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Il ritorno in Italia di Silvia Romano e il troppo “giallo” sulla sua conversione

"Sto bene, ora voglio solo stare tanto tempo con la mia famiglia" ha detto la giovane liberata dai terroristi in Somalia. Esultiamo per la sua libertà e basta

Francesco PirabyFrancesco Pira
Il ritorno in Italia di Silvia Romano e il troppo “giallo” sulla sua conversione

Silvia Romano all'arrivo a Roma accolta dal premier Giuseppe Conte (Immagine da youtube)

Time: 3 mins read

In piena emergenza Covid 19 è arrivata la notizia più bella: Silvia Romano è stata liberata. E dopo poche ore eccola scendere da un aereo a Ciampino in diretta social accolta dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e dal Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Come accade negli ultimi episodi di cronaca di grande impatto sociale le narrazioni sembrano due. Quella nazional popolare dei social e quella più sospettosa del media che hanno già lanciato nei titoli “il giallo della conversione”.  La diretta web del rientro in Italia della cooperante ha avuto numeri pazzeschi. Tutto il nostro paese ha fatto il tifo per lei. Le prime frasi pronunciate sono diventate hashtag e hanno avuto migliaia di condivisioni. Così come le prime foto in Italia, in abiti somali, con tanto di guanti e mascherina.

Ai giornalisti ha pronunciato poche parole, ma molto significative. “Sto bene, ora voglio solo stare tanto tempo con la mia famiglia“. Lo ha ripetuto per tranquillizzare tutti. Lo ha fatto sorridendo e ci ha fatto rivedere le tante immagini pubblicate sui social dai suoi amici in questo lunghissimo periodo del sequestro.

Le tv stringevano sul vestito impeccabile del Presidente Conte, soddisfattissimo, che ha tolto la mascherina soltanto per pronunciare poche parole. “Benvenuto a Silvia. Un segnale di speranza e fiducia del fatto che lo Stato c’è, c’è sempre e non si lascia distrarre dai suoi compiti su tutti i fronti”.

Ha voluto sottolineare che da tempo era al corrente che Silvia era viva e che i servizi segreti italiani e la Farnesina, così come la magistratura, stavano lavorando per ottenere il rilascio. Oltre al giallo della conversione religiosa di Silvia c’è quello di routine sul pagamento di un eventuale riscatto. Molti cronisti si sono concentrati su questi due lati grigi della vicenda per colorare quello che stava accadendo, ma che non era affatto in bianco e nero. Perché già dal giorno prima i balli sui balconi a Milano nel quartiere dove abita Silvia, dimostravano che seppur chiusi in casa gli italiani fisicamente oltre che virtualmente volevano esprimere la loro gioia. E in un paese che è diviso su tutto anche durante l’emergenza Covid 19, l’Italia sui social è sembrata unita e felice per il rientro di questa ragazza dagli occhi grandi che ha saputo con forza affrontare un lungo periodo. E mentre il Presidente Conte ribadisce che per lo Stato italiano non è stata una passeggiata: “queste sono operazioni che necessitano il massimo riserbo. C’era stata la prova in vita. Eravamo in dirittura finale da qualche mese, ma abbiamo mantenuto il massimo riserbo”; Silvia rassicura tutti: “per fortuna, sto bene fisicamente e mentalmente. Sono felicissima, dopo tanto è bello essere tornata a casa”.

In un’Italia cattolico cristiana, nell’Italia dove c’è la Santa Sede con a capo il più umano e straordinario dei pontefici, Papa Francesco, ecco come la stampa sottolinea che fonti somale e dell’intelligence hanno giurato che la conversione all’islam è in qualche modo frutto di una condizione psicologica che Silvia avrebbe vissuto durante la lunga prigionia. Ma è stata la stessa Silvia a precisare:  “E’ stata una mia libera scelta, – ha dichiarato ad Open la volontaria – non c’è stata nessuna costrizione da parte dei rapitori che mi hanno trattato sempre con umanità. Non è vero invece che sono stata costretta a sposarmi, non ho avuto costrizioni fisiche né violenze”.

Ma viene comunque voglia di gridare “Silvia è libera!!!”

E’ questa la cosa più importante. E’ tornata con i suoi genitori. Lo ha fatto, come ha evidenziato il Ministro Di Maio, nel giorno della Festa della Mamma.  In un’Italia che si sente prigioniera per colpa di un virus è stato un bellissimo soffio di libertà.

E’ stata male Silvia. Otto criminali in Kenya l’hanno rapita il 20 novembre del 2018 prelevandola dall’orfanotrofio di Chakama. Poi l’hanno venduta a terroristi somali e proprio in Somalia è stata liberata. E adesso godiamoci il suo ritorno, al netto delle polemiche, dei gialli, delle doppie narrazioni e della full immersion nelle sue scelte personali e religiose. Silvia è viva ed è libera. Questo conta.

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Francesco Pira

Francesco Pira

“Il potere è fare le cose per gli altri”. Questa frase scritta nella piccola sacrestia di un prete cristiano caldeo a Bagdad è quella che mi ha sempre accompagnato nelle mie esperienze umane e professionali. Amo leggere, scrivere, ma soprattutto quando posso narrare. Mi piace, come sosteneva Enzo Biagi, raccontare storie di persone comuni. Scrivo da quando avevo 14 anni. Fin da giovane ho coltivato la passione del giornalismo. Oggi insegno, nell’ambito della sociologia, comunicazione istituzionale e teorie e tecniche del linguaggio giornalistico all’Università di Messina. I miei territori di ricerca comunicazione e giornalismo con focus costanti sul rapporto tra adolescenti e nuove tecnologie, la comunicazione politica, sociale e pubblica. Sono un siciliano che ama il “lato giusto” della Sicilia. Vivo con il sogno prima o poi di trasferirmi negli Stati Uniti.

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