Cari lettori italiani che vivete negli Stati Uniti d’America e che lasciaste un Paese civile, anche se un bel po’ avaro nei confronti di molti voi, per approdare appunto al Nuovo Mondo, ascoltate.
Mercoledì scorso sono tornato a Roma a bordo dell’Eurostar (alta velocità) preso alla Stazione di Santa Maria Novella, Firenze. A Santa Maria Novella, sul tabellone centrale di “partenze” e “arrivi”, leggo questo annuncio: “Oggi a bordo dei treni di Trenitalia non verrà effettuato servizio di ristorazione causa sciopero dei dipendenti della società di ristorazione”. Nulla da eccepire, ci mancherebbe, sullo sciopero indetto dalla categoria in questione: cuochi e camerieri avranno avuto le loro ragioni per attuare lo “strike”. Ma a voi sembra cosa da poco che su tutti i convogli ferroviari ad alta velocità (e anche sugli “Intercity”, l’alta velocità istituita fra il 1980 e il 1982) ieri non si potesse trovare un panino imbottito, una birra, un’aranciata…? Così da Venezia a Palermo, da Torino a Trieste. No, non vi sembra cosa da poco. Ci scommetto che non vi sembra cosa da poco. Questo, come avrete già notato, è un altro esempio dello scivolamento dell’Italia verso la sciatteria, l’indifferenza e una uniformità fredda, impersonale, nemica dell’animo umano, della dignità umana, del decoro umano. Lasciare senza cibo e bevande per un giorno intero (o anche più) grossi e numerosissimi convogli ferroviari (nell’epoca dell’”immagine”, dell’”efficienza”…), è incivile. E’ squallido. E’ triste.
Dice: ma ci sono i carrelli, i vecchi carrelli sospinti da attenti inservienti sotto le tettoie delle banchine e carichi di ogni ben di Dio: panini al prosciutto, panini al salame. Biscotti, frutta, caffè, vino, birra, acqua minerale. Errore: i carrelli, che aggiungevano bel “colore” al già diffuso “colore” italiano, sono spariti, e sono spariti da un bel pezzo: i loro esercenti, piccoli, preziosi, puntuali esercenti, sono stati “fatti fuori” dai “pescecani” in combutta con le Ferrovie dello Stato, eliminati dalle compagnie dell’orripilante “catering” che sui treni ad alta velocità ti servono spaghetti non “al dente”, addirittura crudi, e braciole senza sapore e dure come suole delle scarpe…
Dice: ma a Bologna ci sono i celeberrimi “cestini”, con tanto di tortellini al ragù, pollo arrosto, patate, vino rosso d’Emilia. No! Hanno spazzato via anche i gustosissimi “cestini” di Bologna. Hanno voluto cancellare un altro bellissimo tratto di vita italiana, inconfondibilmente italiana. I “cestini” bolognesi, detto per esperienza personale, li trovavi anche alle dieci di sera, estate o inverno che fosse. Costavano poco (500 lire, poi 1200, quindi 1500), ti ci rifocillavi a meraviglia. Ci fumavi dietro una sigaretta, attaccavi discorso con un altro passeggero anch’egli intento nell’acquisto d’un “cestino”, Ora sul treno non ti fanno fumare nemmeno una sigaretta e il “cestino” è perduto per sempre…
Una volta le Ferrovie dello Stato provvedevano esse stesse al soddisfacimento del nostro palato. I vagoni-ristorante parevano salotti, c’erano perfino le abat-jour sui tavolini e sui tavolini c’erano anche fiori freschi. Le posate erano d’argento. Il servizio impeccabile, l’atmosfera ovattata, i prezzi tutt’altro che esosi, si poteva scegliere fra tre “primi” e tre “secondi”. Il “maitre” tornava da te e ti domandava (ma senza caricare il conto!) se gradivi altra pastasciutta o altra carne in umido. Qualcuno, per propri, sporchi interessi, ha voluto liquidare anche questo, Oggi, sui treni ad alta velocità, a un tratto s’ode la voce, artificiosamente suadente, di una “hostess” la quale annuncia che fra pochi minuti ai passeggeri di prima classe verranno serviti gratuitamente bevande di marca, stuzzichini, prodotti di caffetteria… Ai passeggeri di prima classe… Quelli di seconda non meritano nessuna attenzione… Certo che il vagone-ristorante è rimasto (non su tutti i treni, però), ma per un piatto di spaghetti, come s’è visto, crudi, e per un quartino di vino (acidulo…) devi sborsare ben 22 euro (44mila lire!), come mi è varie volte accaduto…
Questo lo chiamano “progresso”, lo chiamano “stile”… In Italia non si è mai stati tanto diseguali quanto lo si è oggigiorno. In Italia non c’è quasi più nulla che ci parli dell’”Italia”, che ci ricordi “l’Italia”, ora incolore “espressione geografica” consegnata al Principe di Metternich da Romano Prodi, Silvio Berlusconi e da tutti i “fenomeni” della finanza, del commercio. Del “marketing”!