Anche questo, cari lettori, italiani che, tornando in patria venti o trenta o quarant’anni dopo, stentereste a riconoscerla nelle cose e nelle persone, è un articolo “di parte”, molto di parte in cui sarebbe appunto vano cercarvi equidistanza… L’"equidistanza”… Un lusso che non possiamo più permetterci poiché il gioco s’è fatto sporco, le regole vengono calpestate quotidianamente, i potenti sono sempre più potenti, l’arbitrio trova sempre più spazio, l’acquiescenza dinanzi all’arbitrio trova anch’essa sempre più spazio e più fantaccini a sua disposizione. Nessuno vuole salvare l’Italia, l’Italia che s’inabissa nelle sabbie mobili del ristagno economico, industriale, culturale. Non la vuole certo salvare il centrodestra (solita accòlita di mistificatori, clericali, conservatori gretti, aridi), non la vuole per nulla salvare (anzi) l’impresentabile, eppur potente, Lega Nord. Non intende soccorrerla nemmeno una sinistra che, “repetita iuvant”, non parla più il linguaggio della sinistra poiché da tempo sinistra più non è, e anche qui s’assiste, delusi, alla recita, alla messinscena, allo sterile esercizio dialettico che ci portiamo dietro dal Seicento…
I giovani potrebbero salvare l’Italia. Salvare la terra che fu di Cesare e Mario, di Dante e Leonardo, di Pareto e Beccaria. Che fu di Mussolini e Gramsci, di Olivetti e Di Vittorio. Ma non aspettatevi nulla dai giovani… Qui il dramma si somma al dramma. A un deserto segue un altro deserto. Dietro un albero essiccato si apre una foresta pietrificata. Ma i giovani non si scuotono. I giovani in alcuni casi s’indignano, ma lo sdegno si limita alle pareti di casa, alla chiacchieratina con amici. I giovani non reagiscono. Sono già in massima parte condannati da un padronato miope e egoista a condurre una vita piatta, incolore, sul filo del 1000 euro al mese, sui binari – a scartamento ridotto! – dei contratti a termine, tre mesi, sei mesi, massimo un anno, poi si chiude e si cerca – con attese bibliche – un altro contratto a tempo determinato. E’ pauroso. Sconcertante. Oseremmo anche dire agghiacciante, poiché così l’”esistere” si sostituisce all’”essere”. Il prototipo del trentenne italiano è rappresentato da una figura di persona che non ha coscienza di sé. Da uno che vivacchia, spesso alle spalle di genitori i quali seguitano a sgobbare o che per tutta una vita si sono spezzati la schiena. A lui sembra addirittura “normale” l’istituzione dello spaventoso contratto a termine… A suo tempo ha votato magari a destra, senza nulla sapere della destra, la quale illude, intossica, mente. Ha pensato, e forse pensa tuttora, nella sua abissale ignoranza, che il trionfo dell’iniziativa privata possa garantire a ogni italiano ricchezza, sicurezza, piaceri senza fine… Garantisce piaceri senza fine ai satrapi ben felici che “la piazza” non si scaldi più…
Un Paese intero s’impoverisce, s’esaurisce, si disarticola, si lascia vessare da cattivi maestri, si fa sfruttare e insudiciare da personaggi di dubbia moralità, eppure i giovani in Italia non alzano un dito, salvo partecipare ogni tanto a ridicoli “girotondi” o a cori che giocoforza lasciano il tempo che trovano. Eccoli i giovani. I giovani i quali non s’interrogano sul proprio destino, non conoscono neanche il concetto d’essere arbitri di se stessi. I giovani che non si espongono, che non cercano un capo o una schiera di capi, che non dibattono, non scalpitano, non si accendono. E’ in gioco il loro stesso avvenire, ma lasciano che siano gli eventi a determinare appunto la loro esistenza: esistenza di “vecchi”, di “fossili”, di individui appunto inutili a se stessi, inutili (quando non di peso) agli altri. Tizi, come si sarebbe detto una volta, senza spina dorsale.
Guardateli: hanno quasi tutti lo sguardo vuoto e piatto. In molti di loro si nota la fissità d’espressione dei “dementi”, degli “ebeti”, dei “bischeri” che magari si credono in gamba e così su di loro s’abbatte una beffa doppia. Ma tanto non se ne accorgono. Sono fatti per subire, e neanche di questo si rendono conto. Si abbarbicano ai cellulari, al computer, a tutti gli iPod e iPad di questo mondo… Sono “vecchi” e “borghesi” già a 18 anni e in essi la cibernetica ha il sopravvento su Virgilio e Voltaire. E’ la destra, ma anche la “nuova” sinistra, che li vuole così. Senza volontà, senza spirito critico, senza il sacrosanto senso di ribellione che è motore della Storia. Loro fermano anche la Storia… Anzi, la annullano… “Formidabili” personaggi senz’anima. Senza dignità.