Quando Enzo Eusebi dice “in fondo siamo tutti architetti” ci crede davvero. Lui, che della materia è un maestro, crede che in ognuno di noi ci sia l’inventiva e la capacità per costruire qualcosa di gradevole e funzionale. D’altronde, rimarca più volte, alcuni dei più grandi architetti della storia non si sono mai laureati.
Nato a San Benedetto del Tronto nel 1960, Eusebi della sua terra d’origine conserva l’inconfondibile accento. Parla con convinzione ed entusiasmo, tanto che fermarlo, a volte, diventa difficile.
Lui, cresciuto in una cittadina con meno di 50.000 abitanti e in un contesto diviso tra la borghesia e le brigate rosse, da quella piccola realtà locale è arrivato a mettere la firma nella lontana Asia, dove sorgono alcuni tra i suoi progetti più famosi.
In Cina, soprattutto, dove arriva nel 2003 dopo la scomparsa dei genitori con l’idea di prendersi un anno sabbatico. Il riposo, però, dura poco, perché a Pechino inizia subito a lavorare. Nel 2005 nascono le Kunlun Towers, due torri con appartamenti di lusso e vista panoramica che spazia dal centro diplomatico della capitale alla Città Proibita. 115 metri rivestiti da lastre orizzontali di ardesia che rievocano la catena montuosa dalla quale prendono il nome.
A New York, in occasione del Design Day, Eusebi ha spiegato tutto questo in un panel organizzato dall’ICE insieme ad Adolfo Guzzini, che ha illustrato la filosofia di illuminazione di IGuzzini, al presidente della Scuola di Architettura del New York Institute of Technology Maria Perbellini, all’architetto Alberto Fiorenzi di IMesh e all’architetto Jesse Lazar, Direttore dell’American Institute of Architects. Con loro ha parlato tanto di luce, uno degli argomenti per cui nutre la passione più grande.

Si è concentrato sopratutto sull’Albero della Luce, un’opera alta circa sette metri che, oltre ad essere un inconfondibile elemento di design, ha in sé anche tutta la tecnologia di cui una città ha bisogno. Una volta comprato si può scegliere colore, forma, tecnologia e dotazioni, che vanno dal controllo delle strade attraverso le webcam alla solarizzazione attiva tramite pannelli fotovoltaici.
Eusebi ha intenzione di regalarne uno alla città di New York e si sta muovendo proprio in queste settimane per raggiungere un accordo con la municipalità. “È pensato per integrarsi con il paesaggio urbano – racconta, quindi potrebbe essere inserito un po’ ovunque tra le strade di Manhattan. È un’opera a cui devo tanto, mi ha fatto imparare molte cose sul design: come funziona, come lo si governa. Lo donerò al sindaco e farò un grande sforzo per portarlo qui”.
Un modo per far arrivare e conoscere la sua idea di architettura anche negli Stati Uniti, dopo aver unito negli anni un lavoro di studio alla riflessione critica rispetto ai temi sociali e sostenibili grazie alla duplice formazione di ingegnere e architetto.
Quando lo incontriamo alla sede dell’ICE sulla sessantasettesima strada, il direttore Antonino Laspina lo descrive come un uomo amante della provocazione. Lo si comprende dai discorsi che fa – critica il settore del design italiano troppo spesso vittima di immobilismo – e dai progetti che propone. Per New York, oltre l’Albero della Luce, ne ha in mente anche un altro.

Un immenso edificio multifunzionale dalla struttura estremamente leggera in acciaio inox (“Costa sette volte più di quello normale – spiega – ma poi non richiede nessun tipo di manutenzione, è un investimento a lungo termine”) che vedrebbe bene anche al di fuori di Manhattan. “Lo vedo come un luogo in cui sperimentare. Io me lo immagino così: 10 piani di big data, cinque di orto e il resto residenziale”.
Di idee ne ha tante, anche se sostiene di essere arrivato quasi alla fine del suo viaggio professionale. Per ora, però, c’è ancora molto da fare: New York aspetta di essere arricchita dai suoi lavori.