La sua voce non è mai emersa dai mass media, perché ha sempre vissuto all’ombra di un marito che era un famoso compositore d’orchestra, nonché figlio di un mito del cinema mondiale come Vittorio De Sica. Quest’anno cadrà il settimo anniversario della scomparsa di Manuel De Sica, e la vedova, Maria Lucia Langella, vuole ricordarlo a suo modo, con la dignità di chi ha molto amato e custodisce con grande cura questo sentimento.

Chi era Manuel De Sica?
“Manuel era un compositore straordinario, un intellettuale colto e soprattutto un uomo di un’onestà d’animo incredibile. Dotato di una immensa libertà di pensiero; preciso e puntiglioso nel suo lavoro, questo sì… ma molto elegante e raffinato. Sempre attento nel misurare le cose, e al contempo innovativo. Soprattutto, è stato un compagno di vita meraviglioso”.
Il tuo amore con Manuel: una storia che non hai mai raccontato prima.
“Potremmo in effetti intitolare questa intervista: ‘Adesso parlo io’. Non ho mai rilasciato dichiarazioni pubbliche di alcun tipo nella mia vita, né da moglie di Manuel né da sua vedova. Sono stata una compagna devota e in ombra, per mia scelta e mia indole. Non ho mai amato i riflettori. Quello con Manuel è stato un grande amore, che ho vissuto nella quotidianità e che mi ha realizzata completamente come donna finché ho avuto la fortuna di averlo accanto a me. Non ho mai avuto bisogno di altro. Se non fosse che siamo amiche – e so che me lo hai chiesto con tanto affetto e desiderio giornalistico di raccontare e far conoscere una bella storia d’amore – non avrei rilasciato l’intervista neanche a te”.
Come è avvenuto il primo incontro?

“Ho prima scoperto l’Uomo, e solo in un secondo momento l’Artista. Un incontro inaspettato del destino: era il 2005. Lui venne nello studio medico dove lavoravo, ed accompagnava sua mamma. Mi avevano incaricato di accogliere con particolare riguardo questa signora, perché aveva dei problemi di salute e necessitava di cure ed attenzioni specifiche”.
Era Maria Mercader.
“Sì. Era colei che sarebbe diventata mia suocera, e lo dico con grande orgoglio; certo, in quel momento non avrei mai potuto immaginare che i nostri destini si sarebbero incrociati a livello privato. Quello che posso dirti è che quella signora che io vidi quella mattina letteralmente mi rapì: era così bella, così gentile!”.
Manuel ti ha corteggiata a lungo, vero?
“Sì. E lo ha fatto in una maniera talmente signorile che è stato per me impossibile non restarne colpita. Al matrimonio proprio non ho mai pensato, ma di Manuel alla fine mi innamorai perdutamente; soprattutto, di quel suo fare galante, di quel modo quasi antico di parlare. Quando Manuel mi propose per la seconda volta: “Finiamo questo concubinaggio, vai a fare i documenti”, io sorrisi, perché aveva usato proprio una parola desueta, quasi d’altri tempi (concubinaggio) per convincermi definitivamente a sposarlo! Lui mi fece infatti una prima richiesta di matrimonio dopo pochi mesi dal nostro incontro; voleva un matrimonio tradizionale; ci sarebbero dovuti essere i fiori, la musica…non sarebbe dovuto mancare niente. Io avevo 40 anni, e non mi ero mai sposata; lui 56, ed era reduce già da un divorzio, quello con la produttrice cinematografica Tilde Corsi. Da questa unione era nato Andrea: il suo successo più grande. Manuel in vita è stato un grande compositore, ma la “creazione” più riuscita della sua vita è stata suo figlio Andrea”.
Il primo invito privato me lo riveli?
“Guarda, Manuel era un uomo intelligente, e da quella prima volta che venne a studio, iniziò a corteggiarmi in maniera galante, anche se personalmente quell’uomo a prima battuta non mi aveva particolarmente colpita. Mentre uscivo da una stanza all’altra, quel primo giorno mi faceva delle domande che sembravano apparentemente banali, ma con il senno di poi non lo erano; come dire: all’apparenza curiosità colloquiali, ma in realtà un timido tentativo di approccio. Ti faccio un esempio: ‘Signora, ma lei è sposata?’ Mentre rientravo in un’altra stanza, sempre passandogli davanti: ‘Ma lei ha figli?’ E così via. Ci salutammo quella volta con lui che mi lasciò il suo biglietto da visita, ed io che non lo chiamai affatto nei giorni successivi. Fu lui a farlo. Quando iniziò a telefonare a casa, mia madre fu subito molto perplessa (e pensare che negli anni, invece, lo ha così amato!). Non era l’unica ad avere qualche riserva: le mie amiche erano tutte sposate, ed un giorno il marito di una di loro mi prese in giro dicendo: ‘Ma chiamalo tu, dai…. inizia con il dirgli …Egregio, come sta??’ Mi ricordo che scoppiammo a ridere. Negli anni, con la complicità che mi ha sempre accomunata a Manuel, gli ho confessato anche questo episodio. Visto che io non chiamavo, fu lui a fare iniziare la relazione: mi chiamò per primo”.

Ti ha corteggiata da subito, quindi: un vero colpo di fulmine!
“Non so se sia stato un colpo di fulmine; forse non aveva niente di meglio da fare (n.d.r.: Lucia sorride con gli occhi mentre finisce questa frase); quello che è certo, è che sicuramente mi notò. La cosa più carina che mi ha detto successivamente a questo nostro primo incontro è che non era tanto l’aspetto fisico che lo avesse colpito di me, perché quel giorno avevo la cuffia sui capelli, il camice addosso…non ero quella che si potesse definire una donna al massimo della sua femminilità. In realtà, era la mia voce che lo aveva tanto impressionato positivamente. Manuel ha sempre ritenuto infatti che io avessi un bellissimo timbro vocale; detto da un compositore, penso sia un grande complimento”.
Quante donne oltre la mamma hanno contato nella vita di tuo marito?
“Nel libro Di figlio in padre edito da Bompiani, scritto da Manuel circa un anno prima che se ne andasse, portato via improvvisamente da quell’infarto che ha spezzato la mia vita e la mia felicità, lui parla di tre donne. Questo libro è stato ed è ancora un elemento prezioso per far conoscere al grande pubblico mio marito attraverso le sue parole ed i suoi racconti. La prima donna a cui lui accenna è ovviamente Tilde Corsi, la sua prima moglie; la seconda presenza femminile – che io ho ribattezzato “la donna del cartellone” di cui Manuel nel libro non fa menzione di identità – era una donna sposata con 4 figli che ha avuto una lunga relazione con mio marito prima che ci incontrassimo; per concludere arrivo io, la seconda ed ultima moglie”.
Torniamo alle due proposte di matrimonio che ti ha fatto.

“Sì. Due. Me lo chiese una prima volta, ma ebbe la azzardata idea di chiamare questa sua storica “fidanzata sposata” (la donna del cartellone, per capirci) per chiederle di presentargli un personal trainer perché voleva essere elegante ed arrivare in forma al suo matrimonio con me. Lei iniziò ad urlare al telefono e Manuel iniziò a tentennare un po’ sul da farsi. ‘Io, un uomo che è già così indeciso prima di cominciare, non lo voglio’ – gli dissi. E me ne andai, ma lui tornò a cercarmi. E alla sua seconda proposta di matrimonio accettai”.
Dove vi siete sposati?
“A Roma, nella Chiesa sconsacrata di Santa Maria in Tempulo”.
Quando è stato celebrato il matrimonio?
“Il 27 aprile del 2009. Per mia volontà, volevo che fosse una cerimonia intima: avevo considerato di invitare solo 15 persone, ed espresso a Manuel questo desiderio. Alla fine, dopo le sue rimostranze, perché voleva anche qualche amico oltre i parenti stretti, siamo saliti a 35 ospiti. Un matrimonio atipico in tutto, il nostro: anche nel ristorante storico dell’Aventino dove abbiamo cenato, io che ero la sposa ero ad un tavolo e lui come sposo ad un altro, perché volevamo che fosse più che altro una giornata conviviale, con gli invitati che non avrebbero mai dovuto sentirsi soli. Dei parenti, assente la mamma, che è mancata due anni dopo la cerimonia, e non fu purtroppo presente perché già molto malata”.
Tuo suocero Vittorio De Sica non lo hai ovviamente conosciuto: eri una bambina di 9 anni quando è morto. Hai però avuto la possibilità di frequentare tua suocera, Maria Mercader.
“Sì, anche se purtroppo la sua salute era già tanto precaria; a volte dava segni di lucidità e presenza, ma non sempre. Io e Manuel venivamo spesso a trovarla. Viveva in questa casa dove stiamo parlando adesso io e te, che nel 1979 lei divise in due parti. Una parte la assegnò al figlio Cristian, che a marzo 1980 si sposò e ci venne ad abitare con sua moglie Silvia Verdone, mentre l’altra era destinata a Manuel, il quale però, essendo sposato all’epoca con Tilde Corsi, una casa già l’aveva, ed in questa ci lasciò a vivere Maria, per non strapparla alle abitudini. Io e Manuel dopo sposati stavamo in affitto in un’altra casa, e qui ci siamo venuti a vivere solo dopo la morte di mia suocera, che è stata sempre una mamma meravigliosa”.

C’è un episodio particolare che riguarda Maria Mercader e che vuoi condividere?
“Quando ero in sua compagnia, io parlavo sempre con lei. Ho avuto un rapporto di grande rispetto; e poi va detto che, nonostante fosse malata, non esternava le cose in maniera strampalata, ma faceva discorsi logici e di senso. Una volta dovevamo venire qui a prendere alcuni particolari piatti che Manuel aveva lasciato nella casa ad uso della mamma; voleva organizzare una cena importante a casa nostra, quella dove stavamo in affitto, per accogliere al meglio degli ospiti. Avvisò ad alta voce la mamma dell’azione che stava per compiere, cioè portare via i piatti; lei si sollevò dalla sua posizione in relax nel divano ed esordì in maniera solenne: ‘Eh, no…. eh, no…. già mi lasciate sempre sola; e adesso iniziate a portarmi via anche le cose!’ Ed io sorrisi così di cuore per questa scena tenera tra madre e figlio a cui assistetti! Mia suocera del resto era anche nei toni, e non solo nei modi – nonostante la malattia – una donna elegante e raffinata”.
Accenniamo al rapporto di Manuel con suo padre, che nell’immaginario di tutti resta l’indimenticabile regista ed attore Vittorio De Sica. Cosa ti raccontava tuo marito?

“Mio marito con il padre ha avuto all’inizio un rapporto conflittuale, perché Manuel ha sempre avuto, fin da piccolino, un carattere rigoroso, a tratti severo. Non amava le persone compiacenti, che stavano intorno solo per qualche interesse che possiamo definire finto, non autentico. Vittorio, che veniva dal mondo del Cinema dove l’adulazione è invece fenomeno molto frequente, si sentiva spesso ripetere da questo figlio una verità nuda e cruda; Manuel diceva infatti al padre le cose che pensava, e spesso erano scomode da ascoltare; esternava il suo pensiero per come gli veniva da fare e dire, senza filtri. Lui ed il fratello caratterialmente sono sempre stati molto diversi. Dai racconti di Manuel, mentre Christian era già da piccolo un bambino divertente che faceva bene imitazioni di tutti i tipi, lui era decisamente introverso, e stava sempre in atteggiamenti contemplativi e riservati, dotato per la musica. Anche suo papà Vittorio la musica la amava. Uno dei sogni del padre sarebbe stato diventare un grande direttore d’orchestra. Per lui, il talento del figlio Manuel era pertanto motivo di orgoglio. La musica – va detto – è sempre stata in ogni caso nell’animo di tutti i De Sica. Sembra che Ottavio, uno dei fratelli di Umberto (che era il nonno di Manuel, cioè il papà di Vittorio), facesse il commento con il pianoforte dal vivo già ai primi film muti. Christian, poi, ha una voce bellissima. In casa, entrambi i fratelli recitavano: per giocare con i suoi figli, Vittorio scriveva commediole che i due ragazzini poi esponevano. Alla fine, le strade dei fratelli si sono divise: Christian ha scelto il Cinema; Manuel la Musica”.
Il segreto della vostra unione come la riassumeresti, Lucia? Cosa vi ha profondamente unito?

“Siamo stati insieme pochi anni, e il ricordo intenso di questo tempo è ciò che mi resta e mi fa andare avanti; ci siamo conosciuti nel 2005 e sposati nel 2009; infine, Manuel è scomparso inaspettatamente nel 2014. Nell’arco di questo periodo, che mi rendo conto essere breve rispetto ad una vita più lunga che avremmo potuto trascorrere insieme, quello che posso dirti è che sono stata davvero felice. Mio marito è stato la mia guida; lui sceglieva anche per me, io ero felice di questo. Sceglieva tanto i film come i concerti da andare a vedere all’Auditorium; era nella nostra coppia, come posso dire… la guida intellettuale; io ero invece la guida pratica sulle faccende quotidiane, che a Manuel annoiavano molto. Tra noi, era fondamentale il rispetto; nella coppia, ognuno aveva un proprio ruolo da svolgere, che completava l’altro. Manuel era ovviamente anche il ‘personaggio’, e l’ho sempre rispettato pure in questo. Non ho mai voluto camminare né prima né dopo la sua immagine pubblica: gli stavo semplicemente accanto con riservatezza. Ti racconto un episodio per me significativo: qualche anno fa ero in Puglia con un’amica. Si avvicinò a me una signora, che mi disse se poteva disturbarmi un attimo. Io ovviamente le dissi che non disturbava, e che mi dicesse pure. Lei mi confessò che mi aveva conosciuto anni prima con mio marito, a Positano. In quel momento, io non ricordavo di aver incontrato mai quella signora, ma era facile che non me ne ricordassi: con la scomparsa di Manuel, e nel baratro che ne è conseguito, ho perso molta memoria. Soprattutto il primo anno e mezzo dopo la sua morte, ero completamente stordita. La signora mi confessò, pertanto, che mi aveva incontrato ad una presentazione del libro Di figlio in padre a Positano. Durante quell’incontro, ciò che l’aveva colpita era che mio marito mi cercasse continuamente con lo sguardo, per avere da me approvazione su quanto lui stava esponendo. In effetti, io Manuel lo capivo al volo. E lui capiva me. Avevamo una grande complicità, una grande stima. Aveva una intelligenza che per me era così brillante, così oltre la media… ed il fatto che avesse scelto proprio me, nella mia semplicità di donna, è sempre stato motivo di grande gioia. Io spesso capivo che non ero alla sua altezza e potevo anche un po’ annoiarlo. Lui, del resto, aveva una vasta ed immensa conoscenza di musica e cinema, mentre io no… e se capitava che trovava qualcuno al suo stesso livello di preparazione, Manuel andava in orbita senza di me. A me faceva però piacere anche solo ascoltare le sue conversazioni”.

Il cognome De Sica pensi che per tuo marito sia stato più un vantaggio o un peso?
“Per tutti i De Sica questo cognome ritengo sia stato sempre anche una fatica e non solo un vanto; deve essere stato per forza molto impegnativo il continuo paragone con chi ha aperto la strada ai livelli di Vittorio De Sica (4 Oscar; un grande talento, una grande signorilità; un uomo libero e all’avanguardia per l’epoca, con due famiglie, due amori…). Oggi continua ad essere un dovere rispettare quello che ha lasciato in eredità artistica. Da quando Manuel non c’è più, anche io mi chiedo se sono all’altezza di questo compito che mio marito, sposandomi, ha lasciato pure a me: difendere la sua memoria ed il cognome che ho ereditato”.
Manuel De Sica è stato anche presidente dell’Associazione Amici di Vittorio De Sica per il restauro delle opere paterne, curatore di pubblicazioni su ciascun film restaurato. Vogliamo dire qualcosa in più?
“Manuel aveva creato questa Associazione quando si accorse che non c’era, in questo nostro Paese, una tutela delle opere cinematografiche di grandi registi. Non solo di suo padre, Vittorio De Sica, ma anche di altri grandi come Rossellini o Visconti. Soprattutto, aveva capito che Cinecittà aveva ceduto, ad alcuni acquirenti, pellicole lasciate lì. Quando Manuel si rese conto dell’accaduto, cominciò a cercare gli aventi diritto. La Famiglia De Sica, infatti – e ti prego di sottolinearlo – non appartiene agli aventi diritto per nessun film di Vittorio. I film di Vittorio, infatti, sono in mano a privati vari; mi riferisco a ‘Ladri di biciclette’ in testa, ed è pazzesco se si pensa che la storia del Cinema è stata cambiata dai neorealisti. Fu grazie a questi audaci, che nel dopoguerra avevano voglia di raccontare tante storie, che si è potuto conoscere la realtà della vita attraverso il Cinema. Privati hanno comprato le pellicole originali di film cult come questo e detengono i diritti principali. Con mio marito ho imparato che la pellicola, essendo acetato, si perde, si infiamma, diventa arancione, e quindi con il tempo si rischia di perderla perché si deteriora. E con la pellicola rischiamo di perdere pezzi di storia del Cinema. All’epoca costava tantissimo il restauro digitale; ricorderò sempre quando è stato restaurato la prima volta ‘Ladri di Biciclette’ grazie all’ Associazione Amici di Vittorio De Sica e al Casinò di Venezia: Manuel mi portava infatti con sé, ed andavamo insieme nei laboratori di recupero. Ho visto nelle pellicole immagini completamente sfocate, che andavano recuperate. In Italia abbiamo del resto persone preparatissime che sono capaci di questo tipo di salvataggi”.

Come si svolgeva in genere la giornata di tuo marito?
“Appena apriva il Cinema alle 15.00, i pomeriggi andava a vedersi tutti i film possibili ed immaginabili. Io non avevo questa sua capacità full immersion. Quando l’ho conosciuto, ricordo che faticava ad alzarsi presto; poi, piano piano, ha cambiato abitudini. Lui passava le giornate tra il telefono, lo studio, la musica, il cinema, i suoi CD (era un collezionista e ne aveva tantissimi). Questa casa dove io e lui abbiamo vissuto a me mette allegria. È una casa piena di ricordi. Tra queste mura, il tempo si è fermato, e per me tutto questo rimane il mio rifugio”.
Degli amici di tuo marito: chi vuoi ricordare che in vita gli è stato sempre vicino?
“Lo scrittore e giornalista Franco Scaglia, sicuramente; è stato un po’ un fratello mancato per Manuel; lo ha aiutato nel lavoro al cinema, per la pubblicazione del suo libro, gli ha presentato tante persone. Anche i Fratelli Enrico e Carlo Vanzina. Questo Paese dimentica, ed invece dovremmo ricordare più spesso le persone che hanno arricchito la nostra Cultura, ed hanno avuto meriti”.
Il lavoro di Manuel so che tu sei riuscita a tutelarlo, vero?

“Sì. Il lavoro di Manuel sono riuscita a farlo tutelare in quanto è stato catalogato e riconosciuto dalla Sovraintendenza del Ministero dei Beni Culturali come di interesse nazionale. Le sue opere, la sua musica scritta, i suoi scritti inerenti il lavoro di suo padre: tutto materiale che adesso è protetto”.
Manuel e la Fotografia: un altro amore.
“Sì. Le foto più belle di suo figlio Andrea sicuramente le ha realizzate lui. Aveva questa caravaggesca passione per la Luce. L’ Arte ce l’aveva del resto nel sangue, ed Andrea ha ereditato molto da suo padre, il quale mi raccontava che quando era piccolo lo metteva a dormire con i canti gregoriani. È stato un padre molto attento. A casa con Tilde non si fumava, non si alzava la voce… tutte cose che mi ha confidato mio marito. Oggi Andrea è un bravissimo regista ed un uomo maturo e responsabile”.
Ci avviciniamo al termine della nostra chiacchierata. Non vorrei chiudere con tristezza, ma penso sia inevitabile. Ho voluto raccontare una storia d’amore, che ad un certo punto, lo ripetiamo, ha avuto una fine improvvisa.
“Direi che il risveglio dal mio sogno d’amore è stato devastante. Mi sono trovata una voragine sotto i piedi. Manuel era la mia guida; io fra i due ero quella pragmatica, ma l’elemento risolutivo della coppia era lui. La nota forse più triste è che se n’è andato ancora con tanto di sé da offrire e senza che io lo potessi minimamente salutare. Un infarto fulminante: si è accasciato per terra; all’inizio, io non avevo compreso dal rumore che cosa fosse accaduto in cucina. Pensavo fosse solo inciampato”.
Soffriva di cuore?
“No. Non soffriva di cuore. Era evidentemente giunto a destinazione il suo viaggio terreno”.

Cosa senti di aggiungere ancora, Maria Lucia?
“Che mio marito lo porto dentro di me. Da sola non sono probabilmente all’altezza di poterlo ricordare al meglio nella sua grandezza artistica; vorrei che le persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato in vita mi dessero una mano a farlo. Penso che Manuel meriterebbe ad esempio un grande concerto in memoria all’Auditorium di Roma, ma non so bene da dove cominciare per organizzarlo; sono consapevole che il Manuel Artista possa essere omaggiato davvero solo attraverso la sua Musica.
Quali parole affidi al vento dei ricordi?
“Manuel l’ho amato e lo amerò per sempre”.
Le immagini fornite a corredo di questo articolo sono state spontaneamente scelte da Maria Lucia De Sica nell’archivio personale di famiglia, e fornite alla sottoscritta ad uso gratuito ed esclusivo di questa intervista.