London 2012: crollo Azzurro (almeno fino ad ora). Il naufragio non risparmia nessuno. Non ha risparmiato nemmeno la Federica Pellegrini e il “tenebroso” Magnini (nuoto). Tra i “flutti” sono finite anche le Azzurre della pallanuoto. E ci sono finiti perfino vari schermidori accreditati come degni rappresentanti della grande tradizione della scherma italiana. Scivolone anche nella pallavolo, mercoledì scorso, pur contro una Polonia tutt’altro che irresistibile. Di magra consolazione i successi azzurri nell’arco e nel tiro alla pistola dai 10 metri, benchè gli atleti in questione meritino la massima ammirazione. Chi vi scrive ogni domenica su “Oggi 7”, e nel quadro della rubrica “Punto di vista”, è uno che iniziò a praticare il rugby a 19 anni (nel 1965), chiuse col rugby nel 1977, ma vi tornò, a 50 anni suonati, nel 1996, tesserato presso il Villa Pamphili Roma in qualità di Old Boy e nel ruolo di mediano d’apertura.
Niente balle, ragazzi! Non arrampichiamoci sugli specchi… Smettiamola con certa abitudine “italiota” di andare in cerca di giustificazioni, di alibi. Smettiamola di alzare intorno a noi ridicole cortine fumogene. Smettiamola di rincorrere certa mondanità, di cedere alle lusinghe di imprenditori, pubblicitari, registi vari, “public relations people”…
E facciamola finita anche con allenatori e preparatori, i quali “fenomeni” davvero non sono, o non lo sono nella maggioranza dei casi. Anche questa, sollecitata dal “big business”, dai “creatori della vetrina”, è oramai gente che non dà affidamento; è una consorteria di individui che finisce col fare il gioco degli “impresari” e, questo, a scapito dei suoi atleti. Ma c’è anche l’allenatore, il preparatore che ha visto troppe volte “Full Metal Jacket”, e allora condiziona, impaurisce, rincorbellisce i propri atleti, le proprie atlete. Si crede un padreterno… È quindi convinto d’essere baciato (come il Papa!) dal dono dell’infallibilità. Sa tutto lui… Solo lui tutto sa… Lui che quindi pretende di assurgere a guida eccelsa, perciò insindacabile. Lui che fa l’“americano” o il “tedesco” senza nemmeno sapere chi sono gli americani, i tedeschi… È un elemento deleterio, quindi nocivo – e pronto, all’occorrenza, a scaricare su altri le proprie responsabilità, le quali però non sfuggono a chi dispone ancora di una certa capacità di discernimento, di un certo spirito d’osservazione.
L’atleta, specie nelle ore della vigilia – e nelle quali si giocano le sue sorti, ancor più che sul campo – ha bisogno della necessaria solitudine, dell’indispensabile raccoglimento. Sta poi a lui, o a lei, cercare la compagnia nella quale trovare il giusto rilassamento. Nulla, alla vigilia, deve interferire nello stato d’animo del nuotatore, della nuotatrice, del pallanuotista, del pallavolista. Poco prima di andare “in guerra”, bastano poche parole, del tipo “dacci dentro, fino allo spasimo: il risultato è secondario, quel che più conta è dare il massimo”. Nel gioco del rugby è consuetudine plurisecolare che nei 15 o 20 minuti precedenti l’inizio della partita, nemmeno all’allenatore è permesso entrare negli spogliatoi…
Ad arringare la “truppa” ci pensa il capitano, che il proprio ruolo lo ha meritato sia per valore agonistico che per valore morale: per una somma di qualità dimostrate nel corso degli anni. Questo avviene a ogni latitudine: in Italia come in Inghilterra, in Francia come in Nuova Zelanda, in Galles come in Argentina. Avviene nel massimo campionato d’Inghilterra come nella Serie “C” italiana.
Eccoci, sono troppe le distrazioni nelle quali sono scivolati la Pellegrini, il Magnini, altri ancora… Troppo il permissivismo “mondano” dei preparatori; e troppo il fracasso da “sergenti di ferro” dei preparatori. Non c’è un equilibrio. C’è soltanto il velleitarismo che da troppo tempo accompagna, ahimè, il cammino di noi italiani. E velleitarismo vuol dire preparare la propria sconfitta.