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L’epopea di noi “alieni straordinari” per ottenere un visto O-1 per gli USA

Chi ci è passato sa bene di che cosa stiamo parlando. Per loro e per tutti gli altri, c'è lo spettacolo di Flavia Sgoifo, Arianna Wellmoney e Bianca Waechter

Chiara BarbobyChiara Barbo
L’epopea di noi “alieni straordinari” per ottenere un visto O-1 per gli USA

Una scena dello spettacolo (Credit: Giuseppe De Lauri).

Time: 3 mins read

Tempi bui questi per i visti di lavoro negli Stati Uniti. L’amministrazione Trump, nella sua crociata contro l’immigrazione, ha dato il cosiddetto giro di vite a tutti i visti di lavoro in generale, ma in particolare ad essere sotto tiro è il visto O-1, il cosiddetto visto per artisti, che in realtà è un visto per individui che abbiano capacità straordinarie nel loro campo, per l’esattezza “aliens with extraordinary abilities”.

Ora, questa cosa che a noi non americani ci definiscano per legge aliens già fa pensare. Evidentemente faceva pensare anche Sting, che già negli anni Ottanta cantava “I’m an alien, I’m a legal alien” quando veniva a fare i concerti in America e come noi comuni mortali doveva fare questo tipo di visto. Erano altri tempi e Sting è Sting e lo conoscono anche i muri, quindi non me li vedo questi impiegati dell’Immigration seduti a Albany o Omaha a fare ricerche sulla carriera di Sting e le sue qualità professionali ed artistiche, a controllare e ricontrollare le sue lettere di raccomandazione e verificare la sua presenza online (anche perché non c’era all’epoca questa sventura) e quanti articoli di giornali lo nominassero e quante foto di lui accanto a qualche star della TV allegasse al suo dossier.

Fatto sta che questa storia del visto O-1 – che, nota bene, è un nonimmigrant visa – è in realtà assai complicata e chiunque ci sia passato può dirne lo stress, la difficoltà, la quantità di lavoro ed energie che richiede, ricerche di ogni tipo da fare, prove e documenti su se stessi, il proprio lavoro, i premi vinti da ritrovare andando indietro negli anni, favori da chiedere per sublimi lettere di raccomandazione che attestino il tuo talento in maniera dettagliata, per non parlare dei soldi che tutto questo richiede per pagare tasse, avvocato e tutto il resto, senza avere naturalmente alcuna certezza di ottenere il visto. Occorre infatti dimostrare che tu e solo tu puoi fare quello specifico lavoro meglio di chiunque altro in America e nel mondo. 

Credit: Giuseppe De Lauri.

Tre giovani attrici e autrici hanno quindi deciso di scrivere e interpretare uno spettacolo basato su fatti reali, combinando i fatti che sono capitati a ciascuna di loro nel lungo e doloroso processo di preparazione e richiesta del visto, a partire dalla ricerca dell’avvocato giusto, il famigerato immigration lawyer. E qui, cari amici, si apre un mondo, come raccontano brillantemente Flavia Sgoifo, Arianna Wellmoney e Bianca Waechter nella loro commedia Extraoridnary Aliens, che ha avuto la sua premiere alla Casa Italiana Zerilli-Marimò il 15 marzo 2019, in una sala affollatissima ed entusiasta. Sì, perché si ride molto, o meglio, ride molto chi di visti e O-1 non sa nulla, quelli invece che ci sono passati o sanno di doverci passare a breve ridono molto anche loro ma con quel filo di angoscia dentro, che li rimanda alle traversie passate e a quelle a venire (anche perché i visti si devono rinnovare) o al solo pensiero dell’immigration officer che li aspetta ogni volta che atterrano negli Stati Uniti dopo una vacanzina o un viaggio di lavoro o una visita alla famiglia. Ci sono persone che, pur potendolo fare, non escono mai dal paese perché sono terrorizzate all’idea del colloquio con l’immigration officer o di essere spedite nella stanzetta per ulteriori accertamenti!

Foto di Giuseppe De Lauri.

Ma tornando a Extraordinary Aliens, le tre attrici/autrici hanno creato un lavoro estremamente intelligente e al tempo stesso esilarante, con quella sensibilità artistica necessaria a trasformare un’esperienza umana in spettacolo, la trivialità dei processi legali e delle traversie quotidiane dei richiedenti il visto – per lo più persone qualunque, magari con un po’ di talento e quanto meno grande determinazione ma ecco, non siamo tutti Sting – in una piccola opera d’arte. Allo spettacolo è seguito un Q&A con un immigration lawyer, Nicola Tegoni, e le domande dal pubblico sono state tantissime. Tempi bui per il visto O-1, ha confermato l’avvocato, ahimè.

Ha da passà ‘a nuttata, e speriamo passi presto e senza troppo danni.

Nel frattempo, oltre al Fringe Festival di Los Angeles il prossimo giugno, ci auguriamo che Flavia Sgoifo, Arianna Wellmoney e Bianca Waechter riescano a portare in giro per l’America e magari anche fuori dall’America il loro Extraoridnary Aliens per far riflettere ridendo, e sorridendo, tra stacchetti musicali e sketch esilaranti, per raccontare a un pubblico spesso ignaro le mirabolanti avventure di attori, musicisti, scrittori, ballerini ma anche barman, sportivi, scienziati, tutti alieni con capacità straordinarie che in questo paese vorrebbero si, magari un giorno, chissà, diventare famosi (non proprio Penelope Cruz ma piuttosto Marion Cotillard, che è più il mio tipo, per citare la Fabiana protagonista dello spettacolo) ma la maggior parte della volte vogliono semplicemente poter lavorare.

Per chi volesse supportare lo spettacolo, c’è il sito www.extraordinaryalienstheplay.com con anche tutte le informazioni sulla campagna di crowdfunding.

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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