Una volta si diceva che “gli italiani non leggono”. Ma non era del tutto vero. E’ vero oggi, invece; tanto che il fenomeno ha ormai assunto dimensioni che per la loro ampiezza ci lasciano perplessi. Neanche secoli fa si leggeva, è verissimo; dell’Italia del Sei e Settecento, secondo stime approssimate, il 70-80 percento degli italiani era analfabeta. Ma allora c’erano le Arti e i Mestieri, c’era la trasmissione orale di fatti, leggende, storie di famiglia; c’era la Commedia dell’Arte, la gente prestava attenzione, si concentrava, dava un alto valore alla vita, credeva nel miglioramento personale. Oggi Arti e Mestieri sono spariti, come sparita è la trasmissione orale di avvenimenti, episodi, saghe legate alla tradizione, a quella familiare, a quella nazionale. La società italiana, e forse non solo la società italiana, è diventata fredda, non ha più una sua personalità, non ha il “sentire” che aveva una volta.
Fra il 2008 e il 2010 in Italia e all’estero ha venduto molto, e magari continua a vendere, un romanzo di cui in vari ambienti si parla ancora: “La solitudine dei numeri primi”, di Paolo Giordano. Beh, l’opera, almeno secondo noi, è indigesta, è melensa, stucchevole, pur se non vi mancano momenti di drammaticità che ti toccano il cuore. Per arrivare soltanto alla quinta pagina, bisogna fare una fatica da bue. Bene: Giordano se lo sono letto italiani che però non di un Paese, d’una Nazione dove non sei nemmeno stato. Ma “quel” Paese, quella data città metropoli ti erano vicine, quasi ti pareva di toccarle, di annusarne gli odori. A questo concorreva il gran bel cinema degli Anni Cinquanta, Sessanta e primi Settanta, elencarne le opere di grande valore richiederebbe almeno mezza pagina di questo supplemento domenicale! Ma oggi? Filmacci dagli “effetti speciali” o filmacci intimistici” che, come i primi, nulla ti insegnato. E’ il vuoto ben vestito, anche edulcorato, ma sempre di vuoto si tratta.
Oggigiorno non vedi più nessuno in giro con un “tascabile”, sono spariti anche i “tascabili” che negli Anni Sessanta avevano avvicinato tanti italiani alle buone letture. Erano i “tascabili” che proponevano, o riproponevano Steinbeck, Saint-Exupèry, Storey, McInnes e tanti altri autori non inferiori per spessore interiore, stile, efficacia a Balzac o a Hugo. La domenica mattina, a Roma, Firenze, Genova, Napoli, c’era la ressa intorno ai chioschi di giornalaio in cui venivano tenuti in bella vista, appunto, i “tascabili”. Volumetti di bellissima grafica e con suggestive copertina dai prezzi accessibili a tutti: 400 lire, 500 lire, 600 lire. Gli italiani leggevano, non è vero, no, che non leggessero. Bastava montare su un “rapido” o su un “direttissimo”, o anche su un “diretto” e t’imbattevi in compagni di viaggio assorti nella lettura e in altri impegnati in divertenti, interessanti conversazioni sul lavoro, sulla vita familiare, sugli anni trascorsi in grigioverde – sull’amore!
Oggi monti su un treno e altro non vedi che donne e uomini incollati ai cellulari. Gente che si dà un’importanza… Gente che ha perso il senso del ridicolo, senso del ridicolo di cui un tempo erano ricchi i napoletani, i siciliani, i fiorentini, i bolognesi, e tanti altri italiani. S’è così creata una società italiana di acritici. Questa società di acritici portò una prima volta al potere Silvio Berlusconi, nel 1994. Ce lo riportò nel 2008. Ma ci rendiamo conto…?