“Nemo propheta in patria”. Mai locuzione fu così appropriata per un personaggio sconosciuto in Italia e tanto grande e osannato negli Stati Uniti da finire sulla copertina di Life, una delle più prestigiose riviste americane.
Protagonista di questa storia è Gioacchino Failla, per gli americani a “stelle e strisce” Gino’s. Un siciliano, originario di Castelbuono, ridente cittadina delle Madonie, in provincia di Palermo dove nacque il 19 luglio 1891. Uno scienziato a tutto tondo si direbbe: Gioacchino Failla era ingegnere, fisico sanitario e professore universitario. È considerato uno dei pionieri della fisica sanitaria, della biofisica e della radio-biologia. Dal 1920 all’anno della sua morte (Chicago 15 dicembre 1961) ha pubblicato centinaia di trattati scientifici e, non da ultimo, ha lavorato al progetto per analizzare la propulsione nucleare del motore degli aerei. Considerato ancora oggi, negli ambienti medici di tutto il mondo, uno dei maggiori esperti di fisiopatologia dei tumori maligni e della loro sensibilità al radio.
Gioacchino Failla arriva a New York nell’estate del 1906, a 15 anni. Conosce l’italiano, il siciliano, il castelbuonese. Il primo suo compito dopo avere toccato la terra della Grande Mela è quello di mettersi sullo stesso piano dei suoi coetanei americani, imparando l’inglese che non conosce e che deve sapere alla perfezione per poter andare avanti nella sua permanenza in questa terra assai lontana rispetto a Castelbuono.
Di qui in avanti le tappe della sua vita sono costellate di successi. Nel 1908 si iscrive alla Scuola superiore di scienze, quella di Stuyvesant, dove alla fine del primo anno gli è permesso di sostenere gli esami delle materie del secondo anno che supera brillantemente. Bravissimo in algebra, carpenteria, tedesco, francese, fisiologia e disegno.
In quel periodo vive con la madre nella 33ª Strada, al numero civico 350. Il suo percorso scolastico si conclude superando con ottimi voti materie come trigonometria, fisica e lavorazione del metallo. Meno bravo, invece, in storia inglese e americana. Consegue la maturità nel 1911, a vent’anni. Riesce a vincere una delle dodici borse di studio riservate agli studenti più meritevoli delle scuole pubbliche di Manhattan: 250 dollari l’anno per cinque anni. Mentre gli altri undici fortunati borsisti si iscrivono al college a New York, Gioacchino vuole andare altrove. Si iscrive in Ingegneria alla Columbia University. Eccelle in matematica, fisica, disegno, metallurgia, arti meccaniche. Sufficientemente bene in altre materie, tranne che in educazione fisica.
Si laurea quattro anni dopo, bruciando le tappe, con un anno di anticipo sul ruolino di marcia (giugno 1915). La svolta porta una data assai importante per la sua vita professionale: Parigi, 11 settembre 1923. Failla consegue la laurea in Scienze fisiche alla Sorbona. Discute una “doppia tesi” sull’assorbimento nell’applicazione al dosaggio in radio-terapia davanti a una speciale commissione formata da Maria Sklodowska, più nota come Madame Curie, chimica e fisica polacca, premio Nobel per la Fisica nel 1903 e per la chimica nel 1911; André Louis Debierne, chimico francese e scopritore dell’elemento chimico attinio nel 1899; Jean-Baptiste Perrin, professore di chimica e fisica che, tre anni più tardi, conseguirà il premio Nobel per la Fisica. Failla era già stato allievo di Madame Curie dal 1922, quando si era trasferito a Parigi da New York prendendo un anno sabbatico dal Memorial Hospital, dov’era stato assunto.
Eppure, lo scienziato italo-americano ha lasciato un importante testamento: milioni di lavoratori a stretto contatto con le radiazioni devono molto al suo lavoro sulla protezione dalle stesse. La fisica sanitaria ebbe un ruolo predominante nei suoi studi e nelle sue sperimentazioni. La stessa definizione di “fisica sanitaria” nacque nel laboratorio metallurgico dell’Università di Chicago per designare, come racconta il professor Juan Angel del Regato, “i fisici coinvolti nella misurazione delle radiazioni, per salvaguardare chi ci lavorava a contatto, e per distinguere questi professionisti dai fisici teorici o da quelli che avevano a che fare con altri aspetti della scienza fisica”. Failla adoperò la locuzione per la prima volta all’inizio degli anni ’40 e, grazie a lui, nel 1956 fu fondata una Società di fisica sanitaria. A tal proposito bisogna ricordare quanto ebbe a dire Walter Stephen Snyder, un altro noto fisico: “Failla fu certamente uno dei primi e dei più grandi fisici sanitari del tempo”.

L’1 febbraio del 1955 finì in copertina sul prestigioso magazine Life per i suoi studi avvenieristici sugli effetti della radio-terapia nella cura del cancro. Failla fu immortalato in copertina davanti a uno dei suoi microscopi. Autore delle immagini, uno dei più noti foto-reporter americani del tempo, Grey Villet.
Nel 1955 Failla aveva 65 anni ed era nel pieno della sua attività scientifica. Cinque anni prima lo scienziato – racconta il professor Juan del Regato, docente e storico dell’Istituto americano di Radiologia: “Credeva fortemente che gli studi sulle radiazioni coinvolgessero le discipline più disparate. Nel 1950 scrisse una circolare suggerendo la creazione di una società in cui fisici, chimici, biologi, medici potessero incontrarsi e scambiarsi idee e scoperte. La proposta fu approvata e nel gennaio 1952 Failla viene eletto presidente della Società di ricerca sulle radiazioni”.
Uno studioso assai ricercato non solo negli States ma in tutto il mondo accademico. Fu consulente, tra l’altro, dei Servizi di Salute Pubblica e dell’Amministrazione dei Veterani. Parecchie istituzioni del tempo, soprattutto quelle coinvolte nella ricerca atomica, lo ricercavano per la sua esperienza nella protezione dalle radiazioni. Fu consulente anche dei Laboratori Nazionali di Argonne, di Los Alamos e del progetto di propulsione nucleare del motore degli aerei. Interessante anche il suo lavoro iniziato tra il 1950 e il 1953 e portato a termine nel 1957 insieme alla moglie Pat sull’invecchiamento. Postulò, così come racconta ancora il prof. Juan del Regato che “sebbene l’esposizione giornaliera alle radiazioni potesse essere ridotta, l’accumulo totale delle esposizioni era molto importante e, sebbene il recupero fosse maggiore di un danno irreversibile, era vero l’inverso per ionizzazioni altamente specifiche come quella delle particelle alfa e dei neutroni, che producono danni ai cromosomi e mutazioni genetiche. Teorizzò inoltre che se il processo di invecchiamento è dovuto all’accumulo di cellule mutate per vari motivi – caldo, malattie infantili, ereditarietà – in tutti i tessuti del corpo, allora l’esposizione alle radiazioni ionizzanti altera semplicemente il tasso di mutazione e accelera il processo d’invecchiamento”. Un altro suo studio fu quello sulla fisiopatologia dei tumori maligni e la loro sensibilità al radio. Ricerche iniziate fin dal 1937 con la collaborazione di K. Sugiura (1892-1974) che si occupò del lavoro preliminare irradiando il sarcoma 480 in vitro e una volta impiantato in vivo. Il prof. Failla notò che le cellule di tumore irradiato spesso prima di morire si gonfiavano. Ne dedusse che ciò era causato da un’alterazione della pressione osmotica, dovuta probabilmente alla ionizzazione che colpiva la membrana cellulare.
E non in ultimo creò anche un’unità per contenere 4 gm di radio che fu chiamata “pack”: aveva un meccanismo di “spegnimento” per proteggere il personale e le risorse potevano essere usate a 8-10 centimetri di distanza.
Gioacchino Failla è morto il 15 dicembre 1961, in un tragico incidente automobilistico a Downers Grove Illinois, nei pressi di Chicago, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo scientifico e accademico americano.