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April 3, 2011
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Il duello Italia-Germania

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

 

 

 

 

C’era qualcosa di strano o di scontato in quel video summit in cui Obama, Sarkozy e Cameron hanno discusso delle prossime mosse contro Gheddafi includendo Merkel ma tenendo fuori dalla porta Berlusconi?
Se pensiamo al fatto che proprio la Germania, astenendosi dal votare la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza, si é tenuta fuori dalla "responsabilitá di proteggere" i civili libici e quindi dall’intervento militare "umanitario" invocato dall’ONU, mentre l’Italia fornisce le basi da dove partono  gli aerei della coalizione, oltre a partecipare attivamente  alle missioni, non si capisce la logica dell’esclusione di Roma e la presenza di Berlino in quella riunione prima del vertice di Londra sulla Libia.
Invece, purtroppo, una spiegazione logica c’é: i leader di Usa, Francia e GB avrebbero dovuto discutere di questioni con la Germania (per esempio, la vera ragione della sua  astensione…),colloqui ai quali l’Italia non doveva partecipare.
Perché le orecchie italiane non avrebbero potuto ascoltare? Per questa analisi non siamo in possesso (ancora) di  "fonti" definitive. Ma dopo aver assistito per anni nel Palazzo di Vetro ai veri e propri duelli, tra l’attaccante tedesco e lo stopper italiano, seguendo la logica del calcolo delle probabilitá arriviamo a questo: tra le potenze occidentali, quando si tratta di Libia e soprattutto di Gheddafi, dell’Italia nessuno si fida piú- basterebbe ricordare alcuni documenti usciti da Wikileaks in cui Hillary Clinton chiedeva degli affari tra Gheddafi e Berlusconi, o dell’episodio emblematico e mai dimenticato di quando il gatto Craxi e la volpe Andreotti avvertirono nell’86 il "mad dog" Gheddafi che i bombardieri di Reagan stavano per arrivare su Tripoli, salvando cosí la vita al dittatore. 
Ma ecco un motivo in piú per cui in quei colloqui , dove magari si sarebbe discusso di come "accontentare" la Germania, l’Italia non avrebbe dovuto essere presente: la principale ragione dell’astensione tedesca sulla 1973 – é proprio sicuro il presidente Giorgio Napolitano quando dice a New York che non capisce la logica di quell’astensione? – , é infatti collegata alle schermaglie italo-tedesche all’Onu per la riforma del Consiglio di sicurezza. 
Chiariamo: oltre alla Cina e alla Russia, ad astenersi sono stati i nuovi pretendenti al seggio permanente del CdS (tranne il Giappone che non c’era): quindi Brasile, India e la Germania. Fino a pochi giorni fa infatti la pretesa tedesca ad un seggio permanente del Consiglio di Sicurezza, aveva come zavorra l’essere un paese dell’Ue. Aggiungere al seggio permanente della Francia e della Gran Bretagna il seggio tedesco, anche se senza potere di veto, che senso avrebbe? Brasile e India avevano giá piú volte dimostrato la loro indipendenza dalle altre potenze permanenti. Ma la Germania? 
La risoluzione 1973 voluta da Francia e GB era un’occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire: dimostrare alla Cina, alla Russia e anche a tutti i paesi non allineati dell’Assemblea Generale, che una Germania col seggio permanente nel CdS non sarebbe stata legata a nessuna delle potenze occidentali permanenti. La Germania sa e puó decidere da sola. Cina e Russia stiano tranquille…
La Merkel non teme certo di dare certe spiegazioni agli Usa, o Francia-GB, da loro avrebbe comunque l’appoggio per questa "loro" riforma del CdS. Mentre l’Italia, come sappiamo, da anni cerca di bloccare qualunque riforma che allarghi i membri permanenti del CdS.
Sarebbe tutta colpa invece, come dice Bersani, di Berlusconi e dei suoi scandali per l’esclusione dell’Italia? Probabilmente a pochi piace farsi vedere in giro con il premier italiano in questo momento e i "bunga bunga" non aiutano la diplomazia italiana, ma le ragioni vere per certe esclusioni e diffidenze sono ben altre.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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