Lo stand di Coldiretti è al centro del Padiglione Italia al Summer Fancy Food 2024, sottolineando il ruolo di collante fra gli imprenditori agricoli italiani a livello nazionale ed europeo, ma anche principale promotore del Made in Italy nel mondo. Attraverso una serie di eventi che l’organizzazione sta portando al Javits Center con specialisti dell’agroalimentare: ci sono show cooking, wine tasting e anche iniziative in collaborazione con altri marchi, come Campagna Amica e Filiera Italia con cui ha organizzato un’iniziativa sulla dieta mediterranea a Union Square. Il presidente Ettore Prandini fa un bilancio alla fine del secondo giorno di fiera.
Che cosa significa partecipare a Fancy Food?
“Fancy Food è un momento straordinario in termini di importanza per l’intera filiera agroalimentare italiana, soprattutto per quanto concerne le nostre eccellenze, come lo era la moda qualche anno fa. Non è solo il prodotto, ma tutto quello che rappresenta: dal lavoro dei nostri agricoltori all’industria, alla cooperazione e la comunicazione fondamentale per far emergere quelli che sono gli elementi distintivi fra il vero Made in Italy e le copie, che tendono a imitarci non hanno nulla a che vedere”.


Quali sono stati i riscontri dai buyer statunitensi?
“Sono sempre più interessati a fare in modo che la filiera venga certificata. Avere giuste informazioni, conoscenza, diventa fondamentale. Anche i clienti statunitensi ci chiedono di collaborare per dare certezza. Vogliono evitare di essere ingannati. Il lavoro del nostro padiglione in questi giorni ha favorito il confronto”.
Quali sono gli ostacoli maggiori per le aziende che si affacciano sul mercato statunitense?
“In un mercato come quello degli Stati Uniti, che vale 40 miliardi in termini di Italian Sounding, abbiamo uno spazio enorme da poter conquistare e sta a noi doverlo fare. Se lavoreremo in sinergia, sono convinto che nei prossimi anni proprio questo segmento diventerà una grande opportunità per l’intera filiera agroalimentare italiana, incluso ricevere il giusto riconoscimento per il lavoro di tutti i nostri operatori.

Cosa fa Coldiretti per unire i marchi e che misure mette in atto per combattere l’Italian Sounding?
“Il nostro lavoro è creare un meccanismo per il quale i vari soggetti che compongono le filiere dialoghino fra di loro e, contemporaneamente, collaborare in sinergia con le nostre istituzioni sia quando giochiamo sul territorio nazionale sia quando siamo ospiti di Paesi importanti come gli Stati Uniti. E poi incontrare le persone, attraverso eventi. Più noi creeremo meccanismi per i quali si esatta l’italianità, le nostre eccellenze e le nostre DOP, più solleciteremo le istituzioni a fare in modo che l’Italia sia una squadra forte coesa. L’obiettivo è porre le condizioni per le quali noi possiamo preservare le nostre eccellenze, evitare che diventino utenti per terra di conquista quando si parla di falsificazione dei nostri marchi ed educare i consumatori”.
Quali sono gli obiettivi per i prossimi anni?
“Vorremmo un obbligo dell’origine in tutti i Paesi a livello globale. Dobbiamo partire con una campagna di comunicazione dedicata ai cittadini e consumatori più attenti per portare valore da distribuire all’intera comunità. Dobbiamo creare consapevolezza, elementi di formazione per le figure che ci devono accompagnare, momenti di dialogo con l’estero. Abbiamo ancora molti passi da compiere e noi siamo molto ottimisti sulle sfide che ci dovranno appartenere sempre di più”.