Prima di capire qualcosa di New York, ero straconvinta che non avrei mai e poi mai voluto vivere a Brooklyn. Poco importava che io Brooklyn non la conoscessi per niente, sapevo che non ci volevo stare. Ne ero sicurissima. Per me New York era solo ed esclusivamente Manhattan. Il mio immaginario della città era nutrito da film e telefilm ambientati nella City. Non esisteva altro. In più, per quel poco che avevo visto di Williamsburg e di Park Slope, le due volte che c’ero stata di fretta, mi ero fatta l’idea che fossero posti un po’ troppo tranquilli per i miei gusti e avevo esteso il pregiudizio alle altre parti di Brooklyn che non avrei forse nemmeno mai visitato se fosse dipeso da me e la vita, per fortuna così sorprendente da prendere direzioni inaspettate ogni volta.
Considerate che amo vivere in mezzo al casino. A Milano ho scelto apposta casa mia perché affacciava sul passaggio del tram, una linea che funziona 24 ore su 24 e fa un rumore incessante che io trovo dolcissimo e rassicurante. A me piace il rumore, la folla, il movimento, mi piacciono le luci, soprattutto al neon! La volta, poi, che sono salita, con tutti i miei averi stipati alla bell’e meglio in una valigia gigante e troppi sacchetti della spesa, sull’Uber che mi ha portata dalla casa del mio ex fidanzato all’appartamento dell’amica dell’amica della mia ex collega a Williamsburg in cui avevo trovato temporaneamente appoggio, ci sono rimasta davvero male quando l’autista mi ha chiesto: “Are you leaving the City?”. No, io non stavo lasciando la City, non volevo assolutamente lasciare la City! Il mio era un esilio temporaneo, ero profondamente amareggiata.

I pancakes di Le Barricou
Mi sono ricreduta nel giro di poche ore. Nemmeno giorni, ore. Mi è bastato capitare al posto giusto nel momento giusto: una piadineria. È andata così: la proprietaria di casa mi ha mandato un messaggio scrivendomi che aveva avuto un contrattempo al lavoro e che avrebbe fatto tardi. Mi proponeva di aspettarla in quello che lei chiamava un “deli” italiano sotto casa. Un deli italiano…ero già disgustata a priori pensando che fosse la solita roba trash di vecchiacci italiani/non italiani di dodicesima generazione. Se devo frequentare posti così, preferisco mangiare qualsiasi altra cucina etnica. Gli italiani fake tutti marzapane secco e pasta con le polpette, specie a Brooklyn, proprio no. Invece entro in questo posticino delizioso che non è un deli, ma si propone come piadineria, a giudicare dall’insegna, e mi accolgono con un simpaticissimo “Zao”. Non “Hi” e nemmeno “Ciao”. Proprio un bel “Zao” romagnolo. Insomma, appena arrivata in Conseleya Street (vai tu a capire come diavolo si pronuncia questa via, che nemmeno i taxi driver e gli autisti di Uber sono mai d’accordo) a Williamsburg, mi sono sentita più a casa che mai grazie a Chicco, piadinaro riminese e a sua moglie Paola. La simpatia romagnola è contagiosa di per sé, figuriamoci per una ravennate che arriva spaesata in un posto che le sembra un piccolo inferno in cui vivere un triste esilio.
In realtà, ho realizzato subito, che la zona di triste non ha proprio niente di niente. Triste era solo il mio sguardo impaurito e parecchio provinciale. Mi sono ambientata alla grande, riempiendo le tasche del mio portafoglio con fidelity card di esercizi commerciali della zona, dalla Black Star Bakery in Metropolitan Avenue, in cui sono diventata una habituè della colazione con il cappuccino e il loro impareggiabile croissant alla Nutella, all’estetista Amazing Eyebrows in Graham street, specializzata nella depilazione delle sopracciglia con il threading, quello che noi chiamiamo “il filo orientale” e a cui dovremmo convertirci tutti. È evidente che è la più precisa e meno dolorosa tecnica di depilazione mai sperimentata, ma questo, in effetti, è un altro discorso.

La Caffetteria Devocion USA
La zona è piena di posticini gradevoli come Pates et Traditions in cui si viene catapultati in un’atmosfera da Costa Azzurra e si può prendere un brunch à la française, magari se il clima lo consente, seduti sulle adorabili sdraio che ci sono nel dehor. In Grand Street, invece, ho mangiato i più grandiosi pancakes di sempre da Le Barricou. Una porzione è troppa anche per una persona molto affamata. Andateci e divideteli! Le Barricou, tra l’altro, è un posticino davvero adorabile anche di sera: c’è un’atmosfera magica, anche grazie al camino e al pianoforte.
I baretti in cui ascoltare musica dal vivo in zona non si contano. C’è una vivacità impressionante e ce n’è davvero per tutti i gusti. Considerate che una sera, sono andata all’Output, un club su Wythe Avenue, e ho beccato per caso un concerto di Four Tet. Four Tet, non so se mi spiego! Ok, è vero che siamo a New York, ma è pazzesco entrare in un club e ritrovarsi con uno dei più grandi musicisti elettronici che suona live.
E vogliamo parlare del Barcade? Locale più unico che raro strapieno di autentici videogiochi anni Ottanta. Roba che una della mia generazione ci entra e non ne esce mai più. Qualche videogioco vintage lo potete trovare anche al The Commodore, ma lì io consiglierei di andare più che altro per il pollo fritto abbinato genialmente al signature cocktail del posto: una freschissima pina colada.
Ci sono poi una serie di locali veramente iconici, tipo la caffetteria Devocion USA, in cui basta entrare per essere pervasi dal “New York state of mind”. Quei posti, insomma, che ti immagini possano esistere solo a New York e in effetti è così, esistono solo a New York, specialmente a Williamsburg, poi piano piano il resto del mondo li scopiazza più o meno bene.

Tramonto a Williamsburg
E i negozi! Ho capito che Williamsburg è molto più degli stereotipi che lo vogliono semplicemente come un covo di hipster, quando ho visto che a North 6th Street c’è un monomarca Sandro. Ognuno di noi ha i suoi punti di riferimento e i monomarca Sandro sono i miei personali indicatori di coolness. A parte gli scherzi, consiglio vivamente una passeggiata a North 6th Street per farsi un’idea di quello che da noi in Europa andrà di moda tra un anno o forse più.
A proposito di coolness, penso che uno dei posti più belli in cui bere qualcosa sia la terrazza super panoramica del Wythe Hotel, uno dei rooftop più belli di Brooklyn. Ottimi cocktail e una vista spettacolare su Manhattan.
Ecco, c’è pure questo da dire: è vero che è bello per me stare in mezzo al casino, ma quanto è bello guardarlo da fuori! Williamsburg offre una serie di scorci, più o meno mozzafiato, da cui è davvero incantevole guardare la City. Una volta, per esempio, mi è capitato di uscire dalla metropolitana e ritrovarmi avvolta dal cielo più rosa che mi sia mai capitato. Un tramonto che quasi mi abbracciava e devo ammettere che da ogni angolo io guardassi quelle rassicuranti nuvole rosa, la vista restava talmente entusiasmante che facevo fatica a non urlare di gioia, così, da sola, in mezzo alla strada.
E vogliamo parlare della vista sulla città da Dumbo? Sì, vi parlerò presto di Dumbo e vi parlerò del cuore vero della street art, Bushwick. E vi parlerò molto volentieri anche di Long Island City e di Carroll Gardens. Nemmeno so tutto quello di cui vi parlerò perché di Brooklyn per ora ho conosciuto pochissimo, ma ho capito che si tratta di un macrocosmo caleidoscopico, pieno di mondi interessantissimi.
Insomma, ero così perplessa e alla fine mi sono innamorata di Brooklyn e come tipicamente succede, non faccio in tempo ad affezionarmi a un posto e già lo devo lasciare. Ho finalmente trovato una casetta tutta per me. L’ho trovata proprio dove desideravo, nel West Village. È tempo di un nuovo trasloco. Ritorno a Manhattan! Me ne vado piena di gioia e di gratitudine per tutto quello che ho scoperto qui a Brooklyn, ma soprattutto me ne vado con un bagaglio di curiosità per cui penso proprio che tornerò molto spesso.