Sì, ma se la Germania incontra l’Italia, finisce come minimo 90 a 0 (a 3, per esser di manica larga) a favore degli Azzurri della Pallaovale… Fidatevi di me! Il pacchetto di mischia italiano farebbe conoscere l’inferno al pacchetto di mischia tedesco, 80 minuti d’inferno, dopo il Blitzkrieg iniziale scatenato dai nostri tre-quarti. Segnerebbero tutti, o quasi tutti… Andrebbero in meta i nostri piloni, le nostre seconde linee, il mediano di mischia, anche l’estremo, per non parlare delle ali. Mirco Bergamasco probabilmente saetterebbe almeno una dozzina di volte oltre la bandierina o in mezzo ai pali. “Der Spiegel” dovrebbe prenderne amaramente nota… I guerrieri quindi siamo noi, non loro, non gli Unni, gli Ulani, i Teutoni!
Brutta, anzi, nauseante la polemica divampata nei giorni scorsi fra il settimanale tedesco e “Il Giornale”. Dei due l’uno ha tuttavia esagerato più dell’altro. Ha esagerato lo “Spiegel”, parlando di razza (quella fieramente germanica) e di non-razza, che sarebbe la nostra; e lo ha fatto proprio mentre in tutto il mondo ci si apprestava a commemorare lo sterminio degli ebrei compiuto dalla Germania hitleriana fra il 1942 e il 1945. La replica del quotidiano milanese avrebbe potuto essere comunque più elegante, meno rabbiosa: ne avrebbe guadagnato in incisività.
Ora, però, due cosine allo “Spiegel” vorremmo dirle noi. Senza dubbio la “razza” italica è morta con la decadenza di Roma e con tutto quel che seguì al crollo e alla sparizione dell’Impero Romano. Ma bene così! Ne siamo felici, anche se la nostra illimitata soddisfazione si pone soltanto sul piano della Storia, del ricordo, quindi. Siamo contentissimi di non costituire una “razza”. Contenti che Dante avesse grosse gocce di sangue longobardo (germanico, perciò) nelle vene, contenti delle grandi opere realizzate da Federico II, anch’egli germanico, ma del tutto assimilato dalla Sicilia, come tutti gli altri identici a lui per retaggio e provenienza.
Contenti di discendere dai Sanniti, dai Liguri, dagli Etruschi. Per nulla messi a disagio dai robusti innesti arabi la cui eredità somatica è ancora visibile in genti di Puglia e di Sicilia.
Fieri che una città come Livorno sia stata per secoli una delle città più ebraiche del Mediterraneo Occidentale.
Se sulla faccia della Terra si trova una grande ‘melting pot’, anzi, la più grande in assoluto, forse anche la più creativa e perciò fonte ed espressione di civiltà, questa – ebbene – parla la lingua italiana ed è bagnata dal Mar Tirreno, dal Mar Ligure, dal Mar Adriatico, dal Mar Jonio. E’ una magnifica ‘melting pot’ che da oltre una ventina d’anni s’ingegna su come danneggiare se stessa… S’è detto varie volte su questo giornale che il processo di superficializzazione in atto nella società italiana ha creato guasti forse irreversibili e altri ne creerà. Ma il punto non è questo. Il punto è un altro, poiché nello spirito dello “Spiegel” si manifesta un violento attacco non solo all’Italia contemporanea, ma “anche” alla nostra Storia, alla nostra identità. E’ un attacco anti-storico, sicché mendace e fuorviante. Una volgare sberla sferrata dai discendenti di Goethe, Kant, Hegel. Tanto per battere il ferro finché è caldo, all’editorialista germanico autore del “pezzo” dello scandalo, suggeriamo di andare a leggere quello che proprio Goethe scrisse sulla Sicilia e sui siciliani, incantato dalla Sicilia e dai siciliani. Riassunto in poche parole, disse: “Chi non è mai stato in Sicilia, nulla potrà capire dell’animo umano”.
Concludiamo con una reminiscenza. Sul fronte di El Alamein, un soldato tedesco ferito fu abbandonato dai commilitoni poiché nella Wehrmacht non si usava rischiare la perdita di uno o più uomini per tentare di salvarne uno che già stava per crepare. A soccorrere e a riportare nelle linee amiche il ferito tedesco ci pensò, correndo grossi pericoli, un paracadutista della Divisione “Folgore”. Nemmeno tre ore dopo il Generale germanico Ramcke decorava con tutti gli onori il paracadutista italiano, al quale sembrò comunque di non aver fatto proprio nulla di straordinario. “Noi siam fatti così, disse il “folgorino”. Non v’è altro da aggiungere.