Warszawa Zachodnia è la stazione ovest di Varsavia. Situata sulla Aleje Jerozolimskie (Via di Gerusalemme), è snodo di treni ma anche di autobus internazionali, ed in questo momento crocevia di un’umanità lacerata. Qui presta la sua attività Eva Pląsek, che con me ha condiviso l’orrore della guerra in Ucraina, visto attraverso gli occhi e le parole dei profughi soccorsi.
La dottoressa dal lecca-lecca sempre in tasca, si illumina dicendomi che non c’è bambino che non sorrida alla vista di un lecca-lecca. Un racconto che graffia, che sottolinea le politiche indifferenti portate avanti dal partito di destra in Polonia e consegna al lettore tutto il dolore del popolo ucraino e degli attivisti polacchi, ma anche tutta la forza della solidarietà tra gli uomini.
Di cosa si occupa?
Sono un medico, un oncologo che cura i tumori non resecabili del pancreas e del fegato, con il metodo IRE (una tecnica chirurgica che neutralizza il cancro utilizzando campi elettrici per generare pori nelle cellule tumorali, ndr). In questo campo collaboro con molte cliniche di chirurgia oncologica a Varsavia, Cracovia, Danzica e Zielona Góra. Formo anche medici di altri centri oncologici su queste patologie. Lo scoppio della guerra in Ucraina mi ha impedito di andare a Kyiv, dove uno degli ospedali voleva adottare il trattamento IRE per i propri pazienti, e appena finisco di lavorare, mi precipito in stazione a Varsavia, per dare soccorso ed assistenza medica a chi ha bisogno.

Cosa accade alla Stazione Ovest di Varsavia?
Ogni volta che sono alla stazione, ascolto diverse storie, le tocco con mano, restano dentro di me. Posso vedere questa guerra attraverso gli occhi delle persone che incontro, dei bambini che dormono a ridosso dei binari. Sono occhi pieni di dolore, impotenza, paura di ciò che hanno lasciato dietro di sè e di quanto hanno vissuto. Asciugo lacrime, ingoio le mie, cerco di calmare i miei interlocutori con un sorriso e ho sempre un lecca-lecca nel camice. Alla fine di uno dei miei turni di notte, una famiglia mi si è avvicinata. Un uomo e una donna di circa 30 anni e una bambina di circa 3. Lui lavorava in Polonia quando è scoppiata la guerra ed ha portato con sé la moglie e la loro piccola. Ci ha chiesto di prenderci cura di loro, perché stava per salire su un autobus diretto a Leopoli, per lottare per la libertà del suo Paese. Nessuno di noi qui aveva un cuore d’acciaio e la sola cosa che potevamo fare in quel momento è stata piangere insieme.
Quante persone avete soccorso fino ad oggi?
Dal 24 febbraio 2022, circa 2.500.000 profughi di guerra dall’Ucraina sono arrivati in Polonia. Circa la metà di loro è rimasta in Polonia. Nella sola Varsavia, una città dove vivono circa 2.000.000 di persone, ogni giorno abbiamo circa 400.000 accoglienze.
Una settimana fa, al mattino, una donna con due bambini era a bordo di uno degli autobus. La stanchezza del viaggio, le sue emozioni erano tutte visibili sul volto, ma c’era dell’altro che turbava questa donna. Li abbiamo portati tutti e tre in un posto sicuro, abbiamo offerto loro del tè caldo, zuppa, dolci per i bambini, coperte per tenerli al caldo. La donna è venuta da me un attimo dopo, ho pensato che avesse bisogno di qualcos’altro. Sì, aveva bisogno di piangere.
Suo marito le aveva messo un’arma in mano per proteggersi. Durante il viaggio, la donna aveva ricevuto un messaggio che la avvisava che il suo amore era morto. Non sapeva se e dove fosse stato sepolto. Non sapeva come dire ai suoi figli che non avrebbero più rivisto il padre.
Qual è la situazione politica in Polonia rispetto alle accoglienze dei profughi?
Non è cambiato nulla da quando la destra ha preso il potere sei anni fa, anzi sta solo peggiorando. Questa domanda è la più difficile, ma devo essere onesta. Il nostro Paese ha fallito ancora una volta un test di umanità molto importante. Non è lo Stato ad aiutare i profughi: gli ucraini sono aiutati dai polacchi, dalla gente comune, dalle organizzazioni non governative, dalle autorità locali, dalle Forze di Difesa Territoriale e della Guardia cittadina. Le istituzioni, i pezzi dello Stato, parlano molto e volentieri davanti alle telecamere e durante le conferenze stampa, ma è qui che finisce la loro attività. I miei colleghi medici vengono volontariamente al medical point per assicurare la necessaria assistenza sanitaria alle persone che vengono dall’Ucraina. I volontari acquistano biglietti, cibo, vestiti per le persone utilizzando risorse personali. Grazie ad una fondazione sono riuscita a trovare fondi per l’acquisto dei farmaci necessari. Il governo ha annunciato che chiunque accolga rifugiati nelle proprie case potrà ricevere 40 PLN (circa 9 EUR) al giorno, ma a condizione che i rifugiati accettino il numero PESEL polacco e dichiarino che rimarranno almeno 60 giorni.
Come immagina i prossimi mesi?
Ho visto un bambino, di circa cinque anni, urlare istericamente alla vista di un aereo passeggeri per paura che le bombe cadessero su di noi. È inimmaginabile cosa accadrà. All’inizio sono arrivate in Polonia persone finanziariamente benestanti o con piccoli redditi, ma i più poveri sono rimasti in Ucraina, consumati dal fuoco della guerra. Se i russi permetteranno l’evacuazione dei civili da Mariupol’, Cherson, Sumy e molte altre città, in cui oggi si assiste ad un disastro umanitario, credo che dovremo essere pronti ad accoglierli e ad aiutarli.

Cosa pensa di questa guerra?
Non sarebbe dovuta succedere. Nessun uomo al mondo, indipendentemente dal suo potere, ha il diritto di commettere un tale massacro. Perché si tratta di un massacro crudele, senz’anima. I carnefici di tutto questo bruceranno all’inferno.
Come viene raccontato dai giornali del posto quello che sta accadendo?
Dall’inizio della guerra in Ucraina, i media polacchi hanno fornito informazioni attendibili, all news 24 ore su 24, trasmettendo anche i discorsi del presidente Zelenskyy, così che tutti avessimo accesso alle notizie, per quanto desolanti.
Che aiuto possono darvi gli altri Paesi?
Ciò di cui abbiamo più bisogno è il supporto per il trasferimento. Molte case polacche hanno aperto le loro porte ai profughi. Condividiamo con loro un posto nei nostri appartamenti, il cibo, li aiutiamo con il disbrigo delle formalità. I nostri ospedali accettano bambini e adulti che necessitano cure per la prosecuzione delle terapie oncologiche, anche se non è facile dopo due anni dalla pandemia. Non rifiutiamo nessuno. Questo è il popolo polacco di cui vado fiera, una comunità dalla solidarietà straordinaria. È necessario però avere il supporto di tutti per attivare corridoi umanitari. In Italia mi sono rivolta ad un’amica, Aleksandra Szewczyk, volontaria del centro Agape, per chiederle ospitalità per diverse mamme. Il popolo ucraino è un popolo molto laborioso. Chiunque arrivi in stazione chiede un lavoro, che gli permetta di mantenere la propria dignità.
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