New York è una città bastarda. Una città viva, alimentata da un’energia costante fisicamente percepibile. Un posto che ti promette, ma che prima ti richiede sempre qualcosa in più, imponendoti di spingerti oltre, superando tutti quei limiti di capacità e sopportazione insiti in ogni essere umano.
Non è una città adatta a tutti, ma se siete tra quei masochisti che subiscono il fascino della sua energia carismatica, allora la dimensione newyorchese diventa una sorta di droga, di cui difficilmente si riesce a fare a meno. E allora ecco che ci si ritrova invischiati in una vera e propria relazione con questa città unica. Una relazione a volte di lacrime e sangue, ma d’altronde si sa, i grandi amori raramente sono semplici.
Al di là degli innumerevoli problemi pratici, una delle difficoltà maggiori, è che spesso la relazione con la città, è l’unica relazione che si ha in questa città.
Infatti, nonostante gli oltre 8 milioni di esseri umani stanziati nella New York City area, le persone sono spesso profondamente sole.
Si possono fare moltissimi incontri, ma instaurare relazioni profonde e durature, è estremamente raro. Per le donne single poi, trovare un partner stabile decente è praticamente utopia.
La prima cosa che salta agli occhi appena ci si affaccia alla vita sociale della grande mela, è che le donne sole disponibili, di qualunque età ed estrazione sociale, sono immensamente più numerose degli uomini etero papabili. Se vedete un ragazzo carino, in grado di mettere insieme frasi di senso compiuto, che conosce l’uso del sapone e che pare aver abbandonato truzzolandia, state certi che è gay, oppure già impegnato, oppure ben felice di non impegnarsi. Ne consegue che la competizione per aggiudicarsi un esemplare di maschio etero mediamente attraente è veramente agguerrita.
“Mi sono sempre considerato uno sfigato con le donne, poi sono arrivato a New York”, mi ha detto una volta un mio amico italiano che di certo non incarna l’ideale di bellezza comunemente condiviso.
Qui le donne single sono tante, agguerrite, e abituate a cacciare uomini sentimentalmente inetti, quindi gli esemplari maschili italiani, che se non altro di solito la sanno almeno raccontare, spopolano.
Per analizzare le dinamiche di incontri e accoppiamenti nella city, ho iniziato con lo studio della fauna newyorchese nel più storico habitat del rimorchio: il bancone del bar, luogo di interazioni sociali ricreative per eccellenza.
La mia indagine è partita da Fabbrica Restaurant & Bar, uno dei locali più cool della trendissima Williamsburg, dove in un venerdì sera di questo gelido inverno newyorchese ho chiesto la verità su incontri, relazioni, sesso e sentimenti, a chi occupava, con le sue storie, prospettive e intenzioni, uno sgabello al bar.
“Sicuramente esistono persone che vivono relazioni felici, ma io non sono una di queste”, dice C., una ragazza ventenne, carina, ma già alquanto delusa e scettica.
“Certo, se cerchi qualcosa di serio è complicato, ma se ti vuoi divertire, allora qui è come essere al parco giochi”, dice E., uomo trentenne, manager e belloccio, evidentemente alquanto compiaciuto dalle sue numerose conquiste. Sicuramente E. si deve divertire parecchio, come pure moltissimi altri uomini del suo target, dai quali innumerevoli donne bramano attenzioni, ma in questo consumo bulimico di sesso e di esseri umani, dove sono finiti i sentimenti? È ancora possibile abbassare le difese e lasciarsi andare quel tanto necessario per entrare realmente in contatto con qualcuno? E soprattutto, è ancora possibile trovare l’amore?
“Quando il momento arriva e ti senti pronto per impegnarti, lo sai – Dice E. – Se non sei nel momento giusto della tua vita, non sei interessato neanche alle donne migliori”. Secondo questa teoria, se l’uomo non è disponibile, snobberebbe anche una proposta di esclusività dalla letalmente fascinosa Scarlett Johansson. Insomma, pare proprio che gli uomini papabili abbiano la percezione di avere a disposizione fin troppa scelta, quindi chissenefrega se si lasciano scappare una partner perfetta, tanto ne hanno quante ne vogliono… Ma davvero?
“Io ho incontrato il mio fidanzato qui a New York, e lui ci ha messo un anno a decidere di impegnarsi con me”, dice K., una bella addetta alle vendite venticinquenne. Quindi c’è chi ce l’ha fatta, ma come? Sono curiosa di sapere se l’applicazione di quelle “regole del dating” assurde, che molte americane seguono come la Bibbia, del tipo “deve chiamare o messaggiare lui, perché se lo fai tu sei una sfigata”, eccetera, funzionano. “Io ho avuto solamente tanta pazienza – dice K. – non credo possano essere utili delle regole ridicole. Conosco persone che le seguono, ma non mi sembra che poi abbiano più successo di altre”.
Pare che a trovare l’amore ci sia riuscita anche V., libera professionista quarantenne, che ha aspettato solamente due anni, prima che il suo attuale marito si decidesse a definirsi “in una relazione” su Facebook.
“Tutti dovrebbero lasciarsi andare e vivere il momento, così intanto ci si gode la vita, poi chissà, magari dal sesso può nascere anche altro”, dice il barista figo latino, che sicuramente deve avere il suo bel da fare a smistare il traffico di poverette pronte ad accoglierlo nel proprio letto.
“Io non ho incontrato mia moglie a New York, ma su un aereo”. Dice B., professionista quarantenne, che ha un’interessante opinione sulla difficoltà relazionale newyorchese: “In una grande città è molto difficile incontrare casualmente le stesse persone, quindi ci si deve preoccupare meno di farsi la reputazione dello str…, mentre in realtà più piccole ci si può rovinare l’immagine più facilmente”. Quindi sarebbe la reputazione l’unica cosa che conta? A quanto pare per alcuni è così.
“A New York le persone sono impegnatissime col lavoro, la carriera o semplicemente a cercare la propria strada e il modo di sopravvivere – Dice H., account ventiseienne, uomo – Spesso non si ha proprio il tempo per il romanticismo”. Ma non sarebbe tutto più facile con qualcuno a fianco?
Pare assurdo come nella città universalmente nota per il mettersi in gioco professionalmente, le persone sono poi incapaci di mettersi in gioco sulla sfera personale. “C’è un networking costante per la carriera, ma nullo per le relazioni umane sincere – Dice M., grafico quarantenne gay – Anche costruirsi una rete di amicizie disinteressate è complicato, figurarsi una relazione di coppia esclusiva”.
“A volte semplicemente le cose accadono. Io ho incontrato il mio ex marito mentre facevo jogging a Central Park – Dice M., bella donna manager trentenne – Si deve essere aperti a quello che succede, vivere il momento senza ansie, e poi succeda quel che succeda”.
Sembra quindi che le due regole base di New York, ovvero “don’t take it personally and never give up” (non prenderla sul personale e non ti arrendere mai), valgano anche nelle relazioni.
Insomma ragazze, armatevi di santa pazienza e nervi d’acciaio, uscite tutte le sere agguerrite, tiratevi a lucido anche per andare al supermercato, non disdegnate internet, dite agli amici di presentarvi qualunque uomo etero disponibile, tenete sempre monitorati gli incontri fatti sul lavoro, e se riuscite a sopravvivere fisicamente ed emotivamente, forse, ma solo forse, alla fine Mr Big potrebbe arrivare. Good luck!