The American Dream, trovar fama e fortuna all’ombra della bandiera a stelle e strisce: un archetipo secolare, ancora vivo e pulsante, come dimostra la vicenda dell’intraprendente Pietro Barba, giovane regista veronese, arrivato a Los Angeles in cerca di un posto al sole.
«Sono stato attratto dalla scrittura fin da piccolo, scrivere è sempre stato un rifugio nel quale rielaborare la realtà. Al liceo ho scoperto il cinema e ho capito che potevo trasformare le mie storie su carta in qualcosa di vivo. Così, insieme ai miei amici, ho iniziato a creare cortometraggi, complici la mia prima telecamera, regalo del nonno, e gli insegnanti, che mi hanno sempre appoggiato».
Padre dermatologo, sorella dermatologa, sorella osteopata: uscito dal liceo nel 2016, Pietro ha provato a seguire la vocazione di famiglia, ma tra la medicina ed il cinema, ha vinto quest’ultimo. Pietro ha cominciato a lavorare per una televisione locale, a collaborare con aziende per la copertura multimediale, tra 2017 e 2018 ha girato con l’amico Giovanni Perolo tre videoclip, uno dei quali ha poi vinto un concorso a Los Angeles. «Con un gruppo di filmmaker chiamato e-Dreams ho iniziato la mia esperienza come videomaker, tra matrimoni, spot aziendali e – esperienza molto particolare – filmati di dimostrazioni di operazioni mediche su cadaveri».
Poi un corso nella succursale di Firenze della New York Film Academy e infine, due anni alla NYFA di Los Angeles, estesosi ad una laurea triennale in cinema: «Il mio film di tesi è in post-produzione e la musica è in fase di composizione».

Tante le esperienze accumulate in poco tempo: «Per Adidas, come operatore di ripresa, con uno scuolabus su cui erano montati due canestri sono andato nella zona più pericolosa di Los Angeles, una tendopoli, a distribuire tramezzini e a far giocare la gente a basket; ho inoltre ideato due cortometraggi: “Kandy”, per cui ho costruito un bagno pubblico nel mio soggiorno, e “The Role Play of Life”, ispirato dalla canzone “Un giudice” di De André».
Terminata la triennale, sono iniziati i primi lavori pagati, come editor, collezionando anche parecchi premi. «L’editing è sempre stata una delle mie più grandi passioni, lo vedo come il processo per dare vita ad un film, per dare scintilla vitale alla storia ed ai personaggi».
Sogno nel cassetto? «Uno dei miei obiettivi è aprire una compagnia di editing, poi vorrei scrivere e dirigere il mio primo lungometraggio».
Cast ideale? «Parto da registi di ispirazione come Paolo Sorrentino, Gaspar Noè, Stanley Kubrick, Lars Von Trier, Thomas Vinterberg, Darren Aronofsky, Quentin Tarantino, Xavier Dolan, Yorgos Lanthimos, di incredibile abilità narrativa e tecnica. Di conseguenza, il mio cast Ideale è formato da attori che hanno collaborato con alcuni di essi: Willem Dafoe, Mia Goth, Shia LaBeouf, Charlotte Gainsbourg, Olivia Colman, Christoph Waltz. Tuttavia, qui a Los Angeles, realizzando i miei cortometraggi, ho lavorato e stretto amicizie con attori davvero talentuosi, nuovi volti che sono sicuro ricopriranno ruoli importanti».
Genere favorito? «Il dramma psicologico: sono sempre stato affascinato dallo studio del profili dei protagonisti, aspetto che curo molto insieme ai miei attori, discutendo su ogni aspetto della loro rispettiva realtà personale, per me una delle parti più divertenti e laboriose del processo creativo».
L’Italia vista da oltreoceano? «L’avventura a Los Angeles è stata alimentata dalla mia passione per il mondo del cinema e dalla voglia di apprendere i segreti di questa arte e di esplorare le opportunità offerte da una delle sue capitali mondiali; tuttavia, questo viaggio alla scoperta della mecca cinematografica si è trasformato in una riscoperta della mia patria. Dopo aver vissuto e lavorato a stretto contatto con la scena hollywoodiana per quattro anni, ho finalmente visto l’Italia con occhi nuovi, è stato come atterrare sulla Luna e, dopo aver esplorato la sua superficie in grande dettaglio, alzare lo sguardo e rimanere incantato dalla bellezza e magnificenza della Terra. L’Italia ha il potere di valorizzare esponenzialmente tutto grazie alla sua Storia, alle scenografie incredibili, ed alle infinite opportunità di metafore, introspezioni e riflessioni offerte da un qualsiasi luogo o città, da un piccolo sanpietrino alle rovine di un forte abbandonato: una boccata d’aria fresca per un contesto standardizzato come quello hollywoodiano, che cerca costantemente nuove ispirazioni ed esperienze. Sono certo che nel mio futuro voglio contribuire a questa valorizzazione, grazie all’inestimabile esperienza che ho fatto e sto facendo qui negli Stati Uniti».