Nei giorni scorsi il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha presentato al Consiglio di Sicurezza il rapporto su Bambini e conflitti armati. Una disamina di quanti sono stati i casi di “gravi violazioni” o semplicemente di “violazioni” degli accordi relativamente ai bambini reclutati, uccisi, mutilati, vittime di violenza sessuale o di rapimento nel corso di conflitti armati, da gennaio a dicembre 2019.
Decine di migliaia i casi riportati: complessivamente le violenze rilevate e certificate sono state oltre 25.000, più della metà commesse da soggetti non statali, ma per un terzo commesse anche da forze governative o internazionali. Lo scorso anno sono stati 24.422 i nuovi casi rilevati di violazioni che si sono aggiunti a 1.241 commessi in precedenza e continuati anche nel 2019.
In calo ma sempre altissimo il numero di vittime verificate: 4.019 i bambini uccisi e 6.154 quelli che hanno riportato mutilazioni. Un dato, come ha sottolineato Guterres, che desta “serie preoccupazioni relative alle violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani, circa la mancanza di capacità e di misure per mitigare i danni e la guerra in aree densamente popolate”. Nel 2019, sono stati certificati dalle Nazioni Unite quasi mille attacchi a siti come scuole (494) o ospedali (433). Elevatissimo il numero di attacchi in Siria, nel territorio palestinese occupato, in Afghanistan e in Somalia. Sorprende che molti di queste stragi non sarebbero stati compiuti da terroristi ma dai governi ufficiali: complessivamente, lo scorso anno, gli attacchi a scuole e ospedali commessi da soggetti “statali” sono stati 503, quasi il doppio rispetto al 2018. Le scuole continuano a essere utilizzate a scopi militari e dopo gli attacchi anche quando non sono state rase al suolo, le lezioni sono state sospese per settimane. Aumentate anche le violazioni degli accordi internazionali culminate nel rifiuto di concedere accesso umanitario ai bambini.
Altro tema di cui si parla troppo poco sono gli stupri e le altre forme di violenza sessuale di cui sono vittime migliaia di bambini. In questo caso, ha detto (e scritto) Guterres, i numeri reali “continuano a essere ampiamente sottostimati”: “solo” 735 i casi verificati prevalentemente in paesi africani (nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia, nella Repubblica Centrafricana, nel Sudan e nel Sudan del Sud). Ancora una volta sorprende il numero elevatissimo di casi attribuiti a soggetti pubblici che sono quasi raddoppiati: è il motivo per cui molto spesso i bambini e le loro famiglie non sono disposti a denunciare la violenza sessuale subita (temendo ritorsioni da parte delle autorità). Ciò che emerge dal rapporto è che gli stupri (anche di gruppo), la schiavizzazione sessuale e i matrimoni forzati rimangono tattiche di guerra largamente utilizzati e “argomenti tabù”.

Numerosi i casi accertati di rapimento da parte di soggetti “non statali”: 1.683 bambini, con oltre il 95% dei casi (principalmente in Somalia, nella Repubblica Democratica del Congo e in Nigeria). Ma ancora una volta il rapporto sottolinea come questo numero sia “probabilmente sottostimato”. Migliaia sono i bambini rapiti per reclutarli e coinvolgerli, direttamente o indirettamente, nei combattimenti.
Il timore che molti casi sfuggano all’analisi delle Nazioni Unite è dimostrato da quanto avviene in Libia. Secondo il rapporto del Segretario Generale dell’ONU Guterres, “non sono stati verificati casi di reclutamento” di bambini. Purtroppo, invece, un recente rapporto ha dimostrato che in Libia spesso vengono coinvolti nei combattimenti bambini e adolescenti provenienti anche dalla Turchia e dalla Siria. Del resto lo stesso rapporto delle Nazioni Unite parla dell’arresto e della detenzione in Libia di otto ragazzi di età compresa tra 14 e 17 anni dal governo di accordo nazionale per “associazione con l’esercito nazionale libico (LNA)”.
In Libia sono 77 i bambini di età compresa tra 6 e 17 anni che sono stati uccisi (35) o mutilati (42) dall’LNA o da forze forze affiliate (50), da gruppi armati non identificati (9) , da grruppi armati di Tebu (5), da forze affiliate al governo di Accordo nazionale (2) o da gruppi armati di Tripoli (1). Lo scorso anno durante scontri tra LNA e forze affiliate al governo di accordo nazionale sarebbero morti almeno 10 bambini.
Molte anche le segnalazioni pervenute di “stupri e altre forme di violenza sessuale perpetrate contro rifugiate e ragazze migranti, inclusi episodi di prostituzione coatta da parte di reti criminali, alcune delle quali associate a gruppi armati”. In Libia, nel 2019, le Nazioni Unite “hanno verificato 24 attacchi di cui 9 contro scuole e 15 contro ospedali”. Sono inoltre pervenute segnalazioni “non verificate di ulteriori 24 attacchi a strutture sanitarie”. Ma non basta secondo il rapporto presentato da Guterres, “le ostilità hanno costretto quasi 220 scuole a chiudere a Tripoli e dintorni, privando almeno 116.000 bambini del loro diritto all’istruzione”. Molti anche gli episodi di negazione dell’accesso umanitario.
Proprio riferendosi alla Libia, Guterres ha dichiarato di essere “preoccupato per la prevalenza di uccisioni e mutilazioni di bambini e attacchi a scuole e ospedali”. “Esorto tutte le parti a rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale, in particolare il principio di distinzione tra civili e persone che partecipano direttamente alle ostilità e tra oggetti civili e obiettivi militari”. Anche l’annosa questione del rispetto dei diritti dei rifugiati e dei profughi appare tutt’altro che risolta. Specie per ciò che riguarda i minori: “Ribadisco la mia preoccupazione per l’abuso di rifugiati e bambini migranti, anche attraverso la tratta di esseri umani, la privazione della libertà, la tortura e la violenza sessuale. Chiedo al governo di porre fine alla detenzione minorile e di perseguire alternative”. “Esorto il governo a impegnarsi con il mio rappresentante speciale e le Nazioni Unite in modo da adottare misure per porre fine e prevenire le violazioni contro i bambini”, ha dichiarato il Segretario delle Nazioni Unite.
Resta da capire a quale dei due governi che attualmente si contendono il controllo di Tripoli fosse rivolto l’invito. A quasi dieci anni dalla rivolta che spodestò Gheddafi, la Libia non sembra aver trovato un modo di tradurre in unità nazionale i tanti gruppi etnici in forte contrasto tra loro. Una situazione purtroppo non molto diversa da quella che si verifica in molti altri paesi dove persistono guerre che continuano a causare decine di migliaia di vittime innocenti. E senza che le Nazioni Unite siano finora riuscite a porvi un freno.