Dall'altra parte del paese, sulla costa opposta degli Stati Uniti, ad un passo dal quartiere che fece da culla alla nascente Beat Generation, l'Istituto Italiano di Cultura di San Francisco è costantemente impegnato nella promozione del patrimonio culturale di casa nostra. Ad esso affiliata, la Scuola è invece dedita all'insegnamento della lingua che di questa eredità è veicolo.
A ricevermi nell'edificio di mattoni rossi che ospita l'Istituto Italiano Scuola (SFIIS) della città è la direttrice Diletta Torlasco. Quando la sento parlare con una coppia di californiani interessata ad iscriversi al centro linguistico, il suo inglese è impeccabile, ma a tradire le sue origini, oltre che i suoi tratti somatici, è il suo look inconfondibilmente made in Italy. La direttrice mi racconta di come 13 anni fa sia approdata alla baia celebrata dalle note di Otis Redding: mentre sua sorella lavorava già negli States, per tentare di raggiungerla, anche se senza troppe speranze, partecipò alla celebre lotteria della Green Card. E inaspettatamente vinse. Da quel momento, il suo instancabile lavoro ha come obiettivo la diffusione della lingua italiana.

L’esterno della sede dell’istituto a San Francisco
Negli anni '70, ci tiene a sottolineare Torlasco, per le famiglie di immigrati il fatto di essere italiani non era certo un vanto. Così la propria identità veniva nascosta e la propria lingua dimenticata. Ma per le nuove generazioni il tema delle origini è tutto fuorché qualcosa di cui vergognarsi; anzi è in atto una vera e propria controtendenza e l'italianità sembra essere diventata di moda. Barbara Gautero, insegnante della Scuola dal 2009, mi spiega che l'età dei suoi studenti va dai 25 ai 75 anni ed i livelli da elementare, intermedio, fino ad avanzato. Anche lei mi rivela che la curiosità di riscoprire la lingua dei propri genitori e nonni è il motivo principale per cui gli studenti decidono di iscriversi. Barbara ricorda inoltre come spesso alcuni allievi siano convinti di sapere alcune parole in italiano, quando in realtà si tratta di espressioni dialettali o desuete. Una volta, ad esempio, una studentessa già di una certa età si stupì moltissimo nell'apprendere che la traduzione della parola “money” fosse “soldi” e non “scudi”, era certa che nella sua famiglia il denaro venisse indicato con quest'ultimo termine ed effettivamente, come scoprì Barbara, i bisnonni di questa sua allieva erano emigrati negli Stati Uniti alla fine dell'800 da Lucca, dove all'epoca circolavano delle monete chiamate proprio “scudi”.

Mary Tolaro Noyes, studentessa dei corsi di italiano
Storie di cui trovo conferma parlando con alcuni degli studenti della Scuola. Mary Tolaro Noyes, allieva della Scuola da ben 27 anni, mi racconta come sin da bambina fosse interessata ad imparare la lingua che parlava sua nonna. Una volta iniziate le lezioni da adulta però, scoprì che non si trattava propriamente dell'italiano, bensì di un dialetto di Pietraperzia. Crystal Gromer, un'altra aficionada che varca le porte dell'IIS ogni settimana da una dozzina d'anni, rammenta come fu spinta ad imparare qualche rudimento della nostra lingua: “Avevo programmato un viaggio in Italia e non sopportavo l'idea che non avrei nemmeno saputo cosa dire quando sarei entrata in un negozio”, mi confessa. Non fece mai quel viaggio, ma non riuscì nemmeno a smettere di frequentare le lezioni.

Diletta Torlasco dirige la Scuola dal 2009
Diletta Torlasco, che dirige la Scuola dal 2009, è una donna solare e coinvolgente e, con l'entusiasmo di chi ama la propria professione, mi presenta il direttore dell'Istituto di cultura, Paolo Barlera. L'addetto reggente dell'IIC mi riceve circondato da un'ampia libreria in legno scuro e con il fare calmo di chi è dedito alla contemplazione intellettuale, mi descrive alcune delle attività organizzate dal centro, con eventi che spaziano dalla letteratura alla scienza, passando per la musica, le arti visive, il design e il cinema. Diletta Torlasco precisa che l'affiliazione con l'IIC è molto importante per la Scuola in quanto, oltre a consentire un accesso facilitato ai numerosi eventi presentati, mette a disposizione degli studenti borse di studio per studiare l'italiano direttamente negli istituti linguistici del Bel Paese.

Crystal Gromer, una studentessa della Scuola
Quanto ciò sia significativo per gli allievi lo capisco dal resoconto di Crystal, quando con una certa emozione ricorda quel giorno del 2007 in cui la sua insegnante ed i suoi compagni le annunciarono che aveva vinto il primo premio della lotteria: la aspettavano due settimane di studio dell'italiano nella città eterna. Ancora oggi, mi dice, considera il periodo passato a Roma come uno dei più memorabili della sua vita. Ma c'è anche chi, come Mary Tolaro Noyes, ha fatto dell'italiano uno strumento per dare slancio alla propria carriera. Scrittrice di professione con tre libri editi da Jump the Press Fence, ha svolto ricerche storiche in italiano e ultimamente presenta le sue opere al pubblico in questa stessa lingua. Mi racconta entusiasta di come recentemente abbia persino sostenuto un'intervista per un'emittente televisiva bolognese.

Cristina Farronato, una delle insegnanti l’Istituto Italiano Scuola
Cristina Farronato, che collabora con l'Istituto Italiano Scuola da circa sei anni, riconosce che si è sempre chiesta cosa spinga 220 studenti ad iscriversi ogni trimestre e, soprattutto, a ritornare alle lezioni per imparare una lingua che non sempre è della massima utilità a livello lavorativo. Ma la risposta a questo interrogativo è proprio ciò che rende unico questo luogo: qui ogni ottica utilitaristica viene lasciata da parte in nome della passione per la cultura e lo studio linguistico. Anche perché non si tratta soltanto di studiare la grammatica della lingua italiana: per gli studenti di livello avanzato, mi racconta Cristina, è prevista la lettura collettiva di classici della nostra letteratura come La Ciociara di Moravia oltre che di romanzi contemporanei. In quest'ultimo caso, sempre grazie all'associazione con l'Istituto di cultura, talvolta gli allievi hanno l'occasione di incontrare gli autori italiani di cui hanno letto i libri. Inoltre, la didattica viene arricchita attraverso eventi speciali e seminari ad hoc: ad esempio, per la stagione estiva è in programma un workshop dal titolo Italian for Travellers, dedicato a chi pensa di visitare il territorio italiano; nello stesso periodo verrà presentato anche un laboratorio sulle ville rinascimentali di Andrea Palladio.

Alcuni degli studenti della Scuola durante una lezione

Uno degli spazi della Scuola
L'atmosfera nelle classi è spesso vivace e coinvolgente e a volte gli studenti si divertono a preparare specialità italiane per farle assaggiare ai propri compagni. Quest'atmosfera familiare favorisce la creazione di gruppi di studio, ma anche soltanto di incontro. Una pagina Facebook e Twitter poi, tengono aggiornata l'intera comunità su tutti gli eventi della Bay Area. Gli insegnanti arruolati presso la Scuola sono tutti rigorosamente madrelingua e durante le lezioni, come tiene ad evidenziare la studentessa storica Mary Tolaro Noyes, l'utilizzo dell'inglese è del tutto bandito. Ne risulta un insegnamento di alta qualità, con lo scopo di trasmettere non soltanto l'idioma italiano, ma anche la cultura ad esso inscindibilmente legata.
“Onde possiamo stimare che de stelle innumerabili sono altre tante lune, altre tanti globi terrestri, altre tanti mondi simili a questo” scriveva Giordano Bruno a sostegno della sua tesi circa l'infinità dei mondi. E di mondi terrestri possiamo contarne almeno tanti quante sono le lingue dei diversi popoli, ma per fortuna a volte per accedervi bastano 25 minuti sui MUNI (gli autobus) di San Francisco. Per questo, mi scrive Crystal Gromer, ogni lunedì attraversa la città a bordo del trasporto pubblico. Tre ore alla settimana nelle classi dell'istituto possono aprire le porte di un mondo fatto di una letteratura da scoprire, un'attualità complessa e una storia appassionante. Così tra i banchi dell'SFIIS gli abitanti della Bay Area non studiano solo il passato prossimo e i pronomi relativi, ma imparano a schiudere le porte della cultura italiana per sbirciarci dentro e, una volta spalancate, osservare stupiti quanto sia infinita la sua grandezza.
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