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May 20, 2019
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La pizza napoletana che resta tale anche a New York: intervista con Gino Sorbillo

Siamo stati alla pizzeria sulla Bowery per una chiacchierata con il maestro pizzaiolo che ci racconta una storia di famiglia

Chiara BarbobyChiara Barbo
La pizza napoletana che resta tale anche a New York: intervista con Gino Sorbillo

Gino Sorbillo nella sua pizzeria a New York (foto di James Collier)

Time: 4 mins read

Gino Sorbillo è probabilmente il pizzaiolo più famoso d’Italia, e a New York ha aperto da qualche tempo una pizzeria sulla Bowery, ha in progetto di aprirne un’altra appena possibile. Una anche a Miami, città che negli ultimi anni è diventata la mecca negli Stati Uniti dell’alta cucina, tra qualità e sperimentazione.

“Vengo da una famiglia di pizzaioli, mio nonno si dedicava alla pizza al forno e mia nonna alla pizza fritta. Hanno avuto ventuno figli, mio padre era il diciannovesimo di questi figli e io faccio del mio meglio per continuare la tradizione di famiglia”. Gino Sorbillo non è solamente il pizzaiolo dei vicoli di Napoli, ma è anche quello che ha portato la pizza in televisione, ha fatto documentari sulla pizza per decine di televisioni italiane e straniere, ma non è uno dei tanti cuochi e ristoratori arrivati alla ribalta proprio grazie alla tv, tutt’altro.  Non solo perché arriva da una famiglia di pizzaioli napoletani, ma perché fin da ragazzino ha cominciato ad appassionarsi alla pizza, e curiosità, inventiva e un gran lavoro lo hanno portato ad essere ospite delle trasmissioni di cucina più note (in molti lo riconosceranno avendolo visto per anni vicino ad Antonella Clerici ne La prova del cuoco e adesso nel programma Detto Fatto) e ad aprire le sue pizzerie anche a Roma, Milano e appunto New York.

“Il mio lavoro per me è sempre stato una missione, cioè quella di adattare la pizza ai tempi che sono cambiati e che continuano a cambiare. In ogni mestiere esiste un’evoluzione, per me è importante tenere la tradizione e renderla attuale. In questo senso ho anche saputo utilizzare la mia esperienza in televisione e cavalcare i social media, per aprirmi al mondo pur restando napoletano, ma non in senso folcloristico. Per troppo tempo il pizzaiolo napoletano era quello che faceva girare la pizza in aria e cose di questo genere. Inoltre grazie anche i social si sono accesi i riflettori sul mondo della pizza, e questo ha avvicinato tantissimi giovani, ed è una cosa estremamente positiva. L’importante – prosegue Sorbillo – è che queste trasmissioni televisive vengano viste come stimolo, servano da spunto, ma poi ognuno deve prendere la propria strada, guardandosi intorno, usando quello che si ha intorno per creare qualcosa di proprio, la propria pizza, non ha senso guardare queste trasmissioni semplicemente per copiare quello che fa qualcun altro”.

Qual è il futuro della pizza negli anni della globalizzazione, il futuro della vera pizza napoletana, della pizza di qualità?

“La pizza può fare ancora tanta strada secondo me. Pensiamo che alcuni anni fa la pizza ha vissuto un periodo di appiattimento, il pizzaiolo era considerato un ristoratore di serie B, la sera andavano a mangiare la pizza quelli che non si potevano permettere il ristorante, questa era la mentalità comune. Ma già da ragazzo, e siamo alla metà degli anni Novanta, ho capito che la pizza non era quella cosa lì… Bisogna dare alla pizza identità, il pizzaiolo deve dare una sua impronta, che è il valore aggiunto della pizza, metterci quello che ha vissuto, quello che visto, il territorio…”

E qui arriva un altro aspetto importante del lavoro e della vita di Gino Sorbillo, che lo ha portato sotto i riflettori suo malgrado, ma per cui è diventato un esempio importante di quella Napoli sana e coraggiosa che si ribella alla Camorra, anche in una quotidianità non sempre facile. “Ho rischiato anche la pelle per fare quello che ho fatto e per continuare a farlo – racconta Sorbillo, che da anni subisce gli attacchi della Camorra –  Ho cominciato nel 1995, e sono consapevole di aver dato e di continuare a dare fastidio a chi vuole tenere Napoli in certe condizioni, a chi vuole mantenere il pizzo, obbligare a comprare certi prodotti piuttosto che altri… Io sono stato nell’Arma dei Carabinieri, sono legato alla Magistratura, sono anche molto generoso se si tratta di sostenere cause importanti, beneficienza, ma se mi viene il guappo, il cretino che mi minaccia, un secondo dopo chiamo la polizia, a queste cose io non ci sto. E queste cose mi hanno creato grandi problemi…”.

Ultima, la bomba nella sua pizzeria, lo scorso 6 gennaio, per cui le indagini sono ancora aperte.

Tornando a New York, nella città dove sono presenti tutte le cucine del mondo, tutte le firme della cucina internazionale e soprattutto nella città che rivendica con orgoglio la sua pizza tradizionale, la New York pizza, Gino Sorbillo ha portato la pizza napoletana, non che non ce ne siano altre in città ma ognuno, come si diceva, con la pizza porta una propria impronta, la propria storia, e non è scontato, soprattutto in questa città in cui la concorrenza è spietata così come lo sono gli affitti, e i gusti seguono spesso le mode. “Io ho tenuto la mia ricetta originale, non ho adattato il prodotto ai gusti locali, come spesso si fa, per avere successo. E naturalmente è più rischioso, anche perché la clientela americana è abituata a una pizza più croccante rispetto a quella napoletana. Credo però che il mondo della pizza sia vario, che ci siano tanti mondi della pizza. Quella napoletana per me è la base, è l’ABC diciamo, poi ognuno ci mette la sua tecnica, personalizza il prodotto. Anche in Italia è così, ci sono tanti pizzaioli bravissimi che hanno creato una loro pizza e con successo”.

Il giudizio sul palato dei newyorkesi? “E’ molto simile a quello dei milanesi. Qui c’è molta offerta, molta concorrenza, e questo aiuta il cliente naturalmente ma aiuta anche il ristoratore a fare meglio. Qui a New York c’è molto bio, molta attenzione agli ingredienti, ai dettagli, anche una certa artisticità data dai cuochi, dai ristoratori, e questo mi piace molto”. E a noi piace molto l’idea di avere un pezzetto in più di Napoli a New York, ed è tra l’altro è un pezzetto molto gustoso!

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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