Il mondo gira e ha fatto passi da gigante, ma la torre di Babele è sempre là, statica e, per non farla crollare, già ai tempi dei Babilonesi si decise di comunicare con un idioma comune: l’accadico. Oggi in Italia ci arrangiamo con l’inglese. Ma una cosa è parlarlo alla bisogna, altra è capire cosa dicono gli attori nei film.
Nei Paesi dove la modalità di traduzione dei contenuti al cinema e alla tv è la sottotitolazione, e non il doppiaggio, le lingue straniere si apprendono molto più facilmente. Una recente ricerca ha dimostrato che l’Italia è il secondo peggior Paese europeo dove si imparano le lingue straniere: siamo al numero 26 della classifica, prima della Bulgaria.
Ma qualcosa sta cambiando, come ha spiegato il friulano Federico Spoletti, managing director e Ceo di SUB-TI, società internazionale di sottotitolazione, che ha fondato a Londra nel 2002: “Con l’affermarsi delle serie tv la sottotitolazione è diventata fondamentale, anche in Paesi, come l’Italia, dove non è la regola”.
Come ha iniziato a fare questo lavoro?
“Nel 1997 avevo 33 anni e facevo il commercialista, ma non mi piaceva. Mi trasferii a Londra per specializzarmi nella consulenza internazionale. Andai a vedere un film al London Film Festival e per la prima volta vidi un film sottotitolato: era il 2000. Capii che questo lavoro non veniva fatto in maniera organizzata. È un lavoro di coordinamento: non siamo in molti a tradurre 200 film in pochi giorni. I film venivano sottotitolati da un operatore che accendeva e spegneva ogni didascalia una per una. Ho avuto l’idea innovativa di introdurre i sottotitoli in maniera automatica e ho chiesto a uno sviluppatore di software di trovare un modo per accelerare e decelerare automaticamente la velocità dei sottotitoli, individuando la variazione di velocità da distribuire per tutta la durata del film. Oggi siamo leader del mercato dei sottotitoli per i festival del cinema: negli anni si è instaurato un rapporto di fiducia, perché nei festival c’è sempre il terrore che un traduttore sottragga un film e lo metta su Youtube. SUB-TI ha messo insieme un sistema per garantire la sicurezza che impedisce al traduttore di scaricare il film”.
Cosa pensa del doppiaggio?
“È una modalità di traduzione che cancella completamente la lingua originale, ne sostituisce l’audio con uno diverso per soddisfare il labiale degli attori e questo aspetto influenza molto la versione tradotta. Il film doppiato è per molti versi un altro film. E poi come si può apprezzare la performance di un grande attore attraverso una voce che non è la sua?”
Il sottotitolo invece?
“Deve mettere il pubblico nelle condizioni di fruire della versione originale. Per alcuni vedere un film sottotitolato può sembrare un’esperienza più impegnativa perché, oltre a vedere le immagini, bisogna leggere il testo. Per questo è importante che i sottotitoli siano fatti in maniera professionale. Non ci si improvvisa sottotitolatori: non basta conoscere la lingua originale e la lingua di destinazione, ma bisogna avere anche una solida base culturale. Però i giovani traduttori, che imparano gli aspetti tecnici all’università, spesso non hanno una formazione culturale di base che gli consenta di cogliere i riferimenti interculturali che possono esserci in un film”.

Lavorate per Amazon o Netflix?
“Netflix e Amazon fanno firmare un NDA (Non Disclosure Agreement), pena lo scioglimento del contratto. Fanno però tradurre solo le serie prodotte da loro, una minima parte. Nella maggior parte dei casi i sottotitoli vengono forniti dalle società di produzione. Sottotitoliamo anche diverse serie televisive. Per le televisioni lavoriamo tanto verso l’inglese, tra cui Walter Present/Channel 4 nel Regno Unito, la televisione pubblica svizzera, alcuni canali americani, australiani e neozelandesi. Curiamo pure diversi archivi cinematografici, come il British Film Institute, il MoMA a New York, American Cinemateque a Los Angeles, la National Gallery of Art a Washington DC, la Tate Modern. Lavoriamo anche per il Parlamento europeo”.
Tra i film sottotitolati da SUB-Ti, ricordiamo: “Spencer” di Pablo Larrain sulla Principessa Diana con Kristen Stewart; “The Lost Daughter” di Maggie Gyllenhaal tratto da “La figlia oscura” di Elena Ferrante; “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino. Inoltre i film finalisti candidati all’Oscar per il miglior film straniero 2020/21: “Another Round” (Druk) di Thomas Vinterberg, che ha vinto; “Collective” di Alexander Nanau; “The Man Who Sold His Skin”.
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