Il Carnevale, nelle Alpi, è una cosa seria, un po’ come in tutte le terre di montagna. È che fra le montagne la vita è dura, specie d’inverno. Così, una festa di per sé già liberatoria e “licenziosa” come il Carnevale a certe latitudini si carica di ulteriori significati. Non solo mondo alla rovescia, insomma, non solo occasione per dire (e fare) ciò che per il resto dell’anno non è permesso. Anche rito propiziatorio per l’arrivo della primavera, dopo la neve e il gelo, e quindi per il ritorno della vita, nei campi, nella terra che si prepara ad accogliere nuova vita.
Quello che vi raccontiamo è uno dei Carnevali più singolari dell’arco alpino. Si tiene ogni due anni a Termeno/Tramin, paese della valle dell’Adige, in Alto Adige/Südtirol (rigorosamente con la umlaut, ovvero i due puntini, sulla u). Il Südtirol è uno spicchio di terra tedesca nell’estremo Nord dell’Italia. Prima per secoli principato vescovile, poi regione dell’Impero austroungarico – fino alla fine della Prima guerra mondiale, come il vicino Trentino – ha conservato la propria lingua e la propria cultura. Oggi è un’apprezzata meta turistica, oltre ad essere tirato in ballo quando si parla di conflitti territoriali (come quello che oggi dilania l’Ucraina) a causa della sua Autonomia speciale, considerata un esempio fra i più positivi in Europa di risoluzione pacifica di un contenzioso centrato sui confini e sulla tutela di una minoranza linguistica.

L’egetmann e la sua sposa

Draghi di tutte le fogge all’ombra del campanile di Termeno

Uno dei carri più inquietanti, certamente non adatto a vegetariani e vegani

La lettura del protocollo del matrimonio

Sui carri l’allegria regna sovrana grazie anche al vino che scorre a fiumi
Il Carnevale di Termeno è una tradizione che affonda le sue radici nella seconda metà del 1500. È tanto antica che gli organizzatori ne hanno chiesto l’inserimento nella lista dei beni immateriali dell’UNESCO; ed infatti, quest’anno, mescolato fra il pubblico, qualche osservatore dell’agenzia dell’ONU c’era.
Il tutto ruota attorno ad un matrimonio, quello fra l’Egetmannhansl, o Egetmann, che è sia un pupazzo sia un figurante in carne e ossa, in giacca nera, cilindro e guanti bianchi, e la sua sposa, spesso personificata da un uomo (come nel teatro del passato, quando solo agli uomini era consentito recitare). Entrambi arrivano su un calesse, dietro al quale camminano i consiglieri, gli “uomini del potere”, con ciascuno un oggetto simbolico: il registro del protocollo-dichiarazione di matrimonio, la scala, l’ombrello e due candelieri (un bastone con una pannocchia di granoturco come candela). Il corteo che si snoda per le vie di Termeno, si ferma ad ogni fontana. Qui viene appoggiata la scala su cui sale il consigliere con un ombrello, sotto al quale il nunzio legge il protocollo con la profferta di matrimonio, in passato anche una lista di eventi salienti occorsi durante l’anno appena concluso, condita di pesante ironia e sfottò .
Matrimonio, quindi nuova vita, vita che si rinnova, nascita e ri-nascita: la simbologia della festa è evidente e si lega ad altre che si tengono soprattutto in area germanica, nonché in molte località dell’arco alpino italiano, alla vigilia della Quaresima.
Attorno ai due sposi, ruota una folla di personaggi tradizionali. I veri protagonisti della festa sono gli Schnappviecher, detti anche Schnappvieh o Wudele. Sono le apparizioni più spettacolari, sorta di draghi alti come due uomini e con la mascella mobile, che sbattono selvaggiamente per far risuonare i denti. Azionati dai volonterosi che si celano al loro interno, gli Schanppviecher sono ricoperti di pelli e la loro testa è sormontata da corna di animali. Vengono inseguiti dai macellai che ad ogni sosta ne catturano uno e lo uccidono, chiudendo così il ciclo dell’inverno e aprendo le porte alla primavera.
Fra le altre figure non può mancare quella dell’uomo selvatico ("Wilder Mann"), con il corpo ricoperto di foglie d’edera, tenuto a bada a fatica dalla sua figura di contorno, il cacciatore.
Ma il Carnevale di Termeno è anche un Carnevale di carri: sono quelli che raffigurano le professioni più o meno tradizionali, come trebbiatori, mugnai, fabbri, pescatori, “biciclettari”, ma anche altre presenze nella vita della comunità, come gli zingari, quelli ricchi e quelli poveri. Uno dei carri più singolari è quello del “mulino delle vecchie”, che macina le donne anziane e le restituisce giovani e belle. Uno dei più inquietanti è quello degli uomini “primitivi”, seminudi e coperti di sangue: il capocarro cavalca un toro.
Ma questa descrizione non deve fare pensare a un carnevale “ingessato”, ad uso e consumo dei turisti: l’Egetmann è una scatenata festa popolare, fatta di vino (soprattutto il locale Gewurtztraminer), di grappa, di fruste che schioccano, di streghe, piume, fuliggine, fumo di forni e focolai, una festa che conserva ancora un sapore dionisiaco. Non basta né descriverla né fotografarla: bisogna viverla. Per chi fosse incuriosito, l'appuntamento è nel 2017.