Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano domenica scorsa ha parlato di “imbarbarimento della vita civile” in Italia. Il Capo dello Stato nella fattispecie si riferiva al gravissimo insulto (“Quando la vedo non posso non pensare a un orango”) lanciato il giorno prima al Ministro per l’Integrazione Cècile Kyenge da un tale che è stato più volte ministro, scalda da anni gli scranni del Parlamento, ora ricopre addirittura la carica di vice-presidente del Senato della Repubblica Italiana. Il suo nome è: Roberto Calderoli, leghista, leghista di ferro (Dio ce ne scampi e liberi). Signorile la reazione del ministro d’origine congolese: Calderoli “non offende me, offende l’Italia”. Osservazione elegante, acuta. Giustissima.
Il ministro per le pari opportunita' Cècile Kyenge
Giorgio Napolitano ha perfettamente ragione. E’ in atto l’imbarbarimento della vita civile italiana. Ma non lo è da poche Lune… Lo è da anni, da almeno una ventina d’anni, se non di più. Ma oggi il fenomeno si manifesta in dimensioni spaventevoli, riguarda ormai quasi ogni settore della vita pubblica e della vita privata. Si assiste alla metastasi di questo cancro che guadagna sempre più terreno; si assiste a una crescente rabbiosità, a una volgarità senza limiti, addirittura ragionata, calcolata. Premeditata. E non eravamo fatti così. Chi fra di noi ha più di 40 anni, ricorderà che, no, non eravamo così. Ci sapevamo comportare. Ci sapevamo porgere. Prestavamo attenzione alle sfumature.
Ora è troppo tardi. Troppo tardi per sbarrare la strada all’incanaglimento degli Italiani. Non si è fatto nulla per prevenire l’”infezione”, non si è agito sull’”infezione” quando, con tempismo, avremmo potuto agire con un certo successo. I richiami alla correttezza, i richiami alla sobrietà, non bastano; non possono bastare. Lasciano, fatalmente, il tempo che trovano. I Calderoli e i tantissimi altri, di schieramenti diversi, che con il crollo dell’URSS hanno trovato “L’America” nell’”assalto alla diligenza” (la politica italiana), se ne fregano delle esortazioni alla “sobrietà”, alla signorilità. Queste falangi di tizi (e di tizie…) “non” sono nati e cresciuti in ambienti sobri. Non si sono formati in ambienti signorili. Ma non equivochiamo: signorile era anche Mario, il nostro ortolano di Via San Gervasio, Firenze. Lo era nello spirito. Quindi anche nei modi. Non alzava la voce, non lanciava insinuazioni. Non faceva domande. Trattava tutti allo stesso modo: la moglie del Colonnello, la moglie dell’operaio della TETI (la società telefonica di allora).
La responsabilità di tutto questo va addebitata alla Scuola, alla Borghesia, alla Televisione. La Scuola abdicò già una quarantina d’anni fa… Nella Borghesia cittadina e mercantile già negli Anni Sessanta si cominciò a definire “stravagante”, “eccentrico”, “simpatico e disinibito” il rampollo che schiacciava mozziconi di sigaretta su tappeti persiani… La Televisione… La Televisione sul finire degli anni Ottanta – e per basso calcolo bottegaio: la pubblicità! – iniziò a dare la stura ai “chiassosi”, ai “polemici”, agli “aggressivi”. Incoraggiò subito l’invettiva, l’affronto. L’insulto. L’”assalto alla diligenza” scattò pochi anni dopo. E riportò un “successo” immediato. Nelle stanze dei bottoni giunsero quindi individui inadatti a governare, inadatti ad amministrare. Non erano stati formati per governare! Li consumava e, al tempo stesso, li rafforzava il complesso d’inferiorità, il rancore malsano, l’ambizione patologica. Da psicopatici. I padroni dell’Italia oggigiorno sono loro. Temiamo di non potercene mai liberare.