Ieri è morta all’età di settantotto anni la più grande icona della televisione, senza bisogno specificare “italiana”. Sì, perché Raffaella Carrà non è stata l’artista del popolino del Bel Paese, che si dimena tra un varietà e una partita di calcio, ma ha conquistato il cuore di tanti Europei, che da ieri piangono per la sua improvvisa dipartita.
La causa della morte non è chiara, ma già da alcuni mesi la soubrette era scomparsa dalle trasmissioni televisive italiane e pare che una subdola malattia si fosse insinuata nel suo corpo ancora bellissimo e minuto, senza lasciarle scampo.
Ed è anche in questo caso che la sua eleganza è trapelata per l’ennesima volta, lasciando il segno: solitamente alcuni artisti o personaggi televisivi finiscono per utilizzare i propri dolori per far parlare di sé, ma lei no. I suoi silenzi hanno parlato più di una qualsiasi pietosa ricerca d’affetto in un qualche squallido salotto, da parte di mandrie di sconosciuti pronti ad osannarti per poi trafiggerti con una lancia al primo errore non previsto. Perché il pubblico, soprattutto nell’Era Social dove la cultura è diventata un nemico, è composto da despoti travestiti da moralisti.
Ma Raffaella, fino alla fine, ha sempre fatto parlare solo per la sua bravura, per il suo essere un’Amazzone, sempre, dovunque e comunque. Non sappiamo quasi nulla della sua vita privata, se non ciò che ci ha voluto raccontare. Ad oggi c’è solo una definizione che rende l’idea di chi è stata, ossia: uno dei più grandi motivi d’orgoglio per l’Italia.
La sua passione per l’arte trapelava dai suoi occhi grandi e spesso tristi, colmi di una sofferenza nascosta che ha sempre occultato con maestria, ma che alle anime tormentate come lei non è mai passata inosservata, rendendola la meravigliosa artista a tutto tondo che ha sorpassato, con eleganza, qualsiasi chiusura mentale. Grazie alla sua musica, voce e movenze sensuali ha sfatato taboo come la sessualità e l’erotismo, che fino al suo approdo in tv erano delle Chimere dalle quali bisognava allontanarsi ed era assolutamente vietato approfondire.
Nonostante la censura, nonostante il bigottismo che ha caratterizzato i paesi del Mediterraneo, è riuscita ad abbattere le barriere di uno Stato nella condizione post-dittatoriale come la Spagna. Raffaella era l’emblema della bellezza, del talento, della cultura, un modello che nel panorama mondiale dello spettacolo si sta sempre più perdendo, senza dimenticare mai la spensieratezza che la contraddistingueva.
Personalmente, ho avuto la fortuna di conoscerla: non ero ancora una giornalista, stavo perseguendo il sogno di diventare una danzatrice e per una serie di cause fortuite, mi trovai a collaborare al videoclip di un giovane cantante, per il quale Raffaella stava curando sia l’organizzazione tecnica che quella artistica. Quel giorno non incontrai un personaggio televisivo, ma un’anima bella, che stava cercando con entusiasmo ed umiltà di aiutare un altro essere umano per realizzare un sogno. Certo, non senza la perentorietà che la caratterizzava, ma con tutta la dedizione e l’amore con le quali si è sempre approcciata durante tutta la sua carriera.
Ieri, perciò, non è solo morta una cantante, una ballerina o un’attrice. È venuto a mancare un mostro sacro dell’arte italiana: una figura forte e controcorrente, ironica, sagace e politicamente scorretta.

La speranza è che forse, da qualche parte, stia ancora danzando o forse abbia ricominciato da capo. Chissà se un domani rincontrerà il suo pubblico: in un’altra forma, in un altro luogo, dove non ci sarà più bisogno di mascherine e di disinfettante, nel quale la libertà riprenderà a essere il motore delle vite degli esseri umani.