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April 5, 2008
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Il voto dei quaquaraqua’

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

 

Cari lettori, quando dal consolato è arrivata la busta per votare, il primo impulso è stato di stracciarla. Non perché c’è Beppe Grillo che dal web ci urla di farlo (anche se viene sempre più difficile non condividere la protesta del magnifico saltimbanco), ma perché resto convinto che noi cittadini italiani residenti all’estero siamo stati presi in giro. Il nostro diritto di poter esercitare e far pesare il nostro voto, presentato nel 2001 come fatto acquisito con la “legge Tremaglia”, in realtà rimane mortificato. Siamo stati raggirati e magari l’On. Mirko Tremaglia non l’ha fatto apposta, ci sarà cascato pure lui. Forse anche il deputato di Bergamo è stato una vittima predestinata di una manovra di un Parlamento italiano, guidato da menti finissime, che avrebbe approvato solo una legge “ghettizzante” del voto all’estero. Per renderlo innocuo, anestetizzarlo come si fa con le bestie feroci prima di chiuderle in gabbia. Per far diventare il voto dei cittadini all’estero, avrebbe detto Leonardo Sciascia, quello dei quaquaraquà.

 

La creazione della circoscrizione estero porta a Roma, rinchiusi e divisi nelle gabbiette dei partiti, 12 deputati e 6 senatori imbalsamati. Lo aveva fatto già capire, durante le interviste e gli incontri con la comunità qui a New York, oltre dieci anni fa, l’allora sottosegretario agli Esteri Piero Fassino. La cosiddetta legge “Tremaglia”, sarebbe frutto di un patto, quello che Fassino, in nome del più grande partito della sinistra italiana, propose a quell’isolato deputato di Bergamo che testardemente sbatteva sul muro di gomma che da cinquant’anni impediva ai cittadini italiani emigrati di partecipare al processo elettorale italiano. Semplificando, Fassino fece intendere che o Tremaglia si mangiava quella minestra o si buttava definitivamente il voto all’estero dalla finestra. E così fu. La zuppa avvelenata della circoscrizione estero fu servita a milioni di cittadini italiani sparsi nel mondo. Il povero Tremaglia pensò che fosse stata comunque una vittoria. Quello strano gladiatore politico era sì vecchio e ferito da un gravissimo lutto, ma affatto rimbambito. Infatti, quando venne a trovarci da ministro qui ad America Oggi, durante un’intervista mi afferrò il braccio, mi fissò negli occhi e, cito a memoria, urlò: “Ovvio che se i partiti divideranno gli italiani all’estero, se alla fine questi 18 parlamentari andranno a Roma divisi, non conteranno nulla e tutto questo non sarà servito a niente”.

 

Ora Tremaglia si è ridotto a lanciare appelli per far votare la lista Berlusconi, e scrive di rammaricarsi per quelli che sono stati esclusi: “Io sono come Voi e con Voi. Questa è la voce ufficiale del Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo, non dimentichiamolo. Vi ringrazio dal profondo del cuore e Vi chiedo scusa”. Anche Tremaglia si è arreso. Peccato, i politici italiani non hanno intuito per capire quando è il momento per uscire di scena, così il ricordo dei momenti di gloria si trasforma in pena.

 

Questa legge va cambiata, come ha ribadito con lucidità il ministro Emma Bonino. Va cambiata per far pesare il nostro voto con i candidati in Italia, come avviene con i cittadini residenti all’estero delle altre grandi democrazie. Alla fine però il plico elettorale non l’ho stracciato, ho votato. Non guardando ai simboli dei partiti, ma ai nomi dei candidati. Almeno all’estero possiamo scegliere chi conosciamo, chi si stima, chi almeno ha espresso delle idee che condividiamo. Scorrendo le risposte alle 19 interviste con i candidati pubblicate la scorsa  domenica su Oggi7, qualcuno da votare c’era. Spero che abbiate trovato anche voi qualcuno/a da votare senza turarvi il naso. Ma non fatevi troppe illusioni su questo voto ghettizzato. Chi andrà a Roma, nonostante la buona volontà, resterà prigioniero dietro le sbarre in cui è stato rinchiuso dalla partitocrazia italiana.

 

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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