La mia generazione è la generazione degli “sconfitti”. La generazione dei “tagliati fuori”. Degli “scavalcati”. La generazione dei “by-passed” e anche dei “double-crossed”.
Sono nato a Firenze nel 1946. Sono cresciuto come sono cresciuti tanti altri della mia classe anagrafica, e altri nati fra il 1945 e il 1948. Siamo cresciuti nella “meraviglia”, nell’“incanto” della vita, della vita intesa come “miraggio”, “viaggio”, “scoperta”, come “espressione di noi stessi”. Ci animava una sconfinata curiosità intellettuale, avvertivamo il richiamo (per noi travolgente) di terre e città lontane, suggestive, ricche quindi di fascino: l’Africa, l’Estremo Oriente, l’Egitto, Parigi, Londra, Rio de Janeiro. In questo molto ci aiutavano il Cinema di allora, la Narrativa di allora, e le dispense settimanali “Conoscere” (Fratelli Fabbri Editori). In sede nozionistica, già a 12-13 anni sapevamo un mucchio di cose: per esempio, sul terreno delle scolastiche carte geografiche “mute”, eravamo insuperabili. Localizzavamo subito Kiev, Varsavia, Damasco, Santiago del Cile, Singapore, il Volga, la Senna, il Rodano, l’Ebro, il Douro! Prendere un “ 10” sulla cartina muta, era un trionfo.
Eravamo spiriti entusiasti. La nostra mente non si fermava un momento. Inestinguibile il nostro desiderio d’apprendimento, fatalmente “disordinato”, “scomposto”. Usavamo la Ragione, certo, ma ricorrevamo molto di più all’Istinto. Il senso estetico in noi era innato. Capivamo in un battibaleno se un dato caseggiato era stato costruito negli Anni Trenta o al principio del Novecento: mica male per ragazzi, adolescenti “presi” da molto altro: “presi” da Marisa Allasio, Gianna Maria Canale, Diana Dors, Silvana Mangano… “Presi” dal Calcio, dal Ciclismo, dal Rugby, dall’Atletica, dalla Boxe, dall’Automobilismo. Non conosceva limiti la nostra esuberanza. Eravamo eclettici! Eravamo duttili. Inesauribili.
Leggevamo a tutto spiano. Leggevamo tutto quel che ci capitava fra le mani, compreso il Calendario di Padre Agostino, bellissimo nella sua aria “ intimistica” “casareccia”. Seguivamo perfino il Maestro Manzi nel suo esemplare, didattico “Non è mai troppo tardi” (RAI, 1960-1963)! A 15-16 anni leggevamo Moravia, Bianciardi, Berto, ma anche Balzac, Pirandello, Storey. Ci appassionavano Remarque e Steinbeck (molto meno Hemingway).
Calcoli, non ne facevamo. Li lasciavamo agli altri, i calcoli, le “strategie”. Noi si viveva, si cresceva secondo istinto. La carriera? Roba da “opportunisti”. Roba da spiriti “aridi”, “ambiziosi”: questo lo pensavamo già a 16-17 anni. C’erano ragazze (attraenti ragazze!) che ci davano ragione e non soccombevano affatto al “fascino” del giovanotto alla guida di una decappottabile, alla guida d’una Porsche. Guarda oggi… Guarda le “ninfe” d’oggigiorno – e non aggiungiamo altro, per pudore. Per sano pudore.
Rincorrevamo grandi avventure. Molti di noi si ficcarono in “grandi avventure”: il Sessantotto, il Katanga, il Biafra, il Chad. Molti altri di noi (ma insieme ai “sessantottini” e agli “africani”) a un dato momento elessero Londra come loro meta, come loro approdo, sicuri che vi avrebbero trovato quello che cercavano: libertà interiore, libertà morale, libertà d’intelletto. Tutti d’accordo: comunisti, socialisti, missini. E “ragazzotti” d’estrazione liberale (il liberale italiano, che era Conservatorismo).
Fummo poi risucchiati nel “gioco politico”, nel gioco della Sinistra e della Destra. Avevamo vent’anni, massimo ventidue o ventitré. Era “la battaglia” che ci seduceva, la battaglia alla quale non volevamo sottrarci. Venimmo così impiegati, sull’una e sull’altra barricata, come “carne da cannone”. Carriere stroncate, carriere mai decollate… Lo sconcerto di madri e padri… L’angoscia di mamme e papà, infinita. Noi finimmo (scusate l’espressione…) col sedere per terra; loro, invece, i “politici di carriera”, seguitarono, “amabilmente”, a lucrare, a lucrare con gaudio, nella più stomachevole delle ostentazioni. Quale schifo. Schifo “italiano”. Noi, sì, “double-crossed” dalla politica. Ingannati nella nostra innocenza. Ingannati dai “massimi” dirigenti della “Lotta di Classe” (tutti liberisti oggigiorno…), ingannati dagli alfieri della “riscossa nazionale”, dai capi e capetti del revancismo fascistoide, intenti, in realtà, ad accumulare ricchezze materiali, a conservare, e incrementare, privilegi, agevolazioni. Non ci sono limiti alla famelicità degli Italiani. Alla famelicità di mamme, zie, sorelle, cognate. Di amiche intime!
Fateci caso, cari, attenti lettori che ci seguite: in Italia il Potere è nelle mani dei nati, grosso modo, fra il 1935 e il 1943, e di quelli nati dopo il 1950. Silvio Berlusconi è nato negli Anni Trenta, Bersani negli Anni Cinquanta, come Pierferdinando Casini e tanti altri ancora: un elenco parrebbe pacchiano…
Eccoli, quindi, i “calcolatori”, gli uomini armati di “realismo”. Eccoli, i “vincenti” . Eccoli quelli che a 16 anni già sapevano quello che volevano, e lo sapevano “fin troppo bene”. Nessun ideale! Solo la ricerca del comando, della supremazia, dell’affermazione personale che però è affermazione disgustosamente individualista, perciò debilitante, nociva. Distruttiva. Asociale. Lo si è visto con Prodi, con Berlusconi, e con gli innumerevoli reggicoda dell’uno e dell’altro in questa tragedia italiana. Provocata, sì, da uomini “piccini” . Da uomini conformisti. Dagli adoratori dell’Euro… Dagli amanti del “sentito dire”. Da quelli che vanno “per simpatie”. Da quelli che si crogiolano nel “catino” popolato di “yes men”. Da quelli che sul terreno degli affari non sbagliano un colpo. L’hanno imparata bene la lezione impartita da mamme, papà, zie, amiche delle mamme, delle zie…
Questa è l’Italia. Questa è la Nazione (se ancora la si può chiamare così) presa dalla “voluttà” del suicidio.
Noi, quindi, restiamo legati al ricordo dei ragazzi che fummo. E’ già tanto. E’ una ricchezza vera.