A Pittsburg, in California, incontriamo i discendenti dei pescatori siciliani arrivati qui alla fine dell’Ottocento, in gran parte provenienti da Isola delle Femmine, in provincia di Palermo.
Già nel 1909 l’ambasciatore italiano Edmondo Mayor des Planches aveva visitato questi luoghi descrivendo così la comunità del paese che allora era chiamato Black Diamond, in nome della principale fonte di ricchezza locale, il carbone:

Nella via principale di Pittsburg si trova The Fisherman, opera di Frank Vitale dedicata alla prima comunità italiana di pescatori e a Isola delle Femmine
“Gli abitanti […] quasi esclusivamente italiani, sono pescatori, venuti i più dall’isola delle Femmine, qualcuno da Ustica. Sono qualche migliaio, in condizioni assai prospere. Fanno ogni anno, con battelli loro, due campagne di pesca sulle coste dell’Alaska, e, col ricavo, vivono largamente e depositano danari nelle banche.
Riunione della colonia al Savoia Hall, ove tutta Black Diamond è raccolta. Numerosi discorsi ispirati ad ardente patriottismo. Parlo con molti. Vorrebbero cambiato il nome del paese: taluno propone il nome di Crispi, altri quello di Sicilia, il quale prevale. Il giudice (che è americano) mi dice il suo ufficio essere una sinecura. Non vi sono contese, non reati. Il carcere rimane costantemente vuoto, il tribunale in continua vacanza.
Vo in giro per il paese. Ogni famiglia ha la sua casetta, il suo giardino. Sono tutti contenti e lo dichiarano altamente, meno un vecchietto, che con voce tremula spiega come si sia ridotto a venire: ‘Erano partiti tutti i miei; rimanevo solo; sono partito anch’io. Ma non è questo il mio paese, non è questo il mio paese!’ Ed ha lagrime pieni gli occhi”.

Alcuni discendenti dei primi siciliani emigrati a Pittsburg intervistati durante l’Italian American Country trip
Anche a distanza di più di un secolo, gli italo americani che incontriamo dimostrano una grande nostalgia per “Isola”, come chiamano il loro paese d’origine, dove tornano spesso oggi come ieri, un’abitudine dimostrata dallo straordinario spezzone di un film amatoriale visto al museo locale e girato da un abitante di Pittsburg tornato in Sicilia nei primi anni Trenta.
Oggi il mestiere di pescatore è completamente scomparso, ma nelle parole degli intervistati e nelle sale del museo della Pittsburg Historical Society è ancora viva la memoria dei siciliani che riuscirono a impiantare la millenaria cultura marinaresca del Mediterraneo sulle coste della California e, ancora più a Nord, nelle gelide acque dell’Alaska.
Proprio mentre l'economia ittica stava iniziando a dare i suoi frutti, l'entrata in guerra degli Stati Uniti nel 1941 cambiò drasticamente la sorte dei pescatori italiani e delle loro famiglie. Non solo i pescherecci furono requisiti dal governo per essere riconvertiti a usi militari, ma gli immigrati originari delle potenze dell’Asse vennero schedati come enemy aliens, e come tali trattati: giapponesi, tedeschi e italiani furono discriminati, costretti ad allontanarsi dalla zona costiera e, in alcuni casi, imprigionati in campi di internamento. L'impossibilità di continuare a lavorare e di trovare una nuova sistemazione ridusse in miseria gran parte delle famiglie, nell'esatto momento in cui i figli, nati in America, venivano chiamati al fronte a combattere nelle United States Armed Forces.

Alcuni dei 1750 italiani schedati come ÔÇ£stranieri di nazionalit├á nemicaÔÇØ costretti ad abbandonare Pittsburg nel febbraio 1942. Quattro dopo fu consentito loro di rientrare. Erano soprattutto donne e anziani che non avevano ottenuto la cittadinanza
La vicenda è raccontata in due mostre: Una storia segreta. When Italian Americans Were Enemy Aliens, ideata nel 1994 dall'American Italian Historical Association's Western Regional Chapter, e Enemy Alien Files: Hidden Stories of WWII (2001), da cui risulta che furono più di 3.000 gli italiani internati dalle autorità americane durante la guerra. L’aspetto tristemente ironico della vicenda è che sulla costa atlantica coloro che venivano internati (ad esempio il tenore Ezio Pinza e il pugile Primo Carnera) erano inviati a Ellis Island: il luogo che per decenni aveva rappresentato l’anticamera di un’America accogliente verso l’emigrazione diventò in questa fase, certamente drammatica per tutta la nazione, il luogo che negava la libertà ai cittadini stranieri la cui colpa era di essere originari di una nazione nemica.
La testimonianza di Sergio Otino, abitante di Berkeley, in California, chiarisce lo smarrimento provato dagli italiani sottoposti a queste limitazioni: “Vidi i miei amici giapponesi trasferiti dalle loro case e portati via, ex compagni di scuola e amici d’infanzia. La mia prima reazione fu di sconcerto. Poco tempo dopo anche noi italo americani e i tedeschi, fummo trattati allo stesso modo perché facevamo parte della Triplice Alleanza, l’asse Berlino-Roma-Tokyo. […] Chi non aveva la cittadinanza come mia madre, fu costretto a trasferirsi dalla propria casa verso altre zone, ma non verso centri di detenzione”.
Per gli italiani la classificazione di enemy alien decadde completamente dopo l’armistizio firmato l’8 settembre 1943, anche se già nell’ottobre 1942 la maggior parte delle restrizioni erano state sospese.
Questa è l'undicesima puntata dell'Italian American Country, un tour di 6.000 miglia e 15 tappe attraverso gli USA alla scoperta degli italoamericani che vivono nelle piccole comunità. Da questo viaggio nasceranno un libro fotografico e un documentario che vedranno la luce nella primavera/estate del 2015.
Il progetto è nato a seguito della pubblicazione del libro Explorers Emigrants Citizens edito daAnniversary Books e disponibile su Amazon.