Si riparla dell’ennesima resa dei conti all’interno del Pdl tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Un deja vù da gran duello finale. Poi, dopo un paio di titoloni sparati nelle prime pagine, ecco che i conti non tornano ma il Pdl si ricompone lo stesso. Finti amici come prima, la strada intrapresa dai cofondatori del partito continua. Anche questa volta sarà così?
Per Fini, tutto dipenderà su quanti deputati e senatori del Pdl potrà contare nell’eventualità che il Presidente della Camera decida di andare avanti con lo strappo. La decisione di Fini sarà presa quando questa sua conta e riconta dei "fedeli" e dei "comprati", sarà definitivamente accertata. Diciamo che se Fini arrivasse a confermare una forza di oltre 50 parlamentari, la probabilità di ritorno al futuro sarebbe concretissima, se fossero invece già meno di 40 lo strappo sarebbe posticipato.
Berlusconi non vede l’ora di togliersi di torno l’ombra ingombrante e fastidiosa di Fini, ma non ha ancora risolto del tutto certe questioni giudiziarie, in cui alcune decisioni del Parlamento potrebbero metterlo al riparo o nei guai dalle conseguenze imprevedibili di certi "attacchi persecutori" della magistratura. Da Presidente della Camera, Fini controlla l’agenda dei lavori del Parlamento, con un semplice ritardo o tecnicismo potrebbe far danni. Quindi il Cavaliere, malgrado non ci sia forse un politico a Roma che egli detesti di più di Fini, crediamo cercherà fino all’ultimo di non rompere definitivamente con l’ex delfino di Almirante, almeno se non è prima sicuro che potrà disarcionarlo dalla carica istituzionale conquistata grazie al Pdl.
Fini e Berlusconi sanno bene che nel centro destra uno dei due è destinato a soccombere, e se è vero che la popolarità del Premier Berlusconi sembra irraggiungibile, Fini potrebbe avere ancora un asso nascosto, qualcosa che potrebbe rendere lui l’unico salvatore del salviamo il salvabile.
Nessuno può aver dimenticato come appena il 6 novembre il presidente della Camera, mentre partecipava a Pescara al "Premio Borsellino", discutendo con il procuratore della Repubblica Nicola Trifuoggi, fosse stato "intercettato" da un microfono rimasto acceso. Fini parlava delle vicende che riguardavano il Premier, le sue inchieste giudiziarie e le rivelazioni "atomiche" del pentito di mafia Gaspare Spatuzza. Ecco cosa disse Fini: "Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza… speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da… perché è una bomba atomica…. Si perché non sarebbe solo un errore giudiziario, è una tale bomba che… lei lo saprà .. Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni, e di … (ndr Berlusconi?)… uno è vice presidente del CSM e l’altro è il Presidente del Consiglio…"
Ecco il giudizio devastante di Fini di Berlusconi: "L’uomo confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di… qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo… magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, Capo dello Stato, Parlamento… siccome è eletto dal popolo… Ma io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta…. poi in privato gli ho detto… ricordati che gli hanno tagliato la testa a… quindi statte quieto".
Quelle dichiarazioni di Fini, dette con tono colloquiale, ma che riflettevano chiaramente il pensiero del Presidente della Camera, saranno rimaste scolpite nella memoria di Silvio Berlusconi. Da allora, i due si studiano come due rinoceronti immobili uno davanti all’altro prima dello scatto per l’incornata mortale.
Con apprensione da New York seguiamo le mosse del più coraggioso che è ovviamente il meno favorito. Il Presidente della Camera si gioca non solo il suo personale futuro, ma il futuro che avrà la maggioranza che governa l’Italia. Se dovesse scomparire il suo ruolo di ultima diga in una maggioranza dove il peso decisionale della Lega è in aumento, alla fine anche il rinoceronte Berlusconi verrebbe travolto dallo tsunami Bossi, e subito dopo tutta l’Italia.