Nelle sempre maggiori iniziative che portano a miglior conoscenza la regione delle Marche l’attenzione cade sul Cenobio di San Bartolo nel cuore del parco omonimo, che sorge sulle colline pesaresi e scende poi verso il mare. Il convento si trova in prossimità della splendida Villa Imperiale.
Fondato nel XII secolo come chiesa e casa annessa, furono poi due eremiti Pietro da Gualcerano e Giovanni Berengario a partire dal 1365 a prendersene cura e migliorarne l’aspetto preesistente e le dimensioni dando vita a un primo Cenobio con altri compagni che si unirono a loro. Dopo ulteriori migliorie e ampliamenti passò all’ordine dei monaci Girolamini nel XV secolo nonché dopo alterne vicende ed espropri venne infine acquistato dalla famiglia Zanucchi Pompei nel 1869.

Piccolo, raccolto e affascinante, conserva la memoria di questi avvenimenti ai quali si deve aggiungere, a motivo della sua posizione strategica, l’occupazione da parte dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale seguita da quella degli alleati, per ritornare finalmente in possesso dei conti Zanucchi Pompei alla fine degli eventi bellici.
Così nuovamente austeri, nonni e zie contenevano le scorribande dei nipotini con una rigorosa educazione, mentre alle 18 in punto i rintocchi quotidiani del campanile tutti i residenti si riunivano nella chiesetta presso il chiostro per la recita del rosario.
Negli anni grande è stata la cura dei proprietari per mantenere quasi intatta la struttura del vetusto complesso che si trova in zona sismica, procedendo a onerosi lavori per il rifacimento delle coperture e a importanti consolidamenti statici. In chiesa, risistemato l’impianto d’illuminazione, sono state restaurati e ricollocati nei loro altari originari i grandi dipinti seicenteschi del Viviani (Martirio di San Bartolomeo) e del Begni (Madonna del Rosario), mentre è attualmente in laboratorio la tela Madonna orante e santi.
Quest’anno, il cosiddetto familiarmente “Conventino” ha ritrovato il suo originale aspetto parzialmente perduto, grazie all’utilizzo del PNRR, con un paziente e rigoroso restauro che ha permesso di tornare a godere di vestigia d’affreschi, dell’aspetto originale di mura, del prezioso portale della chiesa e del giardino fiorito, le cui aiuole dal grazioso aspetto geometrico si contrappongono ad alberi secolari.

L’affezione dei devoti al beato Pietro non è mai venuta meno e i proprietari hanno sempre aperto loro l’accesso alla chiesa ed alle parti circostanti quando ne ricorre la festività e tutti i sabati.
Come prima accennato, le iniziative culturali in zona si sono moltiplicate e tra esse nell’ultimo anno, spiccano il Patto dei Monasteri per la cura del Creato,Otium versus Negotium.
Le Giornate Soriane si sono svolte presso il monastero stesso dei Girolamini: “Il Cenobio di San Bartolo: la preghiera e la guerra”.
Ideato in sinergia con il FAI, “#Faiperilclima”, è un’iniziativa di eventi incentrati sul Cenobio insieme a escursioni e percorsi in questa magnifica area protetta per apprezzarne le valenze storiche, artistiche e naturalistiche e diffondere conoscenza a partire proprio dal lavoro che questa fondazione porta avanti nei suoi beni, dove crisi ambientale e cambiamenti climatici si toccano con mano.
Non si possono dimenticare gli echi romantici che sfiorano questo luogo.
Celebrato a distanza di 200 anni dalla morte, proprio quest’anno viene ricordata la figura del sommo poeta Lord George Gordon Byron, che ebbe la più appassionata relazione della sua vita con la contessa Teresa Gamba Ghiselli, già sposa dell’anziano marchese Guiccioli.
Byron, trasferitosi a Ravenna per lei e influenzato dagli ideali di indipendenza del padre e del fratello di Teresa, si associò alla Carboneria e fu coinvolto nei moti rivoluzionari trovando poi la morte nella spedizione per liberare la Grecia alla giovane età di 36 anni. Teresa vivrà sempre nel culto di Byron, trasmettendo con i familiari l’amore per la patria alla sorella minore, Laura, nata nel ‘16 e fatta sposare nel ’36 con Giambattista Zanucchi Pompei e sarà proprio lui ad acquistare il Cenobio. Laura verrà poi avvicinata dal marchese Massimo Taparelli D’Azeglio, con cui vivrà una storia altrettanto romantica e destinata a durare sino alla morte di lui.
Il convento insomma, con le preziose memorie, dirette e indirette, si pone come luogo intimo, silenzioso e invita il visitatore a sentirsi parte di un mondo scomparso ma sempre vivo tra le sue mura e ricco di spunti di interesse artistico e storico.