Strano svegliarsi la mattina con il sole e sorridere alla primavera che sta arrivando e rallegrarsi del calore che riempie la casa dalle finestre.
Giusto il tempo di ricordarsi che siamo in periodo di Coronavirus.
Uno strano, esotico impedimento che ci obbliga oramai a restare in casa, ognuno la sua e dare seguito con responsabilità alle decisioni che rispettiamo per superare presto questo momento.
E allora anche #IoRestoACasa, dove le giornate scorrono, ritmate da abitudini casalinghe che iniziano a consolidarsi anche per uno che come me è abituato a una vita molto dinamica, a viaggiare, spostarmi per lavoro, incontrare persone e curare le relazioni personali e pubbliche. Alla fine questa quarantena forzata ci fa anche riflettere e pensare che le vite come la mia sono estremamente dinamiche, forse anche troppo.

Si inizia, per esempio, riscoprendo il piacere di una colazione più tranquilla avvolto dal calore del sole che entra dalla finestra e dalla risata della famiglia, poi doccia e Tapis Roulant per attivarsi e pensare che ci troviamo di fronte ad un altro giorno da affrontare in previsione di quando tutto tornerà alla normalità.
Perché presto, sono sicuro, il nostro Paese e il mondo, torneranno a viaggiare ai ritmi di sempre, forse anche con qualche giusta pausa in più.
Proprio per questo, continuo a incontrare i miei collaboratori a casa, nel rispetto delle regole ed evitando il più possibile spostamenti e riunioni a più persone.
Nell’attesa ho ripreso la mia chitarra in mano e mi rendo conto di non aver dimenticato quasi nulla del mio vecchio talento. Un po’ come andare in bicicletta, quelle cose che una volta imparate non le dimentichi più, anche se per troppo tempo le hai messe da parte completamente assorbito da altri impegni. Ne riscopri il fascino, quello stesso che da giovane mi aveva spinto a provare ininterrottamente accordi su accordi per arrivare a suonare la canzoni preferite e partire da studente con l’interrail e poi da professionista della musica.

Riesco anche a ritagliarmi il tempo di continuare a leggere i miei due libri “La polvere del Messico” di Piero Cacucci (per la 3ª volta) e “Il Potere del Cambiamento” del mio amico Dario Silvestri (stupendo e molto istruttivo). Cosa che troppo spesso confinavo alle ore di volo che sembrano spesso interminabili e che allieto perdendomi nelle pagine dei libri che scelgo come compagni di avventura.
Ma non c’e’ solo riposo e otium, di cui sto riscoprendo il senso originario latino, tra Orazio e Ovidio, come momento imprescindibile per il raggiungimento della felicità, bisogna anche pensare ai progetti futuri, perché’ supereremo il Coronavirus e le misure di quarantena e riprenderemo a viaggiare, a parlare di cultura ed eccellenze italiane nel mondo, a portare i nostri giovani talenti a New York e altrove, come abbiamo fatto negli ultimi dieci anni senza quasi respiro.
Immagino cosa potremo fare, nell’attesa dell’arrivo dei miei collaboratori e aspetto, spesso con la curiosità, quasi spasmodica come quella di un bambino, di scoprire a cosa loro avranno pensato di proporre. La forza di un lavoro di squadra non è pesare di avere tutte le soluzioni, ma sapere che qualcun altro può avere idee migliori delle tue … delle mie.
Nel frattempo, su Spotify è partita una compilation delle più famose ballate della musica Rock e ripenso ai miei viaggi di studio da Studente, All’Inghilterra, con un altro folle innamoramento sulle spiagge di Hastings, ad Eastbourne con l’eterea Svedese (sarà per sempre pensavo), e quindi settembre in Scandinavia con i soldi guadagnati (friggendo Fish and Chips) come conseguenza naturale.
La cosa più bella di quando arrivano i miei giovani collaboratori è che lo spirito è quello di considerare come se il tempo fosse nelle nostre mani invece che sulla coscienza di uno stupido virus vigliacco che ci obbliga a restare in casa e sospendere le attività.
Nascono idee e progetti che seguono quelli precedenti già realizzati a NY e altrove, insieme con date e periodi, “perché il virus passerà” ci ripetiamo spesso. Ci troveranno pronti, come siamo sempre stati, siamo fatti cosi.
Passerà sul sacrificio di molti, che non avremo mai abbastanza tempo di ringraziare, questa sospensione apparente che noi cerchiamo di sconfiggere lavorando ridendo e ridendo lavorando perché molte cose dipendono da queste decisioni: persone, progetti, collaborazioni globali e ragazzi che aspettano noi e le nostre idee per inserirsi nel “nostro piccolo quadro”, il quadro di Learn Italy, che sembra faccia sognare più di uno da entrambe le parti dell’oceano e del mondo.
Arriva la sera, la cena è quasi pronta. La TV è una sequenza di immagini ma l’audio è un sottofondo lontano, cerco di evitare parte del bombardamento di notizie. Covid stasera non mi avrai, penserò solo a cose belle guardando Giulia che costruisce cose e ha trovato il suo hobby e Roberta che fa le sue cose, ho chiamato e mamma sta bene. Anche mio fratello che dalla Repubblica Ceca dove vive mi dice tutto ok. Allora penso che il calore più grande che una persona possa avere è quello dell’abbraccio (ideale viste le misure) degli affetti e delle persone care.
E’ sera tardi, un altro giorno e passato e le persone più importanti per me stanno bene anche oggi, mentre dentro mi viene un misto di tristezza e incazzatura pensando ai tanti che stanno andando via ed ai medici, agli infermieri esausti. A quanti si stanno prendendo cura di noi svolgendo un servizio insostituibile; persone a cui deve andare il nostro ringraziamento e la nostra eterna riconoscenza.
Anche oggi è andata e abbiamo creato qualcosa forse di buono. Ripenso al tempo che posso passare a casa e, a pensarci bene, lo apprezzo tantissimo perché non lo conoscevo così.
Il Covid-19 ti può togliere tantissimo, può far crollare anche gli eroi più forti, ma può anche restituirti del tempo per te, per i tuoi sogni, per i tuoi progetti e i tuoi pensieri.
Vedo un film, arriva Morfeo. Non vedo l’ora che arrivi domani per ricominciare, per contare un giorno in più dal mio terrazzo assolato di primavera.