Il 666, numero della bestia, per tre è stato moltiplicato, il tempo è finito e l’Uno lo rivuole. Ancora pochi giorni e il mondo sarà cancellato dalla faccia del mondo.
E’ il 1998, che diviso tre fa giusto 666, dunque la profezia tocca tutti da vicino, specialmente perché sono vicine anche le ore 6 del 6 giugno, in cui quel 666 si può in altro modo dividere per tre: 6 – 6 – 6.
L’annuncio della prossima fine del mondo non arriva dai Maia, ma in modo impensabile viene proclamato dall’altoparlante di una sgangherata Fiat Cinquecento che gira per le vie del paese perso tra le colline del feudo.
Richiama la profezia di una di qui, della monaca santa, il cui corpo, ormai polvere nella polvere, riposa nella più grande chiesa del paese. Solo che in quella profezia non ci sono numeri e dunque, secondo gli “illuminati”, quella è roba buona da giocare al lotto. Ma alla fine la spuntano sempre i cacadubbi, così la psicosi finisce per prendere tutti.
E’ questo il prologo di «Nostalgia della luna», il nuovo romanzo di Nonuccio Anselmo (nella foto), pubblicato da Vittorietti, che arriva dopo «Farmacia Bisagna», «I leoni d’oro» e «I campieri di Cristo». Narra dell’attesa, dell’avvento di questa fine, che rimette in discussione i destini dei personaggi che si incontrano a Pietralonga; che riesce a riesumare le storie passate e dimenticate su cui sono state costruite le loro vite e che adesso sulle loro vite minacciano di abbattersi.
Pietralonga è la masseria un tempo opulenta dell’Arcivescovado, condotta a mezzadria da Rinella, uno che ha rubato tutta la vita per passare dallo status di povero bracciante a quello di mezzadro. In quella che un tempo era una masseria fortificata, vive “prigioniero”, dopo la condanna di monsignor arcivescovo, un vecchio sacerdote, che ne è nominalmente il signore. Alla sua corte il fratello, un vecchio professore di scienze in pensione, e la sorella più giovane, legata ad altre profezie, quelle dei tarocchi. E poi c’è Binna, la vecchia governate, che in realtà è la vera signora di quel mondo dimenticato. La famiglia Rinella e il compare Capizzi, cantastorie e suonatore di novene, proprio a Pietralonga si rifugiano, per non prendere in testa il primo mattone del castigo ma eventualmente l’ultimo. E per evitarli, questi mattoni, issano le capanne nel cortile della masseria.
Qui arriva per la consueta visita mensile pure il medico curante del sacerdote e dei suoi fratelli. Anche lui ha i suoi problemi. La donna che aveva saputo restituire la speranza e la gioia di vivere al deserto della sua anima, l’ha appena abbandonato dopo la più fantastica dichiarazione d’amore che nessuno gli abbia mai fatto. Per questo anche il medico, attratto da una vita ormai dimenticata, decide di passare qualche giorno alla masseria, per attendere agnostico l’annunciata fine del mondo. Mentre lo scirocco comincia a calcinare la campagna, presentandosi come il primo atto dell’annunciata fine del mondo, al portone della masseria bussa pure l’emaciato e affamato profeta che i carabinieri vanno cercando perché anche lui va mettendo in allarme i centri dei dintorni.
Tra una crisi di nervi e uno schiaffone per riportarlo alla realtà, la sua voce grida giorno e notte nel deserto della masseria. Dove ognuno deve cominciare a fare i conti con il proprio passato e con la propria vita da riconsegnare senza appello tra qualche giorno. Anche lo scettico per eccellenza, il medico marpione, non potrà sfuggire alla regola, così come il più anziano della compagnia, l’ottantenne ’zu Totò, padre di Mariano Rinella, vecchio bracciante che ha partecipato alle lotte per l’occupazione delle terre e ha visto morire i compagni, ammazzati dalla mafia, senza che mai dalla sua bocca sia uscito un grido di condanna.
I giorni passano in fretta e presto arriva l’alba del giudizio. E a questo punto il lettore deve inoltrarsi da solo tra le righe delle pagine finali, per scoprire da sé la fine del mondo.
Sempre da solo dovrà andare anche prima, per muoversi senza guide fuorvianti nell’animo dei personaggi che attendono la nuova alba.
***
Nel giornalismo da quarant’anni, Anselmo, in grandissima parte legati al Giornale di Sicilia. Dopo un lungo periodo di collaborazione, ha iniziato dala redazione di Trapani nel 1971. Poi, a Palermo, si è occupato della cronaca siciliana seguendo da inviato i principali fatti negli anni Settanta e Ottanta. E’ stato a capo di diversi servizi del giornale e, infine, segretario di redazione e redattore capo.
E’ sempre rimasto molto legato a Corleone, paese del padre, dove ha trascorso la fanciullezza. Al paese della gioventù ha dedicato numerosi saggi. Ha scritto anche per il teatro.
E’ suo – in coppia con l’autore delle melodie Massimo Sigillò Massara – il musical “Corleone, la storia di Filippo Latino”, andato in scena con grande successo nel settembre del 2006 , con la partecipazione di Marco Morandi e Paride Acacia.