L’azzardo del presidente Napolitano nel conferire al prof. Monti l’incarico di formare il governo, lo scorso novembre, se ha sortito effetti sul piano della moralità interna e dell’immagine internazionale dell’Italia, non ha avviato a soluzione le questioni strutturali del Paese. Per certi versi, a meno di un rapido cambio di marcia del flemmatico capo di governo, l’occupazione del palazzo da parte di Monti e della sua squadra potrebbe rivelarsi la classica medicina peggiore del male.
Se nel breve la razzia di denaro presso i soliti cittadini per bene è servita a salvare dalla bancarotta la finanza pubblica, l’assenza di riforme strutturali e l’indolenza nell’ aggredire poteri forti e grandi evasori fiscali potranno nel medio periodo portare al Paese ulteriori difficoltà. D’altronde queste sono cose che fanno i politici, e non abbiamo politici che vogliano farle. Solo azzerando i privilegi di alti burocrati, speculatori, evasori e ladri di sempre (si guardi al risultato dei recenti controlli della guardia di finanza che evidenziano tra i negozianti il 38% di scontrini fiscali irregolari, e a Palermo 7 esercizi su 10 evasori totali) lo Stato potrà accumulare il denaro che serve per rilanciare il ruolo di garante dei rapporti sociali e di motore dello sviluppo.
Le risorse che Monti ha pompato dai risparmi della gente comune evitano per ora il fallimento e onorano le cambiali pubbliche in scadenza, ma non finanziano occupazione e crescita, né garantiscono come si pagherà il debito futuro. Se continuerà a restringersi la base di produzione e consumi, succederà all’Italia quello che capita a un aereo quando i motori al decollo non danno la spinta necessaria: si andrà in stallo prima di precipitare. Si legge che, alla ripresa autunnale, il governo preleverà altre risorse da chi lavora e produce. Infelice il Paese dove lo Stato diventa un costo per la popolazione invece di essere risorsa al suo servizio.
Si legge che la pressione fiscale effettiva, con l’attuale governo, è al 54,8% del reddito, con cittadini onesti collocati al 70%. Lo Stato esige soldi non per creare condizioni di nuova ricchezza attraverso infrastrutture, istruzione, salute, ma per consolidare il debito pubblico, che continua a crescere, e i privilegi di ceto politico e dirigenza pubblica. Letta così, l’imposizione appare una novella forma di dittatura, che lo Stato sperperatore e per nulla virtuoso impone ai cittadini, il che ci pone fuori dalla democrazia autentica dove a governare è “il popolo per il popolo”. È già inaccettabile che una democrazia requisisca la maggior parte di ciò che il cittadino guadagna. Figurarsi quando lo fa in un contesto nel quale taglia ulteriormente le già ristrette prestazioni, negandosi al contratto sociale che lo obbligherebbe a fornire il corrispettivo al denaro che preleva forzosamente. Hollande, appena eletto, ha ridotto sostanziosamente le retribuzioni dei rami alti di Stato e imprese pubbliche, dirottando i risparmi in formazione e posti di lavoro.
Chissà se martedì, quando lo ha incontrato, Monti si sia fatto spiegare gli effetti delle decisioni, applaudite dalla Francia intera. Provvedimenti così non figurano nelle corde del nostro governo, con ministri dai doppi cognomi, redditi a cinque e sei zeri, curricoli e posizioni professionali che da decenni li vedono estranee ai bisogni della gente comune. Al nono mese la donna gravida scodella la creatura. Al nono mese il governo è lontano dal partorire qualcosa di davvero risolutivo.
Non vorremmo che, con l’attuale tran tran, come sta spiegando convinto l’ex capo di governo, l’azione di Monti si traducesse nella restaurazione, nel ritorno dell’incapace e corrotto ancien régime.