Gli italiani che si sono vaccinati all’estero hanno un problema. Una volta arrivati in Italia, rischiano di non vedersi riconosciuto il certificato vaccinale ottenuto.
È ciò che è successo all’Onorevole Fucsia Nissoli, deputata di Forza Italia eletta nella circoscrizione Nord-Centro America e che si è sottoposta alla doppia dose negli Stati Uniti. Una volta tornata a Roma per prendere parte ai lavori parlamentari, però, si è trovata di fronte ad una spiacevole sorpresa. Nei ristoranti, così come in stazione, il suo pass non è stato riconosciuto.
Per questo e per rispondere alle numerose sollecitazioni ricevute dai cittadini italiani che l’hanno contatta, la Nissoli ha presentato oggi alla Camera un’interpellanza urgente, per chiedere quali iniziative il governo intenda mettere in atto per minimizzare le criticità illustrate e quali interlocuzioni siano in atto con le autorità sanitarie e governative dei paesi extra-Ue al fine di ampliare l’elenco degli Stati di cui l’Italia riconosce l’equipollenza delle loro certificazioni vaccinali con il nostro Green Pass. Infine, la deputata forzista ha chiesto quali iniziative intenda mettere in atto l’esecutivo per colmare il vuoto normativo che ancora resta per i molti casi di cittadini italiani residenti all’estero vaccinati – anche parzialmente – con preparati a oggi non riconosciuti dall’Ue, ma che hanno comunque sviluppato una risposta immunitaria identificabile e che dunque non possono sottoporsi a un ulteriore ciclo vaccinale. A Fucsia Nissoli ha risposto il Sottosegretario alla Salute Andrea Costa. Abbiamo raggiunto l’Onorevole appena uscita da Montecitorio.
Onorevole, quali sono i problemi principali che affrontano i cittadini che hanno effettuato la vaccinazione all’estero tornando in Italia?
“I problemi principali sono per i connazionali che hanno ricevuto dei vaccini non autorizzati in Italia, per cui, allo stato attuale, è come se non fossero vaccinati e per accedere ad alcune strutture devono ricorrere al tampone, che ha una validità di 48 ore”.
Lei ha ricevuto la somministrazione negli Stati Uniti. Ha riscontrato in prima persona, qui in Italia, le difficoltà nel muoversi liberamente sul territorio, pur essendo il certificato verde statunitense equipollente a quello italiano?
“Prima di tutto c’è un problema di informazione, per cui molti operatori interessati non sono a conoscenza della validità sul territorio nazionale della certificazione vaccinale rilasciata dagli Stati Uniti. Quindi il Governo dovrebbe emanare una circolare chiara, che superi il complesso linguaggio dei decreti”.
Quali sono gli intoppi burocratici che impediscono la corretta comunicazione tra Ministero e Asl in merito al rilascio del Green Pass per i cittadini italiani vaccinati all’estero?
“Il problema principale è legato ai sistemi sanitari regionali, per cui in alcune regioni le procedure funzionano e in altre no, sia per cause amministrative che tecnico-informatiche”.
Come ha risposto il governo alla sua interpellanza urgente?
“Il governo ha risposto in maniera insoddisfacente, perché si è limitato a descrivere la situazione di fatto senza individuare possibili soluzioni alle criticità che ho illustrato. Direi una mancanza totale di empatia nei riguardi di noi che viviamo all’estero”.
Cosa si sente di suggerire al governo per risolvere questo problema che rende la quotidianità difficoltosa a migliaia di italiani?
“Al Governo suggerisco di eliminare la burocrazia e di far funzionare meglio i sistemi informatici”.