All’aeroporto di Milano Malpensa c’è Sara. È la prima volta che va a New York. Quello dell’8 novembre è il suo grande giorno: parte da sola per andare a trovare Andrea, il suo fidanzato, che nella Grande Mela sta studiando. Non si vedono da un paio di mesi e Sara ha programmato di stare negli Stati Uniti almeno tre settimane: poi tornerà in Italia, si deve laureare. Poco più in là c’è Ivano, un omone grande e grosso dall’accento bergamasco.
Mai stato in America. Parte per andare a trovare sua figlia Benedetta che studia a Saint-Louis nel Missouri e gioca a basket. Lei non lo sa, quella che le sta organizzando è una sorpresa. Scalo a New York, transfer veloce per passare dal JFK al La Guardia, arrivare dove sta lei e sbucare dal nulla. Vicino all’imbarco c’è anche una coppia di Cagliari, lui già stato a New York, lei no: pochi giorni organizzati in una settimana, pianificati il più possibile per vedere tutto ciò che si può, scarpe comode ai piedi, giacche in grado da proteggere dai venti dell’oceano in caso arrivassero pungenti.

Il volo EK 205 dell’8 novembre è più pieno del solito. “Per New York c’è sempre stato movimento – dice un’assistente alla Malpensa – ma oggi è diverso, c’è tanta gente”. Turisti che si sono messi in coda, con pazienza, aspettando non soltanto il check-in, che in molti avevano già fatto online, ma quel controllo in più che consente loro da adesso di volare negli Stati Uniti. Non succedeva da marzo dell’anno scorso, quando l’allora Presidente Trump decretò il travel ban per i Paesi europei.
Passaporto, Esta, green pass che dimostri la vaccinazione completa, e il referto di un tampone, che deve essere fatto al massimo 72 ore prima, meglio se 48, va bene anche l’antigienico rapido. Tutti in fila, e se non fosse per le mascherine indossate con rigore a vedere tanta gente in aeroporto sembra di tornare indietro nel tempo.
L’attesa, dunque, è lunga. Ma non si sentono particolari lamentele per questo. Così come non c’è il nervosismo che, invece, si percepiva l’anno scorso in tempi di lockdown e incognite: adesso il volo è pieno, ma in qualche modo si respira tranquillità. Anche se i gadgets della compagnia aerea con la pandemia sono cambiati: mascherina e gel igienizzante.

Ma cosa succede una volta arrivati al JFK? L’ampio salone che accoglie i passeggeri è cambiato molto. I controlli automatici dei passaporti sono riservati, oggi, ai cittadini statunitensi. Ci sono meno lettori automatici e sono in un’area ristretta rispetto a prima.
Tutti gli altri, salvo poche eccezioni, devono mettersi in fila per passare dagli agenti del NYPD che, però, non controllano i documenti sanitari. Infatti le verifiche dei Green pass e dei tamponi spettano alle compagnie aeree al momento della partenza. Nel primo giorno di arrivi dall’Europa manca, tuttavia, qualcosa. Il Jfk è meno affollato del solito, nonostante il volo fosse pieno. Ma c’erano lunghe code per potersi assicurare uno dei pochi taxi per raggiungere la città. Un primo giorno andato bene, ma non benissimo, diciamo in fase di rodaggio, mentre scaldano sempre più i motori gli operatori del turismo.