Talvolta lontano dal proprio mondo si trova un mondo mai neppure sognato. Abitato da individui speciali che non pensavi avresti mai potuto incontrare. E ti trovi a navigare placidamente con loro in un piccolo grande spazio senza tempo, perché non è scandito dai ritmi usuali e il vivere è un lasciarsi scorrere su una liquidità infinita. I mostri marini stanno sotto e ti potresti rovesciare, ma tu ti senti protetto da quei naviganti.
È come la vita, ma sei fuori dalla tua vita e ci stai da dio. C’è sempre un dio per tutto, ma bisogna saperlo trovare. Molti nomi sono stati dati al mare dagli antichi. In Sardegna era Forco, il vecchio del mare che rappresentava i pericoli nascosti delle profondità marine. Figlio di Ponto, il mare dell’esperienza che tutti dobbiamo attraversare vivendo. Qualcuno però teme di imbarcarsi: non sa cosa si perde. Perché chi non naviga non vive compiutamente. La terra non è terra senza il mare: non è approdo, ritorno, salvezza. Il vento ti penetra ma ti conduce e c'è sempre un sole o una luna ad indicarti la via.
Quando sei giovane pensi che potrai condurre qualsiasi barca da solo, talvolta perfino riesci a convincere qualche moltitudine (vedi i nostri governanti, con quali risultati…), ma se con l’età hai acquisito un po’ di sale in zucca, infine comprendi che sei già fortunato se sei chiamato a far parte dell’equipaggio.
Bando alle metafore, la storia reale che mi è capitata è questa: sono stata invitata a far parte dell’equipaggio di Viriella, la barca a vela di 36 metri del costruttore Vittorio Moretti, per partecipare alla Rolex Maxi Yacht Cup che si tiene ogni inizio di settembre a Porto Cervo, in Sardegna. E fin qua, nulla di particolarmente strano. Neppure il fatto che si tratti della più prestigiosa regata d’Italia, corollata da serate in un ambiente esclusivo tra personaggi famosi urbi et orbi. Questo tipo di frequentazioni non mi ha mai fatto né fresco né caldo, forse perché non sono mai stata portata a divinizzare i vivi per fama e non per merito, preferendo credere che gli dei stanno ancora sull’Olimpo. Come dentro di noi, è la stessa cosa, il difficile però è risvegliarli. Ecco perché non tutti nascono con l’attitudine di condurre la barca. Voglio dire che senza avere in sé determinati valori etici e caratteriali, la barca prima o poi fa acqua. E c’era a Porto Cervo qualcuno che aveva in apparenza una barca sanissima, ma la coscienza in fondo al mare.
Invece il mio ospite Vittorio Moretti conduce da 72 anni un bastimento solido fatto d’amore per la famiglia, passione per il lavoro e senso di responsabilità per i 700 dipendenti che lavorano per lui. Veleggiare sulla sua Viriella è stata una lezione di vita, ma certi segreti, purtroppo per me, non s’imparano. Nel senso che, sebbene condividiamo i medesimi valori, non ho le sue attitudini imprenditoriali. Tuttavia non me ne rammarico: è già molto poter conoscere persone simili, sapere che esistono ti mette in pace con il mondo.
Moretti è un self made man che ha cominciato a lavorare a 8 anni raccogliendo chiodi storti nel dopoguerra per aiutare il padre che aveva una piccola impresa di costruzioni a Milano. A 14 anni decise di lavorare di giorno e studiare alle scuole serali e a 26 si sposò e aprì la sua prima azienda di costruzioni. Uomo di grandi intuizioni: il primo ad affermarsi nel prefabbricato, il primo a scoprire le potenzialità vitivinicole della sua terra, la Franciacorta, dove oggi produce un milione e mezzo di bottiglie di Bellavista, riuscendo a dare filo da torcere allo champagne e alla ristorazione francese, nel suo divino relais chateau L’Albereta. Poi si è spinto verso il mare, producendo yacht spettacolari, i Maxi Dolphin e imprigionando l’aria del Tirreno nei rossi della tenuta La Badiola, affiancata da un albergo delizioso, L’Altana. E la storia sarebbe ancora lunga, ma come tutte le vere storie va centellinata per poterla assaporare.