La prima volta che ho incontrato Roberta c’erano un bimbo ucciso e un mistero ancora da risolvere. Camminavamo svelte tra l’obitorio e il Tribunale della piccola cittadina di montagna, entrambe con la morte nel cuore e un’angoscia da definire. E’ stato in quel momento di una ventina d’anni fa che Roberta mi ha detto “Sai, ho scritto un racconto per bambini, sto aspettando la risposta di un editore”. Da allora, solo in Italia, sono stati vendute oltre due milioni di copie dei libri di Roberta Rizzo, che i lettori di fantasy conoscono come Moony Witcher, il suo nome d’arte.

Roberta ha cominciato a scrivere per amore. Laureata in filosofia, aveva conosciuto da poco Vincenzo, diventato poi suo marito. Lui aveva già due figli e Roberta voleva avvicinarsi a loro. Lo ha fatto inventando storie bellissime, creando un rapporto unico e profondo, fuggendo insieme a loro dai tristi eventi della vita che, come cronista di nera, doveva affrontare ogni giorno. Dal delitto di Cogne a quello di Tommaso Onofri fino ai fratellini di Gravina, la tastiera di Roberta era intrisa di drammi. Ma Roberta si stava trasformando in Moony, forse ancora inconsapevolmente.
Il dolore faceva largo alla bellezza del pensiero, che si è materializzata in parola. L’immaginazione è diventata concreta, sfogliabile. “La scrittura fa parte del nostro DNA – dice oggi – ma prima bisogna tornare a leggere. Bisogna insegnare ai bambini l’importanza della parola, ma anche della calligrafia, che è un tratto distintivo personale”. Aspetti in parte accantonati nell’era digitale? “E’ che con il web si pensa di sapere tutto, ma si perde l’immaginazione. Non si tratta solo di sognare o di staccarsi dalla realtà, ma di trasformarla”. In che senso? “Pensa a Leonardo da Vinci, un genio. Ebbene, tutto ciò che ha creato deriva dall’osservazione della natura. Il pensiero ha portato a una rielaborazione della realtà in favore di qualcosa che non esisteva”. Tu con la fantasia sei fuggita dagli orrori della vita. Lo hai fatto 20 anni fa e lo fai anche adesso, durante la pandemia: “Sì, la scrittura, il pensiero, mi hanno aiutata ad estraniarmi. In questo periodo ho ultimato la trilogia di Garry Hop, una storia a puntate che ha sullo sfondo una guerra lacerante”.
Dal primo romanzo, Nina e la bambina della sesta luna, è nata una saga di sette libri che ancora vende molto “Sì, ha avuto un successo inaspettato ed oltre 30 traduzioni, dal cinese al coreano, dal turco al polacco, dal rumeno al russo, ma non in inglese”. Perchè? “Non lo so”. I ragazzini di vent’anni fa sono i trentenni di oggi, alcuni ancora ti scrivono “Ma sì, è bellissimo! Pensa che alcuni luoghi di Venezia, la mia città, descritti nella Bambina della Sesta Luna, sono diventati mete di tour. Anche questo è scoprire bellezza. E ho saputo che ci sono stati giovani che hanno presentato testi di laurea in letteratura ispirate ai miei libri”. Guarda un po’ quanto si può creare per amore “Già, è proprio così, è l’amore che cambia le cose. Io mi sono trasformata, da cronista sono diventata un’altra cosa. E lo sai, vero, che tengo anche corsi di scrittura? In un anno e mezzo sono stati seguiti da 750 appassionati. Dodici di loro hanno pubblicato con me il primo ebook di racconti, arriverà poi anche un audiolibro”. Una bella soddisfazione. “Sì, ma c’è anche un rammarico. Di letteratura per ragazzi in Italia si parla troppo poco, come se fosse considerata di serie B. E’ un settore quasi ignoto, di certo sottovalutato. Mentre credo che per avvicinare i più piccoli alla lettura si possa fare di più.