Di questo antisemitismo si fanno, molte volte inconsapevolmente, alleati quanti vedono nei portatori di tale odio il nuovo proletariato, la nuova forza capace di cambiare il mondo, tra questi, consapevoli o meno, inserirei l’assessore napoletano alla cultura ed il suo sindaco”.
Cosa fare contro questo nuovo antisemitismo?
“Usare il ricordo per vaccinarsi contro l’odio è cosa a cui il giornalista Nico Pirozzi si dedica con grande dedizione e sapienza. Egli introduce nella narrazione della Shoha delle modalità che coniugano la vita e l’orrore. Pensare a sei milioni di assassinati è cosa difficile da percepire, bisognerebbe spiegare che si tratta di sei milioni di volte la nostra singola e unica vita. Ce lo segnalò il regista Spielberg nel famoso “Schindler’s list” dove il solo elemento di colore è dato da un cappottino rosso, dimostrando così che si trattò di uniche ed irripetibili vite. Nel raccontarci quella prima del disastro Pirozzi fornisce colore e vita alle vittime, ci consente di scoprire che siamo noi, proprio noi ad esserlo. E’come, facendo un paragone improprio e semplicistico, se ci narrasse di un bimbo con la propria cartella che va a scuola sognando di un gioco o ripassando con timore una lezione ad Hiroshima un attimo prima della bomba. Di quel bimbo, come delle vittime della Shoa di cui ci racconta Pirozzi, nessuno potrà mai dimenticarsi”.
Uno spunto sull’attualità?
“In queste giornate segnate da venti di guerra bisogna diventare soldati di pace, portare ciascuno il proprio contributo perché i violenti, quelli che schiacciano i popoli, quelli che non hanno nessuna remora allo stermino vengano isolati e resi inermi, l’ombra di una nuova intolleranza è visibile ad ognuno e, come dice la lettera aperta degli ebrei partenopei, in gioco ci sono anche la democrazia e le nostre libertà”.