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July 11, 2014
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Lasciando Dawson in canoa come in un deja vu

Igor D'IndiabyIgor D'India
Time: 3 mins read

Quando Bonatti giunse a Dawson, per la seconda volta nel suo viaggio, vi rimase quattro giorni ospite di George Hunter, direttore della Klondike Bank (successivamente Bank of Montreal, oggi museo di Parks Canada) e potè gioire della vita intensa di questa magnifica cittadina.

Fotografò il Can Can che tutt'oggi si può ammirare al Geertie's, il casinò, e assaporò l'atmosfera della Gold Rush, grazie a una serata in costumi dell'epoca, voluta dallo stesso Hunter. 

can canErano tempi in cui il turismo era appena sbocciato nello Yukon. Bonatti fu tra i primi visitatori italiani del dopoguerra da queste parti. Capisco bene la sua nostalgia, quando lasciò gli amici di Dawson quella mattina del 20 Giugno 1965. Sulla riva un gruppo di persone salutavano agitando le mani in aria, mentre il wilderness lo inghiottiva nuovamente. 

Domani succederà nuovamente, ma a me. È incredibile la sensazione di déja vu che mi accompagna già dai primi chilometri sul fiume. Le onde sul lago Laberge, i castori nei dintorni di Whitehorse, i tramonti infuocati, gli alci con i piccoli intenti a fare il bagno per rinfrescarsi, gli agguerriti gabbiani che mi attaccano ferocemente quando passo in prossimità del nido.

E poi il vento, incessante quest'anno, i temporali, la paura di naufragare in quelle acque "ribollenti" e fangose…tutto torna caro Walter.

Eppure qualcosa in questo primo tratto di settecento chilometri è notevolmente diverso dalla sua esperienza. Vi è un discreto numero di paddlers, spesso turisti con guida al seguito, che si godono (con tappe brevi e cuoco e comodità al seguito) alcuni dei più spettacolari tratti del fiume.

Sebbene sia poco più che turismo, rispetto  questo modo di vivere il fiume. Tutti ne hanno diritto. Purtroppo ogni tanto si incrociano persone che affrontano il wilderness con spavalderia e poca coscienza dei pericoli. Gli incidenti possono capitare a tutti, ma sottovalutare gli elementi è davvero sterile e arido. Se succede qualcosa, nonostante i moderni mezzi di soccorso e di comunicazione, si ha davvero poco tempo per tirarsi fuori dai guai prima che sia troppo tardi. Pensate solo al fatto che, in caso di rovesciamento della canoa nel main stream, per raggiungere la riva a nuoto, si può rimanere in acqua per quasi mezz'ora  e uscire, sfiniti e in piena ipotermia, a circa sette chilometri dall'incidente! La corrente  tocca quasi le dieci miglia orarie.

acquaOltre al lago Laberge, il grande ostacolo sono state le famose Five Finger Rapids, 25 chilometri a nord di Carmacks. In realtà non sono difficili se si è in due, ma da soli bisogna essere discretamente bravi. Per me erano le Colonne d' Ercole, l'impossibile.  Prima di affrontarle ho analizzato bene le correnti, trovando un sentiero (lo stesso che utilizzò Bonatti per il portage), che conduce in cima a una di queste enormi "dita" di basalto.

Come ho raccontato nel dettaglio sul mio blog, ho fatto un errore che per poco non ho pagato caro: mettere la barca di traverso proprio all'arrivo delle onde da destra, quelle più grosse. Rossana e il fiume stavolta mi hanno graziato, e siamo riusciti a passare lo stesso, ma è stato un prezioso insegnamento!

Dopo la confluenza del White River, a sud di Dawson, lo Yukon diventa un ribollire di detriti glaciali, tronchi e sassi, aumentando notevolmente la portata fino a circa 13 milioni di galloni al minuto. 

Tuttavia quest'anno c'è meno acqua rispetto al solito. Quindi niente fiumi in piena. Ma se da un lato si guadagna, dall'altro si paga sempre. Questo inverno mite ha generato un'estate piovosa e soprattutto ventosa. Più a nord di Circle, dove cominciano i flats dell'Alaska, la situazione è ancora più delicata, perché la terra dei caribou, la Tundra, non offre la protezione degli alberi e le correnti sferzano l'erba senza sosta. 

Sono località remote, davvero dure e fredde, appena sopra il circolo polare artico. Mi sto preparando al freddo e armando di pazienza. In quel tratto  di fiume ci si perde facilmente in un labirinto di isole e si deve sottostare alle leggi delle terre estreme. 

 

Potete seguire le avventure di Igor anche sul suo blog.


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www.sportsenzafrontiere.it

 

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Igor D'India

Igor D'India

Documentarista d'avventura, ho attraversato lo Yukon in canoa sulle tracce di Bonatti, ho pagaiato sulle acque del Mekong, ho percorso l'Italia in bicicletta e trascorso 700 ore nella Grotta del Pidocchio (Palermo, Monte Pellegrino), a trenta metri di profondità, in completa solitudine. Mi piace documentare la relazione uomo-fiume-clima con approccio old style. Ho attraversato alcuni grandi fiumi del mondo e adesso torno in Alaska.

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