Potentially Dangerous è un lungometraggio documentaristico sulla storia non raccontata degli immigrati italiani internati e perseguitati come “nemici stranieri” dell’America durante la seconda guerra mondiale. È stato prodotto grazie a una sovvenzione di National Italian American Foundation, Italian Sons and Daughters of America, AGBO, e i registi hollywoodiani Joe e Anthony Russo. Potentially Dangerous ha vinto il 2021 Russo Brothers Film Forum.

Il regista e produttore Zach Baliva ha iniziato la sua carriera lavorando per gli scrittori e i produttori della celebre serie TV E.R. – Medici in prima linea. Ha quindi lasciato il suo lavoro per produrre My Name is Jerry, il film che ha dato a Steven Yeun (Minari) il suo primo ruolo sul grande schermo. Baliva ha radici in Italia, precisamente in Abruzzo, e ha vissuto e lavorato a Roma e Venezia. Le opere d’arte in generale, e i documentari in particolare, spesso nascono da sentimenti o attaccamenti profondi che affiorano e reclamano di essere espressi, ed ero curiosa di sapere cosa avesse portato Zach a creare un documentario su eventi così dolorosi di un passato ormai lontano. Si è rivelato un punto di partenza per una stimolante conversazione su una storia, quella degli italoamericani negli Stati Uniti, e su un viaggio alla ricerca delle nostre radici.

Cosa ti ha spinto a realizzare questo lungometraggio dopo così tanto tempo dagli eventi che racconti?
“Quando ho ottenuto la doppia cittadinanza italiana, mi sono reso conto di avere pochi legami con la patria dei miei antenati, e mi sono chiesto perché. Poi ho scoperto la ragione – gli italiani in America sono stati perseguitati durante la seconda guerra mondiale, non per qualcosa che avevano effettivamente commesso, ma solo per chi erano e da dove provenivano. Il trauma ha portato molti di loro a nascondere la loro lingua, la loro cultura e i loro costumi. Potentially Dangerous rivela la storia non raccontata di ciò che è successo agli italiani in America durante la seconda guerra mondiale ed esamina le conseguenze durature di tali eventi. La storia ha implicazioni moderne e può aiutarci a imparare a trattare gli altri con empatia e comprensione”.
In che modo sono stati coinvolti i fratelli Russo e la NIAF?
“Ero a conoscenza del Russo Brothers Film Forum dal NIAF, e stavo cercando un’importante storia italo-americana man mano che la scadenza si avvicinava. È stato allora che ho scoperto che gli italiani in America sono stati perseguitati come enemy aliens durante la seconda guerra mondiale e ho iniziato a indagare più approfonditamente. Come molte persone che ho incontrato da allora, sono rimasto sorpreso perché non avevo mai sentito parlare di questi eventi prima. Ho scoperto presto nella mia ricerca che gli italiani sono stati effettivamente detenuti a Ellis Island, e questo è uno dei momenti in cui ho capito che volevo raccontare questa storia. Ho avuto dei familiari che sono entrati negli Stati Uniti attraverso Ellis Island, che è stata un faro di speranza per loro e più tardi un simbolo di orgoglio per la mia famiglia. Scoprire che in seguito è stata usata come centro di detenzione basato solo sull’isteria e il sospetto bellico è stato un interessante accostamento da esplorare”.

Quanto è personale tutto ciò per te?
“Il lato della mia famiglia paterna è italiano e ho la doppia cittadinanza. Ho vissuto e lavorato a Roma e in Italia e ho passato molti anni a imparare la lingua perché non mi è stata insegnata in famiglia. Ho imparato, facendo questo film, che questi eventi hanno accelerato la perdita di cultura, poiché gli italiani hanno cercato di “mescolarsi” e di rinunciare ad alcune delle cose che li rendevano italiani per sembrare più americani. Credo che questi eventi abbiano relativamente danneggiato l’espressione della nostra cultura in America, e siamo rimasti con una caricatura più stereotipata di ciò che significa essere un italiano americano”.

In che modo l’esperienza italoamericana differisce da quella dei giapponesi, che furono anch’essi internati come potenzialmente pericolosi?
“L’esperienza giapponese è naturalmente molto più conosciuta a causa dei numeri e di altri fattori. Molti più giapponesi furono internati, e intere famiglie furono trattenute. Per gli italiani, i numeri furono inferiori e di solito riguardavano solo gli uomini. Molte delle storie più dure avvennero lungo la costa occidentale e in altre parti del Paese vicino alle installazioni militari. Tuttavia, è importante notare che le ampie restrizioni e lo status di enemy alien furono applicate a circa 600.000 italiani in America, indipendentemente dalla loro ubicazione. Sebbene sia importante riconoscere la profonda sofferenza della comunità giapponese, possiamo dire che entrambi i gruppi furono perseguitati dal Governo a cui erano fedeli e dal Paese che avevano scelto per farne la loro casa, in molti casi per decenni”.

Qual è il numero totale di italoamericani internati negli Stati Uniti, e da dove provenivano?
“Ci sono molte definizioni legali differenti che rendono questa domanda difficile da rispondere, e gli eventi non sono mai stati studiati, quantificati, o in alcun modo riconosciuti dal nostro Governo fino a quando il dipartimento di Giustizia non ha pubblicato un rapporto nel 2001. Quel rapporto dice che oltre “10.000 italoamericani della costa occidentale furono costretti a lasciare le loro case e fu proibito loro di entrare nelle zone costiere” e “più di 50.000 furono sottoposti a coprifuoco”. Sappiamo che centinaia di migliaia dovettero portare con sé carte d’identità e furono sequestrate torce, radio, mappe e altri beni personali. Il rapporto elenca 418 uomini italiani che furono effettivamente internati. Molti altri furono tenuti e detenuti senza un ordine ufficiale di internamento. Si trattava di persone di origine italiana che vivevano negli Stati Uniti ma che, per varie ragioni che esploriamo nel film, non avevano ancora completato il processo di naturalizzazione. Molti erano sposati con cittadini americani, avevano figli che servivano nell’esercito americano, avevano iniziato il processo di naturalizzazione e/o vivevano nel Paese da anni e persino da decenni”.

In alcuni casi, come quello della madre di Scudero, le famiglie vennero separate perché solo uno dei genitori non era cittadino americano. Ci dica di più.
“Per prima cosa, è importante riconoscere il giusto tributo a Rose Scudero e alle molte persone doviziose come lei che hanno cercato di far uscire allo scoperto questa storia per diversi anni. Siamo grati alla gente di Pittsburg e dintorni, in California, dove la famiglia di Rose ha fatto parte di un’evacuazione di massa di persone di una comunità italiana vicina a una grande area militare. Molte di queste storie sono state scoperte da Larry Di Stasi, che ha scritto molto su questo argomento.
Rose aveva 12 anni quando sua madre ricevette una lettera che diceva che la giovane doveva lasciare la casa di famiglia a Pittsburg perché non era ancora cittadina statunitense. Il padre di Rose, cittadino americano, era un impiegato nei cantieri navali che costruiva navi per il Governo degli Stati Uniti. Aveva molti fratelli maggiori, ma poiché Rose era minorenne, venne costretta a lasciare casa e a stare con sua madre. Lasciò i suoi amici delle medie e si trasferì a 30 chilometri di distanza con sua madre. Quasi 2.000 persone furono evacuate da quella città, e nel documentario c’è un’immagine impressionante di alcune delle loro facce come foto segnaletiche, potendosi notare che la maggior parte di queste sono anziani che chiaramente non rappresentavano alcuna minaccia per gli Stati Uniti”.

La premessa di Potentially Dangerous è cruciale: era impossibile per chi veniva preso di mira dimostrare la propria lealtà e innocenza. Era una manovra in malafede del Governo americano semplicemente per punire i cittadini di una potenza nemica?
“Può essere facile pensare che alcune di queste azioni fossero giustificate perché eravamo in guerra, ma nessuna di queste persone aveva commesso un crimine, eppure vennero prese di mira semplicemente per il luogo in cui erano nate. Per il luogo da cui provenivano. Per quello che “avrebbero potuto” fare basandosi solo su questi fattori. Furono perseguitati, detenuti e in alcuni casi internati, eppure non furono mai accusate di un crimine e potevano essere denunciate da chiunque senza che gli fosse detto di cosa erano sospettati. Il Governo degli Stati Uniti ha riconosciuto che nessuna di queste misure, come l’internamento, ha mai scoperto nemmeno una minaccia o un atto di sabotaggio pianificato da qualcuno degli individui interessati”.
Nel documentario c’è una chiara implicazione che il concetto italiano di cittadinanza è/era radicalmente diverso da quello americano. Ci dica di più.
“Questo è un altro concetto interessante che vorrei avessimo più tempo per esplorare: Luca Signore spiega come il modo in cui i due Paesi vedono la cittadinanza abbia influenzato questi eventi, perché gli italiani non si affrettavano a diventare cittadini americani naturalizzati. Alcune persone hanno anche spiegato o sostenuto che 100 anni fa la cittadinanza non era intesa come qualcosa che si doveva sbrigare subito dopo l’arrivo. Molti di questi italiani si trasferirono in città densamente italiane come Pittsburg, California, dove avevano tutto ciò di cui avevano bisogno (in italiano) e non avevano né i mezzi, né il trasporto, né le competenze linguistiche per completare il processo di cittadinanza.
Gli italiani vedono la cittadinanza come tramandata attraverso il patrimonio, non il luogo di nascita [ndr: jure sanguinis contro jus soli]. Negli Stati Uniti la cittadinanza è automatica per nascita, ma i figli di stranieri nati in Italia non sono automaticamente cittadini italiani. Penso che molti italiani considerassero quindi la loro cittadinanza italiana originale come una parte intrinseca di loro che non poteva essere cambiata attraverso qualche scartoffia”.

Hai incluso una lettera straziante di Louis Joseph Sdraulig che si chiede e non riesce a capire come è venuto meno agli standards americani di lealtà e dovere civico. Può dirci di più?
“Non sappiamo molto di Sdraulig, ma abbiamo una lettera che ha scritto durante il suo processo d’appello e hai ragione, è straziante. Chiaramente non capisce perché viene accusato di qualcosa o di cosa è sospettato. Il processo gli provoca un sacco di dubbi e costui finisce per incolpare se stesso, fondamentalmente dicendo che se il Governo lo ha imprigionato, deve essere consapevole di qualcosa di malvagio dentro di lui che lui stesso non è in grado di vedere”.
“Il sogno americano si è fermato di colpo. Perché? Erano italiani. E non erano cittadini”. Quanto erano simili quegli eventi alle cose che accadono oggi, per esempio, al confine messicano?
“Abbiamo scelto di proposito di lasciare questa domanda aperta, ma penso che ci siano chiare implicazioni per la discussione odierna sull’immigrazione, la giustizia e l’empatia”.

Realizzare questo documentario è stato un momento catartico?
“È diventato un progetto appassionate per molte ragioni. La maggior parte delle persone che abbiamo intervistato non hanno mai potuto raccontare le loro storie in video prima d’ora. Questi eventi sono accaduti 80 anni fa, e non saranno con noi per sempre. Abbiamo bisogno di raccontare questa storia finché possiamo, ed è importante diffondere la consapevolezza di questi eventi dimenticati e fare la nostra parte per preservare questa storia per le generazioni future. Ecco perché siamo così grati a storici come Larry di Stasi, a coloro che abbiamo intervistato e a tutti i gruppi affiliati alla NIAF come AGBO, i fratelli Russo e gli Italian Sons and Daughters of America. Questo film non sarebbe mai stato possibile senza la loro partecipazione e il loro sostegno.
Attualmente stiamo partecipando a molti festivals cinematografici negli Stati Uniti e in Italia e stiamo lavorando duramente per finalizzare accordi di trasmissione e distribuzione per portare Potentially Dangerous a un pubblico più vasto. Sto anche prenotando proiezioni comunitarie, educative e aziendali.
Traduzione di Gennaro Mansi
Invia un’email a moc.mlifsuoregnadyllaitnetop @hcaz per informazioni sulle prenotazioni.
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Russo Brothers NIAF link: https://www.niaf.org/programs/russo-bros-film-forum/