La Valle dei Templi di Agrigento è uno dei luoghi antichi più conosciuti al mondo, eppure continua a riservare sorprese ed emozioni. Se gli scavi archeologi sono tutt’altro che esauriti, e quest’estate hanno fatto notizia decine di statuine che raccontano una storia commovente, la novità più eclatante, anche se più silenziosa, è che il Parco archeologico sta tornado ad essere innanzitutto un’area agricola com’era ai tempi dei greci, mostrando la sua originale identità di luogo di produzione, non più luogo dove combattere gli abusi edilizi ma dove è partita una spirale d’economia sana e rispettosa dei luoghi che ne vuole fare rivivere lo spirito più autentico.
Sotto il Tempio della Concordia, è stata appena inaugurata “Casa Barbadoro”, un antico casale tra gli ulivi e la profumata macchia mediterranea, che il Parco archeologico ha restaurato per trasformarlo in una vetrina e luogo d’esperienza dei sapori del territorio, affidato a CoopCulture, concessionario dei servizi del Parco, che vi organizza degustazioni, incontri con gli artigiani del gusto come il pastore che vi fa la ricotta di capra girgentana, corsi di cucina e di panificazione. Un ulteriore passo avanti per il progetto “Diodoros”, il paniere di eccellenze locali frutto di cooperazione pubblico-privata, coltivate in aree della Valle dei Templi libere da reperti, che dopo i vigneti recuperati ai piedi del Tempio di Giunone – da cui la cantina CVA ricava un blend di nero d’avola, nerello mascalese e cappuccio, affinato in rovere, e presto arriverà anche il bianco da uve grillo – si è arricchito degli oli ottenuti dagli ulivi centenari della Valle, dei prodotti degli agrumeti, mandorleti, zafferaneti ritrovati e riportati in attività, cosi come delle paste e dai pani ricavanti dai campi di grano coltivati nelle antiche varietà Maiorca e Perciasacchi, dei mieli degli alveari di ape nera, delle conserve di fico d’india, dei capperi, ecc. in tutto già 23 diversi prodotti di 13 realtà imprenditoriali locali che danno lavoro ad una sessantina di persone.

Una visione che valorizza il connubio tra archeologia e agricoltura, già messa in atto alla fine degli anni ‘90 nel Giardino della Kolymbethra, sempre all’interno della Valle dei Templi, che grazie al recupero portato avanti dal FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, racchiude oggi un agrumeto di circa due ettari in cui sono coltivate specie antiche ma anche, per non guardare solo al passato, le nuove varietà, dall’arancio amaro al brasiliano, solo per citare due delle 16 varietà presenti. Un paesaggio che racconta contemporaneamente la Sicilia antica e quella in divenire oggi. Anche qui è appena iniziato il recupero di alcune case contadine, Case Montana, che renderà il luogo non solo di visita ma sempre più anche d’esperienza, di didattica e di economia produttiva per l’autosostentamento del Giardino.
Cosi il Parco archeologico della Valle dei Templi si sta trasformando, resta luogo di memoria ma sempre più pieno di vita, di produzione, ricco in biodiversità, allegro di colori, profumi e attività. Ed anche i souvenir diventano eleganti ed autentici, se sono uno dei prodotti, ad esempio una marmellata piuttosto che una bottiglia d’olio, del paniere Diodoros o del Giardino della Kolymbethra.

E si sta anche diversificando l’offerta: non solo greci, CoopCulure propone anche percorsi di scoperta della Villa Romana sul mare della vicina Realmonte, che può concludersi anche al tramonto con un bicchiere di vino Diodoros con i piedi in acqua. Conosciuta da pochissimi, quello che colpisce della villa è, infatti, proprio la sua posizione incantevole sulla spiaggia, vicina alla Scala dei Turchi. D’epoca imperiale, era molto lussuosa e conserva ancora imolti mosaici e marmi rari provenienti da tutto l’Impero.

Infine un’ultima sorpresa è la presenza di tanto pistacchio nell’agrigentino: portato in Sicilia dagli Arabi, di solito si pensa a quello di Bronte, sull’Etna, ma poco distante dalla Valle dei Templi di Agrigento, nell’entroterra, quello di Raffadali è stato riconosciuto DOP nel 2021 e secondo alcuni in realtà la sua diffusione sull’isola è cominciata proprio da qui, dagli aridi terreni calcarei agrigentini ottimi per la sua coltivazione, ecco perché se ne trova tanto e ne sentiremo parlare sempre di più.