L’acciuga come metafora dell’uomo che interroga il mare quale fonte di vita. Un’attività di pesca antica, che affonda le radici nel Mediterraneo, dagli egiziani ai greci, dai romani fino ai nostri giorni. Una storia millenaria. Con la Sicilia che, lungo lo scorrere dei secoli, è sempre stata al centro di quest’attività di pesca. Anche con riferimento alla lavorazione di questo straordinario pesce azzurro. Basti pensare agli stabilimenti per la salagione di Sciacca, in provincia di Agrigento. O a quelli di Porticello, in provincia di Palermo. Ma ci sono anche altre realtà: come la Delicius Rizzoli spa di Parma, azienda storica della conservazione del pesce.
Così abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con Irene Rizzoli, che è la manager di quest’azienda leader nella conservazione del pesce che opera, come già accennato, a Parma. Abbiamo incontrato Irene Rizzoli all’Expo di Milano, nel corso di un convegno imperniato proprio sulle attività di pesca: "Nutrire il Pianeta e il contributo dell'economia del mare". Incontro promosso dalla Federazione del Mare, da Promos, dalla Camera di Commercio di Milano e, naturalmente, da Expo 2015. Dalla chiacchierata con la manager dell’azienda parmense, come vedremo, è spuntata prepotentemente la Sicilia.
Al convegno internazionale, abbiamo incontrato, tra i relatori, Irene Rizzoli, Product Development Manager, per la Delicius Rizzoli spa di Parma, azienda storica della conservazione del pesce. Parliamo delle famose acciughe sott'olio, delizia mediterranea che non manca mai nella tavola italiana e del nuovo libro edito da Electa Mondadori, a cura di Irene Rizzoli, foto di Stefania Giorgi con l’introduzione di Gioacchino Bonsignore.
Allora, quando nasce la Delicius Rizzoli?
"La Deliciuos nasce a Parma, che è un po' la culla delle conserve di qualità come le alici. L'azienda vede la luce qtarant’anni fa, con l'obiettivo di puntare sulla qualità. Oggi siamo qui per parlare dei temi di Expo ‘Nutrire il Pianeta’. E del contributo dell'economia marittima, che non può prescindere dalla sostenibilità ambientale e sociale. L'azienda, nel passato, aveva sede lungo le cosiddette ‘Vie del Sale, in Piemonte. Il pesce arrivava da Genova e si lavorava. Poi, nel 1974, ci siamo trasferiti a Parma”.
Da dove arriva il prodotto che lavorate?
“Noi, per il nostro prodotto, visto che puntiamo sulla qualità, abbiamo sempre cercato di instaurare con i nostri equipaggi e, in generale, ci i titolari dei pescherecci dai quali ci riforniamo un rapporto diretto, magari individuale e possibilmente duraturo. Passaggio necessario per garantire tutta la filiera".
Che ruolo ha la Sicilia nella vostra produzione?
"Nel Canale di Sicilia si pescano diverse alici. Purtroppo la produzione siciliana va molto sul mercato del fresco e poco sul mercato delle conserve. Una volta era diverso, perché si utilizzavano molto le acciughe pescate in Sicilia. Oggi, anche grazie alle vie di comunicazione più facili, il mercato siciliano è improntato soprattutto sul pesce fresco. Detto questo, a mio avviso, le acciughe siciliane sono le migliori al mondo”.
Insomma, comunque lavorate con pesce pescato nel Mediterraneo.
“Certo. Noi utilizziamo il pesce pelagico che nuota nel Mediterraneo. Va da sé che, essendo i leader in Italia, non possiamo approvvigionarci solo da una marineria. Insomma, operiamo con diverse realtà marinare. Ma il pesce siciliano è il numero uno. Aggiungo che le acciughe vengono pescate nelle notti senza luna, nel rispetto del mare e dei suoi fondali. La pesca avviene ancora con il metodo tradizionale, coi pescherecci a lampara”.
Una pesca molto romantica! Quante persone ci lavorano?
"Tra tutti gli stabilimenti abbiamo un migliaio di dipendenti. Abbiamo i maestri salatori, che sono siciliani, ai quali chiediamo di portare avanti la tradizione siciliana, unica al mondo. La salatura si fa con il metodo tradizionale, tutto fatto mano. Le alici, gli sgombri, tutti pescati nel Mediterraneo, nel Canale di Sicilia e Mare Adriatico. Attualmente siamo presenti con distribuzione e vendite in 5 Paesi del mondo: Giappone, Australia, Svizzera, Inghilterra, Corea. Operiamo con 9 stabilimenti nel Mediterraneo, assicurando la nostra presenza direttamente sui luoghi di pesca, ove la materia prima viene accuratamente selezionata e controllata dal punto di vista microbiologico ed organolettico. Seguiamo attentamente tutta la filiera. Questo ci consente di ottenere un prodotto di qualità. Nonostante una vocazione necessariamente internazionale dell’azienda, Delicius resta profondamente italiana”.
A breve sarete ospiti ad un Fiera a New York sul Food: il vostro prodotto piace agli americani?
"In America si deve costruire ancora una cultura su questo prodotto, perché a volte la dinamica del prezzo ha giocato un brutto scherzo per la qualità. Il nostro è un prodotto tipicamente mediterraneo e fa un po' fatica a raccogliere i gusti degli americani. La prossima settimana, dal 29 giugno al 1 luglio, c'è Fancy Food a New York, una fiera internazionale. Esporremo i nostri prodotti. Con una certa fiducia, perché abbiamo ben presente il mercato americano. Da poco abbiamo pubblicato un libro per Mondadori”.
Un libro? Il titolo?
"Alice o Acciuga? Volume edito da Electa Mondadori, con foto di Stefania Giorgi con l’introduzione di Gioacchino Bonsignore”.
Ci racconti per grandi linee questo tuo libro?
“Due nomi per un solo pesce, che si mangiava sin dall’antico Egitto. Poi greci e romani con il garum, celebre condimento. Cibo consigliato durante i giorni bui del Concilio di Trento. L’acciuga, nel tempo si è imposta anche alle corti nobiliari. E’ possibile vedere il preview del libro collegandosi al sito http://www.aliceoacciuga.com. racconto storie e aneddoti e ricette del pesciolino in scatola più goloso al mondo. Un volume scritto in doppia lingua, italiano e inglese, che racconta le dinamiche della pesca, come nasce la nostra azienda, come l'acciuga viene conservata. Un libro che descrive un percorso fatto di passione, di duro lavoro e di creatività: dalla pesca alla salatura, dalla conservazione all’inscatolamento, l’acciuga è il centro della storia di un’epoca di grande fermento imprenditoriale, caratterizzata anche dall’evoluzione del design industriale che ho delineato con dovizia di particolari”.
Tante storie, insomma?
“Sì, tante storie in bianco e nero, nutrite da documentazioni storiche di autori, eventi economici del secolo scorso, inframmezzati da una cultura popolare che intreccia la storia degli uomini del mare, unendo i pescatori, l’antico mestiere degli acciugai e quello dell’industria. L’acciuga segue un procedimento fatto a mano, dalla salatura alla filettatura. La macchina arriva solo per chiudere l'imballo. Gli americani vedranno i nostri prodotti, assaggeranno le nostre acciughe, poi il libro sarà una buona occasione per farci conoscere negli Stati Uniti. Mi auguro che gli americani apprezzino il nostro gusto di fare le cose".
Foto tratta da nicolanatili.it