Un giorno, a Verona, un famoso calciatore, “colpevole” di avere la pelle nera, viene insultato dalla tifoseria avversaria, e non perché, magari, gioca da cani; perché è nero di pelle. Il giorno prima può capitare che una libreria romana nella notte prenda fuoco, distrutta. L’incendio è doloso, ne aveva subito un altro qualche mese prima; avrebbe dovuto riaprire, e proseguire la sua iniziativa culturale di chiaro orientamento antifascista; capita che una reduce del campo di sterminio di Dachau, la senatrice Liliana Segre, ogni giorno si trovi sommersa la sua casella di posta elettronica con messaggi di minaccia, il più gentile dei quali promette che prima o poi verrà completato il “lavoro” dei nazisti, e i campi di sterminio riprenderanno a funzionare; capita che dei militanti di “Forza Nuova”, movimento dichiaratamente di estrema destra abbia la brillante idea di esibirsi con uno striscione che contesta la presenza della stessa Segre, a un’assemblea di studenti a Milano; e capita che quando in Parlamento si deve votare la proposta della stessa senatrice, di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta che studi e indaghi sul fenomeno, e le varie forme di razzismo e discriminazione che si vanno manifestando nel paese, ecco: i partiti del centro-destra si astengono: la Lega di Matteo Salvini, i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, perfino la Forza Italia di Silvio Berlusconi non votano la commissione: la considerano un “qualcosa”, una sorta di grimaldello per far passare non si capisce bene cosa, con il pretesto del razzismo…
Ci sono delle lodevolissime eccezioni; alcuni senatori, soprattutto di Forza Italia, non condividono la scelta astensionista, e votano secondo quello che detta loro la coscienza; ma sono quanti le dita di una mano. Ma non è solo il voto di astensione. La cosa che maggiormente offende, è che all’entrata dell’anziana senatrice, ostentatamente, volutamente, non si alzano in piedi per renderle omaggio. Ostentatamente, volutamente restano ben incollati sui loro scranni senatoriali. Nessuno di loro sente il dovere di accorrere a esprimere solidarietà, vicinanza, comprensione. No, tutt’altro.
In questo clima di odio e di intolleranza accade poi che il segretario della Lega di Lecce, Riccardo Rodelli, si senta autorizzato a scrivere un comunicato dove la senatrice Segre viene definita “Una nonnetta” usata come “avanguardia e maschera” per scopi politici; la Commissione viene definita “una trappola”. Segre sarebbe un personaggio “che non può essere attaccato, una vecchietta ben educata, reduce dai campi di concentramento, mai eletta. La Mrs. Doubtfire di Palazzo Madama…Ovvio che qualcuno, la Casta, l’Establishment, il Padronato, chiamatelo come volete, cominciasse ad allarmarsi di tutte queste ‘parole in libertà’. Del resto le rivoluzioni si inaugurano con le nuove parole, le dittature con l’abrogazione, la proibizione, la mutazione delle parole. Ovvio che corra ai rimedi, ovviamente ammantati dei più santi e venerabili principi provvisori che contraddistinguono la loro etica imputridita di doppiopesismo e doppia e magari tripla morale”.
Un delirio che deve esser sembrato troppo agli stessi leghisti, che hanno costretto questo signore a lasciare la carica di segretario, e si sono dissociati sostenendo che ha parlato a titolo personale. Ma il problema è che si sia sentito autorizzato ed esprimersi in questo modo: che non ne provi vergogna; e che probabilmente il suo “dire” è un “pensare” di altri; di tanti altri, che fino a ieri per pudore o timore, si limitavano a rimuginare le loro scempiaggini a bassa voce; e oggi, in un clima che valutano non a torto favorevole, queste criminali corbellerie vengono “tranquillamente” esposte, gridate. Riferendosi a queste manifestazioni la senatrice Segre dice che sono “persone per cui occorre avere pena e che vanno curate”.
E’ qualcosa di più, e di più grave di una malattia da curare, e la “pena” non basta. Siamo al punto che diventa “normale”, a questo siamo arrivati!, che una reduce da Dachau, la senatrice Segre, per le troppe minacce ricevute sia stata “dotata” di una scorta armata che ha il compito di vegliare sulla sua incolumità. Da anni troviamo “normale” che sia pericoloso indossare una kippà; e da anni a Roma, Livorno e altrove, è “normale” vedere militari in protezione di luoghi di culto come la sinagoga. Non è un passato che torna; è un passato che non è mai passato, che forse non passerà mai.
E’ una “peste”. La letteratura ce ne offre tre tipi. Quella manzoniana, ne “I promessi sposi”; colpisce indifferentemente i buoni (frate Cristoforo) e i cattivi (don Rodrigo). Risparmia solo il pusillanime: don Abbondio.
C’è poi la peste della Maschera rossa di Edgar Allan Poe. Il morbo infuria, e il potente arrogante pensa di trovar la salvezza, assieme a una schiera di scelti sodali, standosene ben serrato nel castello. Poi arriva quella misteriosa maschera. Alla fine, non c’è salvezza; il serrarsi dentro, è illusione. Non è con l’indifferenza e il voltare la testa che si viene risparmiati dalla “peste”.
Infine la “peste” di Albert Camus: annunciata da un topo morto; tutti sottovalutano quel topo. Nessuno comprende, fino a quando il germe non provoca la strage. Alla fine i medici trovano l’antidoto, la “peste” viene debellata; ma il bacillo cova, pronto a riesplodere quando meno te lo aspetti. Si deve, insomma, vigilare, vigilare sempre.